Sono tornati gli Smashing Pumpkins e NON è un’infinita tristezza

A cura di: Antonio Bastanza

Smashing Pumpkins

Shiny and oh so bright Vol 1/ LP: No Past, No Future, No sun

 

Ogni disco ha due storie: la propria e quella di chi lo ascolta

Quella di Shiny and oh so bright Vol 1/ LP: No Past, No Future, No sun, il nuovo disco degli Smashing Pumpkins, uscito a distanza di anni dal precedente, dopo un lungo tour mondiale che ha portato alla band di Corgan successo e nuovi stimoli, è la storia di un disco che pacifica definitivamente il buon Billy con tutti quei fan che si chiedevano il perché di tante scelte e che non gli hanno mai perdonato l’aver sciupato un talento compositivo diamantino.
Gente come me, per intenderci.
La mia storia con gli Smashing Pumpkins inizia negli anni del liceo, quando non esisteva internet, le fanzine si ciclostilavano, e la musica la ascoltavi alla radio o in un negozio di dischi e ne leggevi in edicola ogni mese.
Altri tempi, ma non divaghiamo.
Era l’autunno del mio quinto anno di liceo, i giorni dell’occupazione a scuola, delle mattinate e i pomeriggi trascorsi a girare per le aule tra cazzeggio e tentativi di dare un senso reale alla protesta con dibattiti da adulti fatti e finiti, che non eravamo e che, forse non saremmo mai diventati.
Erano gli anni di Videomusic, della musica rock in tv il sabato sera, delle cassettine con le compilation che i ragazzi più grandi passavano ai loro discepoli e che questi custodivano gelosamente.
Io non ero nulla di tutto questo, non ero un occupante, un cazzeggiante, un dibattente, non ero un maestro né un discepolo e le cassettine me le facevo da me, magari registrando una canzone alla radio e sperando che la voce dello speaker non arrivasse troppo presto a tagliare il brano.
Studiavo, parecchio, da secchia direbbe qualcuno, e, questo si, guardavo i video in TV perché l’accoppiata canzone/immagini era per me irresistibile.
E li, sul canale 30 del mio vecchio televisore a tubo catodico, vidi la prima volta un video con un tipo magro e stralunato che vestito di bianco guidava un furgone dei gelati in giro per il niente.

Era William Corgan, erano gli Smashing Pumpkins e il brano era Today.

 

 

Ho comprato Siamese Dream una settimana esatta dopo aver visto quel video e ho atteso l’album seguente come si aspetta l’acqua dopo mangiato un chilo di sale. Mellon Collie è stata una epifania e probabilmente anche la sublimazione tanto del talento compositivo quanto della smisurata ambizione del, da quel punto in poi, pelato frontman della band di Chicago. 28 canzoni, molte delle quali assolutamente memorabili,  più di 10 milioni di dischi venduti, una esibizione live agli MTV Europe Music Award, con “bullet with butterfly wings” che è rimasta nella storia della televisione musicale.
Da “Zero” a “Tonight Tonight”, da “porcelina” a “muzzle” fino alla dolcissima ninna nanna di “Farewell and Goodnight“, Mellon collie è un disco epocale e irripetibile: lo sa Corgan, lo sanno i suoi sodali Iha, Chamberlin e Wretzky, lo sanno i fans, che aspetteranno a lungo il ripetersi di quel miracolo musicale.
Da allora i Pumpkins iniziano a implodere, umanamente prima ancora che musicalmente, a partire dalla brutta storia della morte per droga  del loro turnista Johnathan Melvoin, che vede coinvolto Jimmy Chamberlin, anche lui dipendente dall’eroina, e che ne porta all’allontanamento dalla band.
Ma i Pumpkins rimangono i Pumpkins è io sono attaccato alla radio la mezzanotte del 18 maggio 1998 quando in contemporanea mondiale sulla una emittente radiofonica privata nazionale viene mandato in onda Ava Adore, il singolo che apriva il primo disco del nuovo corso del terzetto, “Adore” , un lavoro presentato come molto spinto verso l elettronica ma che, a conti fatti, è il disco più intimo e cupo della Band. Un disco estremamente sottovalutato dai fans e solo in seguito riabilitato, da lì a poco seguito da, machina, vero epitaffio artistico della band qui nuovamente riunita col reinserimento di Chamberlin
Da lì in poi è un continuo declino: se ne vanno Iha, ormai estromesso dal processo compositivo del gruppo e in continua lite con Corgan, e D’Arcy Wretzky, per motivi personali che poi si chiariranno essere legati nuovamente alla droga, Chamberlin entra ed esce, un nugulo di musicisti, tra cui gli ottimi Matt Walker e Melissa Auf Der Maur, si alternano nella band. I risultati musicalmente vanno dal deludente al pessimo, portando nel 2005 allo scioglimento ufficiale del gruppo, né meglio si può dire dell’esperienza di Corgan prima con gli Zwan, assolutamente terribili, e poi con una carriera solista decisamente trascurabile.

