Un gentiluomo punk-rock, Frank Turner live @ Largo Venue, Roma

© Jesswilliamsphotgraphy

A cura di Serena Coletti

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2 Novembre, Largo Venue – Roma

Frank Turner è un cantante piuttosto giovane (36 anni), che però, essendo particolarmente prolisso, ha accumulato un’esperienza pazzesca, prima con i Million Dead e poi nella sua carriera da solista insieme alla band The Sleeping Souls, superando i 2000 concerti. Date queste premesse, il fatto che quella del 2/11 fosse la sua prima data a Roma la rende già un evento unico.
Ad assicurarsi che fosse anche imperdibile ci ha pensato direttamente Frank Turner, salito sul palco in perfetto orario dopo l’apertura dei Londinesi Xylaroo e dei PUP da Toronto, che, percependo un buon calore tra il pubblico, si sono anche voluti lanciare in uno stage diving.

Così lo show inizia sulle note di “Blackout” e subito dopo di “1933”. Tutte e due canzoni presenti nell’ultimo album e collegate da un filo conduttore molto evidente: se in “Blackout” Turner dichiara di essere spaventato dal buio, in “1933” sottolinea un legame tra il presente e uno dei momenti più bui della storia, la formazione del governo guidato da Adolf Hitler. Infatti l’ultimo lavoro di Frank Turner, “Be more kind”, risulta sicuramente più morbido da un punto di vista musicale, ma ha molti testi politici che non hanno affatto paura di prendere posizione. Il cantante inglese sogna un mondo governato dalla gentilezza, e prova a far sì che ciò si avveri almeno durante i suoi concerti. Così, dopo i primi due brani e un grottesco tentativo di leggere un discorso di presentazione in italiano, spiega il suo programma per la serata: si tratterà di uno show punk-rock, e questo è assicurato grazie anche i numerosi brani inseriti in scaletta provenienti da album più vecchi, ma avrà comunque due regole rigide. Prima di tutto “Don’t be an asshole”: va bene scatenarsi ma questo non deve diventare un problema per chi vi circonda. Seconda e ultima: se sapete le parole dovete cantarle a squarciagola.

A questo punto la sua camicia bianca, con le maniche arrotolate a far uscire le braccia ricoperte di tatuaggi, è già completamente bagnata di sudore, ma Frank non se ne fa un problema e torna a suonare con i suoi musicisti, anche loro in completo, ripartendo da un pezzo tratto da “Positive songs for negative people”, penultimo album, ovvero “Get better”.
Il concerto continua, esplorando a rotazione gli ultimi tre album pubblicati, fino a quando Frank non decide di scavare più a fondo nel passato per cantare “Eulogy” (da “England keep my bones”, 2011) ma per l’occasione si è fatto stampare il testo in italiano. Evidentemente non è troppo portato per la nostra lingua ma questo gioco lo diverte tanto, e nel finale del concerto si spingerà a raccontare di quando i Calibro 77 lo hanno convinto a salire su un palco bestemmiando.
Decide quindi di ritagliarsi uno spazio nel quale suonare qualche canzone senza l’accompagnamento della band, solo lui e la sua chitarra, tra le quali “Undeveloped Film”, che spiega narrare qualcosa di realmente accaduto, e “The Ballad of Me and My Friends”, che sostiene sia stata richiesta da qualcuno. Lui non ricorda chi sia stato e a noi poco importa, è comunque un piacere sentire brani che risalgono addirittura alla sua prima opera da solista, “Campfire punkrock”.

Quando i The Sleeping Souls tornano sul palco lo show si riaccende e Turner esulta il pubblico a formare dei circoli per poi scatenarsi, sempre all’insegna del rispetto reciproco. Così, quando la fine della serata si avvicina, il cantante ci tiene ad esprimere la sua opinione sulla serata. Questa è stata secondo lui una vera e propria serata punk-rock, non solo per la musica suonata, che ha infatti abbracciato più generi, ma per l’atmosfera di cordialità e gentilezza che si è respirata, e se questa magia è possibile all’interno del Largo Venue deve essere possibile esportarla anche al di fuori, nella vita di tutti i giorni. Questo è ciò che preme a Frank Turner e il motivo che lo ha spinto a incidere “Be More Kind”, ed è davvero difficile dargli torto.
Alla fine, dopo una finta uscita, torna sul palco con la band e si tuffa in stage diving, per poi scendere tra il pubblico e improvvisare un valzer insieme ad una ragazza. Quando la musica si spegne definitivamente rimane l’impressione di aver vissuto per qualche ora (esattamente 1,45 come da programma, che precisione questi inglesi!) in un mondo a parte, più gentile ma anche più punk, in una parola: più bello.

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