L’intervista ai Captain Quentin, ma quella che non ti aspetti

di Antonio Serra

Sabato 10 Dicembre 2016 è stata una strana giornata, durata a lungo, poi finita bene…molto bene. A Cosenza il freddo iniziava a farsi sentire sul serio, dopo un lungo autunno che ci ha illuso di poter godere di un mite benessere. Al CPOA Rialzo, i ragazzi di Turnover Concerti e Cafè Librairie hanno organizzato il concerto dei Captain Quentin: inossidabile band di Taurianova che macina da anni un rock sghembo e pieno di cambi di tempo, improvvisazioni, intrecci sonori mai banali. A Cosenza, loro, sono quasi una istituzione e questa data è ancora più interessante perché presenteranno (finalmente) dal vivo il loro ultimo disco: We Are Tourning Again. Non posso perdermela questa serata, per mille motivi, nonostante per me sia un periodo particolarmente tormentato. E’ Sabato, ma lavoro, fino a tardo pomeriggio. Appena timbro il cartellino mi butto sotto la doccia maledicendo la caldaia che non funziona. Devo proprio chiamare il tecnico, non posso più continuare con le docce fredde. Stacco le batterie dalle prese, svuoto le schede SD, afferro il cavalletto e mi fiondo al Rialzo. Arrivo intorno alle 19:30 ed i Captain Quentin stanno terminando il soundcheck. Al mixer stasera c’è Danilo Gentili, amico fraterno, poi saluto i ragazzi di Turnover. Mi sento già al sicuro, come a casa, ed un po’ d’ansia se ne va via. Le prove filano lisce e la cura dei suoni darà i suoi ottimi frutti più avanti, in tarda serata. Raggiungo i cinque di Taurianova nel backstage, apro il cavalletto ed inizio a filmare questa chiacchierata. E’ stata meno lineare di come la leggerete qui di seguito, perché ci siamo divertiti moltissimo. I Captain Quentin hanno scherzato e giocato ed abbiamo riso tutto il tempo tra battute e gag. Nel video un po’ di quell’atmosfera si percepisce. Ciò nonostante la chiacchierata è stata molto proficua, quindi ecco a voi una riduzione della lunga trascrizione.

Partiamo con un po’ di storia: voi siete in giro da molto tempo, no?
Sì, come Captain Quentin suoniamo dal 2005. Questo in teoria sarebbe il nostro terzo disco.

Terzo disco arrivato dopo un po’ di anni d’assenza. Come mai c’avete messo così tanto a dare alle stampe We Are Tourning Again?
Per tanti motivi. Considera che dal precedente abbiamo cambiato due batteristi (tutti ancora vivi, sia chiaro) quindi c’abbiamo messo un po’ ad assestarci, a trovare una formazione stabile diciamo. Ad ogni cambio di line-up devi cominciare quasi da zero a costruire un live-set. Per i pezzi nuovi è ancor più complicato.

We Are Tourning Again richiama un po’ Frank Zappa
Esattamente. Frank Zappa, nella nostra testa, è un po’ il collegamento con Captain Beefheart, figlioccio di Zappa appunto, dal quale prendiamo il “Captain” nel nome del gruppo. Quindi tutto torna.

Il disco è uscito per From Scratch Records
Sì, From Scratch è la nostra etichetta fiorentina. Poi abbiamo coinvolto anche gli amici di Overdrive Records che ci sono molto vicini da tanto tempo.

Per altro il disco è uscito da qualche mese, però lo state promuovendo ora.
Sì, è uscito a Maggio e non è più tornato! (ridono) No, a parte gli scherzi, è che c’è stata l’estate di mezzo, qualcuno di noi s’è anche sposato. Questa è la prima uscita con la nuova line-up.

Che poi è la line-up che suona nel disco.
Sì sì, esatto.

Che aggettivo usereste per questo disco?
Il tormentone del momento è che questo è un disco importante! (ridono)

Ma è solo un tormentone oppure per voi è importante davvero?
E’ importante sul serio. Prima di tutto perché è stato il primo disco che abbiamo deciso di registrare da soli.

Come mai avete optato per questa scelta?
In questi anni abbiamo fatto un po’ di esperimenti con diversi altri progetti. Ci siamo dilettati a registrare anche progetti di nostri amici. Ad un certo punto è stato naturale chiedersi perché registravamo roba di altre persone e non registravamo il nostro disco. Quindi ci siamo un attrezzati un pelino in più, abbiamo trasformato la sala prove per fare le riprese. Così alla fine del 2015 abbiamo iniziato le registrazioni.

Avete curato anche il missaggio ed il mastering?
Per il missaggio ci siamo affidati a due nostri amici: Niccolò Mazzantini e Fabio Fantozzi degli Appaloosa, che hanno lavorato dello Studio Orfanotrofio di Lorenzana (PI). Loro c’hanno dato quel tocco in più. Il mastering invece lo abbiamo affidato al Pisi Studio di Roma che ha lavorato molto bene.

Questa è la prima data dunque. Partite da Cosenza per portare il nuovo lavoro un po’ in giro.
Sì, faremo qualche data nelle vacanze natalizie, poi nel prossimo anno cercheremo di suonarlo più assiduamente dal vivo.

Quanto è diverso We Are Tourning Again rispetto ai vostri precedenti lavori?
La materia è quella, anche perché noi siamo le stesse persone. Più che altro, stavolta, abbiamo timbriche differenti: c’è più synth rispetto al passato. Pensa che addirittura in due pezzi su otto non ci sono chitarre, quindi è una bella svolta.