 

 

È possibile a questo punto che il buon Billy, che oggi preferisce firmarsi con il suo nome per esteso, abbia preso coscienza delle immonde cazzate fatte nel corso del tempo e, quasi come a cercare una riabilitazione artistica, inizia un nuovo percorso di lenta risalita per la band, che passa attraverso progetti più o meno compiuti, un paio di dischi non proprio memorabili ma certamente dignitosi e una serie di riavvicinamento umani che portano, nel febbraio 2018 all’annuncio di un tour con 3/4 della formazione originale (manca solo D’Arcy, sostituita, ma non nei compiti, da Jeff Schroeder) e con una setlist che, opportunamente direi, si chiude con i brani di Machina. Non bastasse questo, viene annunciato un nuovo lavoro, questo, che ho sul piatto del giradischi mentre scrivo e che si porta dietro una storia che è fatta di trionfi, tragedie, fallimenti e tentativi di rialzarsi. Shiny and oh so bright Vol 1/ LP: No Past, No Future, No sun è il disco che segna la fine di una guerra, poco importa se dietro ci siano motivi economici o meno da parte di artisti che, singolarmente, non son riusciti a trovare un posto nel panorama musicale degno del loro passato.

È la fine della guerra tra chi rimane ancorato ai fasti meravigliosi di un passato che è stato e non potrà più essere e un artista che, arrivato a 50 anni, ritorna coi piedi per terra e, al netto dei limiti caratteriali e di presunzione che lo hanno portato a deragliare dal percorso artistico creato, ha trovato una nuova serenità ed è tornato a scrivere in maniera più compiuta ed efficace.
Merito probabilmente della produzione di quella vecchia volpe del rock di Rock Rubin che, parentesi Jovanottiana a parte, ha messo mano a una gran parte del meglio che la musica degli ultimi 30 anni ci ha proposto, ma anche merito di una composizione che diventa meno pomposa e arabescata e più essenziale.
Questo basta a rendere questo lavoro un gran disco, a farci scrivere che è finalmente tornato il gruppo che ci ha fatto battere il cuore e spappolato l’anima?
No e non poteva essere cosi: le vette di questo album (Solara, Silvery Sometimes, Seek and you shall destroy) non sono paragonabili a quegli inni generazionali che ci portiamo dentro ed è solo un bene.
È senza dubbio meglio vedere una band dare il meglio che può, realizzare un disco pulito ai limiti del patinato, senza le spigolature che li hanno resi celebri ma con una vera e trasparente onestà artistica, che quattro imbolsiti ex rockettari diventare la parodia di se stessi.
Corgan è questo e non quello che rincorre i fantasmi del passato che non può essere più, nonostante il riavvicinamento con Chamberlin e Iha non sappia di minestra riscaldata, ed è arrivato il momento di accettarlo, senza aspettarsi echi di Mellon Collie in salsa Siamese dream, che è una cosa stupida almeno quanto valutare, come qualcuno ha fatto, questo lavoro sulla scorta di quei monumentali brani degli anni 90.
Shiny and oh so bright Vol 1/ LP: No Past, No Future, No sun non è il disco che ci ridarà gli Smashing Pumpkins che hanno scritto con i propri album la loro storia e la nostra ma è il lavoro, un buon lavoro, che ci dà l’opportunità di ricominciare ad amarli per quello che sono e non per quello che sono stati, iniziando ad accettarne i limiti, godendo dei guizzi che ogni tanto saltano fuori e smettendo di aspettarci qualcosa che non c’è più.

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