FILTH IN MY GARAGE E “SONGS FROM THE LOWEST FLOOR”

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“Songs from the lowest floor” è il quarto lavoro dei Filth In My Garage, uscito il 4 marzo per Argonauta Records.
Ecco cosa mi hanno detto Mauro, Matteo, Stefano, Jack e Simone

Come e quando nasce il progetto Filth In My Garage e a cosa deve il suo nome?
I Filth in my Garage sono intanto 5 amici accomunati da una grande passione per la musica e per tutto ciò che ruota intorno ad essa.
Nascono nell’ormai lontano 2008, fondati da Matteo (chitarra), Stefano (voce) e Luca (ex batterista) così per gioco, poi le cose si sono evolute e nel 2010 sono entrati nella band anche Giacomo alla seconda chitarra e Simone al basso.
Non esiste un motivo vero e proprio in merito alla scelta del nome, semplicemente ci piaceva come suonava e alla fine non è mai stato cambiato.

Come definite la vostra musica e quali sono gli artisti che vi ispirano di più?
La nostra musica si potrebbe definire come un mix di generi senza stare troppo a domandarsi o peggio a imporsi di dover andare in una direzione forzatamente. Ci piace giocare con i tempi e le strutture dei pezzi, ragionare per assurdi, esasperare alcuni passaggi quasi per renderne fastidioso l’ascolto per poter esaltare la semplicità di altri.
Senza ombra di dubbio la band che più ci ha influenzato sono i Poison the Well, ma ti cito anche Cave In, Norma Jean, The Ocean e Hot Snakes.

Parlatemi di “Devil’s Shape”
La canzone è stata scritta con il nostro primo batterista e fondatore della band Luca a cavallo tra il 2012 e il 2013.
E’ stata poi ripresa, rivista e rigirata più volte fino ad arrivare alla forma definitiva che si trova sul disco.
Un brano al quale siamo molto legati caratterizzata da cambi di atmosfere e di tempi con un finalone molto lungo e dilatato.
A nostro avviso uno dei pezzi più riusciti.

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La canzone che amate di più del vostro album
Credo Owl Feather, ultimo pezzo del disco. Nasce come un esperimento realizzato piuttosto velocemente a cavallo tra la pre-produzione del disco e l’entrata in studio. Fino all’ultimo nessuno di noi, al di fuori di Stefano, sapeva come sarebbe stata la linea vocale di più di metà canzone. Siamo rimasti piacevolmente sorpresi e un po’ increduli del risultato in studio. E’ uno dei brani più spontanei del disco.

L’artwork del disco, curato da te Stefano e da tuo fratello Mattia, è una vera e propria opera d’arte. La versione in vinile include un booklet a grandezza piena con i testi e un bellissimo artwork dedicato per ciascuna canzone. Perchè questa scelta?
Tutti gli artwork dei nostri lavori sono stati realizzati interamente da Stefano e per “Songs from the Lowest Floor” anche suo fratello Mattia ci ha messo del suo realizzando in calligrafia tutte le scritte all’interno del booklet.
Ci piaceva l’idea di provare a dare un’immagine ad ogni brano, di “disegnare” le nostre canzoni. Abbiamo fatto delle prove e il risultato sembrava più che valido allora abbiamo deciso di continuare su questa strada fino ad arrivare al booklet che abbiamo stampato che è una vera e propria opera d’arte e, proprio per questo motivo, abbiamo deciso di valorizzare la cosa stampando in formato 29cm x 29cm così da risaltarne ulteriormente la bellezza.

Quali sono gli obiettivi che vi siete prefissati per il futuro?
Per intanto abbiamo il tour da portare avanti. Ci siamo presi una piccola pausa nel mese di Aprile dopo una dozzina di date nel giro di un mese e mezzo dalla presentazione del disco, riprenderemo con i live poi a Maggio fino praticamente alla fine di Giugno e parallelamente ci metteremo sicuramente a scrivere roba nuova.
Poi si vedrà, insomma…

Se poteste viaggiare nel tempo dove vorreste andare?
Negli Stati Uniti a cavallo tra la seconda metà degli anni novanta e i primi duemila.
Tanti gruppi underground usciti in quel periodo sono stati fonte di ispirazione incredibile per noi, siamo molto legati a quel periodo.

Una domanda che faccio sempre agli artisti in promozione: perché una persona dovrebbe ascoltare il vostro disco?
Perché rappresenta 3 anni di sbattimenti, 3 batteristi cambiati, canzoni riscritte, canzoni buttate.
Rappresenta il superamento delle difficoltà incontrate grazie al piacere di suonare assieme e di condividere il progetto.
Col senno di poi, forse, perché rappresenta anche il non aver paura di cambiare e di provare cose nuove, quando quelle vecchie non ti soddisfano più.