Passo doppio con il Diavolo – DIABLO SWING ORCHESTRA @ Cycle, Calenzano(FI)

 

DIABLO SWING ORCHESTRA

@Cycle~, CALENZANO 03/05/2019

 

A cura di Marlene Chiti

Band di complicato inquadramento questi Diablo Swing Orchestra, DSO per brevità.

Leggenda autoalimentata vuole che il nome sia ispirato a quello di un’orchestra dei tempi che furono spedita sul rogo per blasfemia e agli orecchi di un purista dei generi, di un fanatico dell’ortodossia, di blasfemia musicale sicuramente continuano a macchiarsi questi moderni successori.

Possiamo provare a dirimere  le componenti di questa macedonia musicale a partire dal nome:

  • Diablo in onore di un’ispirazione a tradizioni latineggianti e folk, che richiamano il flamenco e certa tradizione mariachi, ma anche delle liriche cupe e della sezione ritmica capace di pestare quanto quelle del rock pesante
  • Swing per  la componente jazzata, i fiati e la voglia inarrestabile di far danzare la platea
  • Orchestra perchè in scena ad affollare il palco c’è una vera e propria orchestra di 8 capaci elementi, comprensiva di violoncello, tromba, trombone e piano.

Sulla carta pare davvero difficile tirare fuori qualcosa d’ascoltabile da un pout pourri del genere, etichettato come Avantgarde Metal, e invece funziona e funziona specialmente dal vivo laddove la musica riconquista la sua valenza d’aggregatore sociale che unisce, fa divertire e solleva lo spirito dalle brutture del quotidiano.

 

Sul palco capiente ma non amplissimo del Cycle~ di Calenzano spunta dunque  una selva di microfoni e nemmeno il tempo d’abbassare le luci che si è avvolti dall’atmosfera circense, scatenata e danzereccia di questa poliedrica band. Trattandosi della prima discesa su suolo italico i DSO hanno scelto di regalare ai fan una scaletta studiata appositamente per ripercorrerne la carriera quindicennale e i quattro album di studio

La partenza con Lucy Fears the Morning Star con i suoi riffoni di chitarra rende ben chiara la discendenza dal metallo pesante ma le successive The Age of Vulture Culture e  Knucklehugs (Arm Yourself with Love), da Pacifisticuffs il più recente degli album, mostrano un altro lato della band, più pop e scanzonato.

Sul palco si suda copiosamente e si susseguono diversi problemi tecnici  che divengono occasione per chiacchiere col pubblico e raccontare storielle varie. I musicisti lamentano una forma fisica non perfetta; il chitarrista, voce maschile e mattatore Daniel Håkansson ha una raucedine che lo limita moltissimo dal punto di vista vocale e lo porta a lasciare spazio come intrattenitore al trombettista Martin Isaksson. Anche la cantante Kristin Evegård si dice reduce da una brutta infreddatura ma  fa onore alla sua bravura che non si riescano ad avvertire cali evidenti nella sua performance, sempre buona sia sui brani più recenti, in particolare Lady Clandestine Chainbreaker, e al piano in solitaria che nei pezzi più vecchi scritti per una diversa cantante dall’impostazione più operistica a cui è subentrata nel 2014.

I DSO si dimostrano anche molto bravi nel coinvolgere il pubblico facendolo cantare in coro su Voodoo Mon Amour o facendosi urlare a gran voce la pronuncia corretta della parola Violoncello nonchè del titolo della loro canzone Ricerca Dell’Anima. Håkansson trova anche l’energia  di allungare, proteso dal palco, il microfono verso le prime file, particolarmente partecipative,  nonché di scendere a cantare in mezzo al pubblico. Frattanto musicalmente hanno fatto capolino anche il valzer con incanto folk di Kevlar Sweethearts e la bizzarria estrema di Black Box Messiah. Il finale con  Balrog Boogie e Vodka Inferno scatena applausi e incitamenti a scena aperta.

Al netto di problemi tecnici e di salute, davvero un bel concerto, coinvolgente e divertente, a cui consigliamo senza indugio di partecipare salvo a quelli cui la mescolanza fra generi provochi feroce orticaria. O forse ancor più a questi ultimi,  dato che provare a sfidare i propri preconcetti è sempre salutare.

L’onere di aprire la serata è ricaduto sui POE – Philosophy of evil, band emiliana anch’essa inquadrata nel filone Avantgarde Metal, e sui pisani The Forty Days, dalle influenze più classicamente progressive rock, che hanno presentato in anteprima anche The Fog e Under the trees, pezzi che faranno parte del loro secondo album che sarà registrato nei primi mesi del 2020.

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