Beh, in effetti voi siete stati sempre un gruppo prettamente chitarristico
Ma ora il synth va di moda e noi ci siamo attrezzati! (ridono) Speriamo che la prossima moda non sia il sitar, altrimenti siamo spacciati!

Cambiate molti più strumenti, sul palco rispetto a quanto non facevate prima.
E’ vero, Filippo passa dalla chitarra al basso, Libero passa dal basso ai synth ed elettronica, Michele si divide tra chitarra e tastiere.

Quindi è cambiato anche il vostro modo di scrivere?
No, è vero che c’è più synth rispetto a prima ma crediamo che la sostanza non sia cambiata di molto se non per i suoni. Poi noi suoniamo dal vivo tutto quello che registriamo e viceversa, quindi alla fine c’è sempre una certa coerenza. Insomma, cambiano gli strumenti utilizzati, ma il nostro approccio rimane invariato.

Ci mettete sempre tantissimo a scriver un pezzo, insomma. (Da questa domanda si capisce che io loro li conosco da anni!)
Sì, in sala prove improvvisiamo, sbagliamo, partiamo dagli errori per costruire idee nuove. Ci mettiamo sempre tanto a chiudere i pezzi, è vero: ci sono brani che rigiriamo per mesi, ma ce ne sono anche alcuni che abbiamo portato a termine in un pomeriggio. C’è quella componente quasi progressive che ci impegna, anche perché noi non usiamo grandi tecnicismi, a parte Roberto, il nostro nuovo batterista, che è davvero bravo. Insomma: noi li pensiamo i pezzi, poi però ci mettiamo un po’ a metterli in pratica.

Ora la domanda cattiva: è ancora divertente per voi suonare nel 2016?
Per forza è divertente, altrimenti non lo faremmo. C’abbiamo anche una età, quindi se vai in giro a suonare senza avere un grosso ritorno economico lo fai perché ti diverti. Poi nei live si vede anche: giochiamo molto sul palco, ci spiazziamo a vicenda. I titoli dei nostri brani racchiudono proprio queste cose, visto che non cantiamo cerchiamo di usare i titoli in modo molto ironico. Se avessimo i ritornelli sarebbe tutto più facile, però l’approccio alla musica che abbiamo è molto divertente.

E quanto è difficile oggi per una band suonare in Italia?
E’ difficilissimo! Per noi poi lo è sempre stato, perché la musica che facciamo non ha tutti gli spazi d’azione che può avere un gruppo rock convenzionale. Proponiamo un concerto che pur essendo di musica rock (perché non è che suoniamo frullatori) però strumentale, in molti quando gli proponi un live, stringono un po’ le spalle. Poi devo dire che da qualche anno si suona bene in giro se si è in due, massimo in tre; noi siamo in cinque e spostare cinque persone non è semplicissimo. Quindi sì, suonare è sempre più difficile, ma ce la mettiamo tutta.

Ci salutiamo tra altre decine di battute e risate. Nel frattempo si sono uniti i ragazzi di Turnover. Io torno velocemente a casa per riversare le SD sul laptop, ricaricare le batterie e mangiare qualcosa. Poche ore dopo sono di nuovo lì ed in sala c’è già gente. Cerco tra le facce, osservo chi passa dalla porta, sono nervoso, inquieto, torna l’ansia. Bevo una birra e mi siedo su una panca, poi i volti diventano amici, gli sguardi sorridono, la pressione migliora e le pupille si dilatano. Sul palco salgono uno dietro l’altro i due gruppi spalla: Sugar For Your Lips e A Minute To Insanity. Poi finalmente ci siamo: i Captain Quentin ci pettinano le orecchie con una serie di brani suonati in modo ineccepibile. Si guardano, ridono, si fanno cenni, giocano. E’ vero, sul palco si divertono molto e si diverte tanto anche il pubblico. Progressioni che sembrano impossibili ed arpeggi che fanno girare la testa. Ritmi sincopati e tempi dispari si sovrappongono a suoni cristallini e melodie orecchiabili. Questa è gente che sa il fatto suo, gente che quando suona ci mette tutto. Applausi, grida, sorrisi, poi il set finisce e tutto ciò che mi resta da fare è avvicinarmi al banchetto e comprare il vinile. Bevo ancora qualcosa, poi tutto sembra animarsi intorno a me. Parte il DJ Set e sembra molto diverso dal solito. Mi giro e vedo un ragazzone canuto, alto e magro, con degli occhialoni neri sui quali sono montate delle lampadine. Armeggia un piccolo macchinario collegato ad un laptop. Strizzo gli occhi e mi accorgo che si tratta di Max Casacci. Era a Cosenza per un altro evento, finito il quale è venuto al Rialzo, per godersi la serata, ascoltare i concerti e regalare questa performance inattesa. Lo stanzone delle ex officine ferroviarie si trasforma in un dancefloor ed il pubblico si esalta. Max ci dà dentro come solo lui a fare. Quando in fine infilo la porta il freddo si fa sentire, l’auto arriva a casa, poi sarà divano, bicchiere e mani fredde e nervose. Poi occhi che girano, sorrisi e denti che battono. Tra le lenzuola ci entro tardi, quasi all’alba. La pressione si regolarizza di nuovo, il cuore batte col ritmo giusto, le mie labbra sorridono ancora. E’ già domani ed è bellissimo.

 

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