Canzoni sulla paura: il ritorno di Get Well Soon

a cura di: Antonio Bastanza

GET WELL SOON

 

“The Horror”

Karakter (Caroline International/Universal)

TRACKLIST

1- Future Ruins pt.2 feat Ghalia Benali
2-
The Horror

3- Martyrs
4- Nightmare No. 1 (Collapse)
5- An Air-Vent (in Amsterdam)
6Nightmare No. 2 (Dinner at Carinhall) feat. Sam Vance-Law
7- The Only Thing We Have To Fear
8- Nightjogging feat Kat Frankie
9- A Misty Bay at Dawn
10- Nightmare No. 3 (Strangled)
11- (How to Stay) Middle-Class
12- (Finally) A Convenient Truth

 

La paura è un tema che emerge molto rapidamente se si cerca di capire lo strano mood della nostra società, sembra essere un grande denominatore comune.

Konstantin Gropper ritorna a distanza di 2 anni dal precedente album Love e stravolge nuovamente le certezze del suo progetto musicale Get Well Soon, passando da un disco sull’amore a uno sulla paura, senza tuttavia perdere neanche una goccia del suo stile ironico e, in maniera assolutamente personale, leggero anche quando affronta temi apparentemente cupi, come peraltro fece anche parlando di apocalisse in The Scarlet Beast O’Seven Heads (2012).

Un disco sulla paura, quindi, in tutte le sue accezioni, come motore o freno della vita personale, come arma, come scusa per i propri fallimenti, un disco a suo modo inquietante, come la copertina splendida e minimalista con un cane nero seduto in un angolo di una stanza totalmente bianca che assume una espressione talmente indecifrabile da genereare una forma di inquietudine in chi lo guarda.
Un disco figlio anche delle incertezze dei nostri giorni, che, come Grooper ha ammesso, hanno inevitabilmente influenzato l’atmosfera di The Horror.
Di sicuro, però, non si tratta di un disco triste o forzatamente malinconico, semmai di un lavoro in cui sono i contrasti, a partire proprio dal bianco/nero della copertina, a farla da padrone.

I suoni dilatati, eterei, si potrebbe dire sognanti se non fosse per il rumore degli edifici che crollano a terra, avvolto e riproposto come un battito, caratterizzano “Future Ruins pt.2” il magistrale incipit di The Horror, ispirato a un antico poema arabo: la voce della cantante tunisina Ghalia Benali aggiunge magia e rende il brano profondamente malinconico.
Da qui il disco si muove in direzioni diverse e tutte meravigliosamente sorprendenti, figlie delle sue passioni e del suo istinto artistico, che questa volta prende le mosse dai compositori classici del XX secolo come Charles Ives e Morton Feldman, ma soprattutto dal lavoro di Bernard Herman, compositore di Alfred Hitchcock, e Nelson Riddle, arrangiatore e orchestratore di Frank Sinatra, in particolare dei suoi album degli anni ’50.

Ho sempre desiderato essere un crooner e il lavoro di Sinatra è tra i migliori e più complessi mai realizzati nella musica pop.

La title track The Horror, ad esempio, è un brano orchestrale, avvolgente, con echi morriconiani e viene subito seguita da Martyr, una ironica contrapposizione tra parole che cantano di torture ed esecuzioni e un sound smaccatamente pop. La cosa non deve affatto sorprendere, in fondo il buon Konstantin si muove da sempre in territori diversissimi tra loro, dalla scrittura di colonne sonore e brani per spettacoli teatrali e televisivi fino alla collaborazione con alcuni cantautori cameristici, passando finanche per la produzione di un album rap che gli ha fruttato un disco di platino.
Il momento migliore del disco è forse Nightjogging, cantata con la cantante australiana Kat Frankie e ispirata a “The longest war” della scrittrice americana Rebecca Solnit: riuscire a cantare di temi tanto delicati e attuali come la misoginia e la violenza sessuale con sensibilità fermezza e intelligenza come fa Gropper è tutt’altro che semplice e solo un artista nel pieno della propria maturità è in grado di farlo compiutamente.
Il disco, passando attraverso gli incubi del cantante tedesco (Nightmare No. 1 – Collapse), l’inquietante suono dell’aria condizionata di una stanza di Amsterdam (An Air-Vent), il castello del generale tedesco Herman Göring (Nightmare No. 2 – Dinner at Carinhall) e le frasi di Roosvelt (The only thing we have to fear), si chiude con una sorta di risveglio sotto forma di una ballata orchestrale pomposa ed elegante chiamata (Finally) A Convenient Truth, in cui, in un crescendo coinvolgente ed emozionante, Konstantin canta “So join hands, in horror unite! Together lets stand in the darkest night“.

L’incubo è finito, il mattino è davanti ai nostri occhi e lo sguardo privo di espressione di un cane in un’angolo di una stanza bianca fa meno paura.
Gropper ha di nuovo colpito nel segno, raccontando, in forma di canzoni pop eleganti ed emozionanti, gli angoli più veri e segreti dell’animo umano come questo musicista di Mannheim e pochi altri al mondo sono in grado di fare.

 

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