QUESTI ANNI, FINO ALL’ULTIMO RESPIRO – Il concerto di EDDA a Pisa

A cura di Marlene Chiti

 

 

27 Ottobre, un venerdì sera brumoso e ostile pare l’ideale per reincontrare live le musiche di Edda, indimenticata voce dei Ritmo Tribale e, ormai da svariati anni, apprezzato cantautore con all’attivo 4 pregevoli lavori solisti.

Personaggio sghembo Edda, difficile da inquadrare, autore di liriche che sfuggono alla definizione di bello stile,  in cui, attraverso immagini frammentate, coltiva pagine di dolorosa biografia, amori faticosi, disperazione urbana.

Quello di stasera al Deposito Pontecorvo, bel locale nelle vicinanze di Pisa, è un concerto che si inserisce nella seconda parte del tour di presentazione di Graziosa Utopia, edito da Woodworm nel 2017. In primavera, avevo già assistito alla splendida serata tenutasi alla Stazione Leopolda di Firenze, uscendone con la sensazione di aver partecipato all’esibizione di un artista in stato di grazia, all’apice della sua seconda vita da musicista di, relativo, successo. Quest’ultimo lavoro è stato definito dai più “Pop retrò” e, con i sintetizzatori, i  suoni curati e la produzione pulita, Pop è sicuramente rispetto alla ruvidezza  di  Stavolta come mi ammazzerai? e alla scarna essenzialità  dei due lavori precedenti, Odio i vivi e Semper Biot.  Il concerto si apre in effetti con una delle ballate più dolci di Graziosa Utopia, Il santo e il capriolo, salvo proseguire poi con una Benedicimi che mostra quanto live si sia scelto di puntare su arrangiamenti più dinamici e d’impatto che hanno ottima presa sui presenti, tanto che ripetutamente assistiamo ad un accenno di pogo, di casa ai tempi dei Ritmo Tribale ma decisamente insolito per l’ultimo Edda.

Con felpa d’ordinanza e  ginocchia ossute che spuntano dai calzoncini corti, Edda passa con levità da una canzone all’altra, si dichiara stupito del fatto che le persone cantino, conoscano le parole, e regala squarci di sé come quando, introducendo Pater , racconta del rapporto col padre, dichiara d’amarlo ma di non esserne parimenti riamato e poi, in soggettiva femminile, attacca con intensità :

Tutte le volte che vedo mio padre/esco di casa con la voglia di ammazzare/non capisco perché/ma io c’ho voglia di uccidere/e un giorno voglio essere anche Dio vi inculo tutti/sono contenta perché ora c’ho voglia di uccidere.”

A seguire, il trittico Signora, Zigulì, Picchiami è travolgente e ci accompagna verso la delicatezza di Spaziale e un finale di primo atto divertente con una briosa Arrivederci roma e gli echi electrodance di Un pensiero d’amore , che fa smuovere il culo a tutti.

C’è tempo anche per un siparietto con uno spettatore che chiede a gran voce Madonna, vecchia favorita dei Tribali “ Ma è un pezzo che facciamo? No, è dei Ritmo tribale!” esclama il cantante “ Ma l’hai scritta te!”- ribatte lo spettatore- “è bella!” . Concordiamo, ma Edda ci ha già rivelato che ricordare i testi non gli riesce semplicissimo e un vecchio pezzo non provato da eoni non riesce ad eseguirlo.

Dopo una breve pausa, torna sul palco da solo, gigioneggia un po’ fra accenni alla Carrà e improvvisazioni e poi ci pugnala:

 Sapessi com’è strano/Essere tossicodipendente di Milano/Bucarsi tra la gente che ti guarda e dice:Sto deficiente/ è di Milano/Quand’è che vado in Inghilterra/Quand’è che me ne vado dalla terra/ per Milano”

e ci dà infine il colpo di grazia con Stellina e Dormi e Vieni.

Anche stavolta lasciamo la sala convinte che pochi artisti quanto Stefano Rampoldi siano in grado di raccontarsi con tanta asprezza e sincerità senza correre il rischio di risultare patetici.

Rimane da rendere conto della presenza in apertura dei Fiori di Hiroshima, trio Pontederese dalla interessanti sonorità rock venate d’elettronica ma ancora piuttosto acerbo a livello dei testi.

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Foto repertorio copertina Romina Zago

 

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