LA FINESTRA

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sistemai il motorino sul cavalletto e slacciai il casco riponendolo sulla sella.
Restai in piedi per qualche minuto a guardare la sua finestra, cercando in tutti i modi di capire se lui fosse o meno nella sua stanza.
Intravedevo il suo letto a castello e una porzione di scrivania con qualche libro sparso sulla sua superficie.
I pomeriggi che trascorrevamo sul divano di quella camera erano infiniti, intensi, profumavano di un amore giovane come noi, inesperti e felici.
Litigavamo per il telefilm da vedere e, di norma, vincevo sempre io; la fregatura per lui risiedeva nel fatto che dopo i primi dieci minuti
mi addormentavo tra le sue braccia e finiva per guardare la tv praticamente da solo.
Assurdo quanto fossero familiari le sue carezze e familiare la sua gestualità: fumava quelle sigarette con un ritmo che conoscevo così minuziosamente da riuscire a prevedere persino i suoi colpi di tosse quando i tiri erano troppo profondi.
Guardavo quel balcone con una tale intensità che mi bruciavano gli occhi.. forse fu proprio il bruciore a farmi piangere. forse no.
Sullo stendino c’erano tre paia di calzini e qualche maglietta. Incredibile, sapevo esattamente quali fossero i suoi e pensai persino che erano anni che non se ne comprava dei nuovi!
Immaginavo che prima o poi si affacciasse e mi facesse quel suo sorriso sornione, quello che faceva sempre quando mi osservava parcheggiare
il mio rottame nei paraggi, sapendo bene che avrei fatto manovra almeno dieci volte.
Ma niente, lui non c’era. Non c’era perchè finalmente lui era andato avanti, mentre io ero rimasta li, nascosta dietro persone insignificanti, a riempire
la sua ombra con qualche sagoma poco definita di qualcuno di cui neanche ricordavo il nome.
Ma quando il destino disegna delle rotte, perchè poi non mette qualche cartello per non farci sbagliare strada?
Che poi magari ti trovi pure quella un po’ disorganizzata tipo me, con pochissimo senso dell’orientamento.. che sa a mala pena la strada di casa sua.
E niente, giunsi alla conclusione che il destino era una fantasia per accettare le sconfitte, una magra consolazione alle frustrazioni.
Ancora peggio. Non potevo dare la colpa a niente, a nessuna entità trascendentale artefice della mia condizione.
C’ero solo io, con le mie scelte.
Perchè? Me lo domando ancora oggi, sotto questo balcone.
Non ci tornerò più. Tu non ci sei.
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Informazioni su Fiorella Todisco 56 articoli
Classe '92, laureata in giurisprudenza alla Federico II di Napoli. Ama il diritto, la letteratura, la scrittura, la musica e prova a fare di tutto un po'.