Dirompenti come una locomotiva impazzita, tornano i Mudhoney!

A cura di Serena Coletti

Un concerto dei Mudhoney è uno di quegli eventi che già solo ad annunciarlo provoca, in chi, lungo questi 30 anni di carriera, si è avvicinato alla band, un’inspiegabile eccitazione e la certezza che sarà una serata fuori dall’ordinario.

Questa atmosfera si respirava giovedì sera a Largo Venue, mentre sul palco suonava ancora la band di apertura, i Please the Trees, tra chi scattava foto al banchetto del merchandising (mai visto prima qualcuno che ad un concerto fotografa il merchandising), chi mandava messaggi agli amici che non avevano potuto partecipare, e chi si godeva gli ultimi momenti di aria e di fresco prima dell’inizio del concerto. Sì perché una volta partiti i Mudhoney vanno avanti come una locomotiva lanciata a mille che stride per l’attrito lungo i binari, e dentro quella locomotiva il pubblico non può far altro che agitarsi, saltare, urlare, e sudare tantissimo. Anche il 22 di novembre.

Si parte ripescando dal passato, con “Into the Drink”, per poi riavvicinarsi rapidamente ai giorni nostri con “I Like It Small” e “Hey Neanderfuck”, presentata da Mark Arm molto semplicemente con:

Questa canzone si chiama Hey Neanderfuck. Parla di un Neanderfuck”.

In generale la band fa poche pause, preferisce lasciar parlare le sue canzoni, ed è un vero piacere continuare ad osservare la precisione chirurgica con la quale Steve Turner sposta le dita lungo la sua chitarra, il gran lavoro di Dan Peters, il batterista (che per un breve periodo ha suonato nei Nirvana), dalla sua posizione arretrata e leggermente nascosta, e la simpatia di Guy Maddison, che mentre suona il suo basso è quello che forse più di tutti cerca un vero dialogo con gli spettatori. Al centro di questa scena c’è ovviamente Mark Arm, che suona e canta con una voce che ha solo lui, che sembra davvero un quinto strumento aggiunto alla formazione.

Un momento di relax per le sue maltrattate corde vocali arriva sulle note di “Kill Yourself Live”, tratta dall’ultimo album, che rallenta leggermente il ritmo, seguita poi dalla loro canzone  bandiera, “Touch Me I’m Sick”, certamente meno rilassata, ma anche qui il compito di Mark è facilitato perché ci pensano gli spettatori a far sentire quelle parole forte e chiaro.

Da “I’m now” invece la chitarra del leader viene lasciata a terra e lui inizia a cantare sfruttando finalmente la maggiore libertà di muoversi. Così si sposta sul palco, balla, si lascia veramente trasportare dall’energia della loro musica, e ancora una volta conquista chiunque stia a guardarlo. Nel frattempo alcune persone che pogavano sottopalco vengono sollevate e portate in giro per la sala sulle teste (e per fortuna sorrette dalle mani) di tutti i presenti. La band lì per lì sembra non averci neanche fatto caso, ma appena si presenta l’occasione per riprendere fiato Mark Arm ammonisce, con la sua solita ironia sottile e indecifrabile,  

“Se volete passarvi questi tizi sopra le teste, per favore, fatelo verso il fondo della sala, specialmente se il tizio in questione è un signore anziano. Non portateli verso il palco, nessuno vorrebbe farsi male”.

E poi, capendo di non aver avuto grande riscontro

“Forse pensate di poter fare questa cosa perché voi non siete il tizio anziano. Beh, siete proprio voi il tizio anziano, mi dispiace”.

Così il concerto riprende, per arrivare ad una prima fine dopo “21st Century Pharisees”, che i Mudhoney lanciano come messaggio prima di lasciare il palco.

“Evangelical hypocrites
Laying hands on a pile of shit
He doesn’t give a fuck about your Jesus

And it’s clear that you
It’s clear that you don’t either”

Tutti però sanno che la band tornerà a momenti, e infatti questo succede, sulle note di “Here Comes the Sickness”, seguita da un’altra manciata di brani, comprese le cover di: Fang, per “The Money Will Roll Right In”, The Dicks, per una richiestissima “Hate the Police”, e infine Black Flag, con “Fix Me”.

Che dire, se il loro essere malati, “sick”, gli ha portato tutto questo, noi non possiamo che augurarci che nessuno risponda a questo “fix me”, a questa richiesta di aiuto.

 

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