GLI SDANG! E LA MALINCONIA DELLE FATE

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Incontro Alessandro Pedretti degli Sdang! al centro di Brescia vicino a Piazza della Loggia  e capisco, mentre camminiamo per il centro,che non sarà la solita intervista.
Ci sediamo ai tavolini di un caffè in piazza.
Attorno a noi un atmosfera quasi “surreale”.
poco lontano da noi un organista attacca con un pezzo di musica sacra e il coro del Duomo di Brescia lo segue.
Inizio subito con le domande.

Come nasce il progetto SDANG! ?
Gli Sdang si conoscono 15 anni fa: Nicola suona la chitarra e io la batteria. Nicola era il chitarrista degli Eviscerate (gruppo del mio insegnante di batteria) e suonava del Death Metal melodico, una roba potentissima. Io non ero per nulla un  metallaro ma quando andavo ai loro live c’era un mix di musica cattiva ma anche melodica, decisamente fatta bene e con tutti i crismi. Mi piaceva molto. Ci siamo conosciuti li. Pian piano negli anni ci siamo rivisti per concerti.
Passano gli anni…
In quel periodo io suonavo nella band di Ettore Giuradei, ci fu un cambio di line up, il chitarrista in carica uscì dal gruppo ed entrò Nicola: a mio avvico il chitarrista giusto in quel momento per quella formazione. Abbiamo iniziato, ovviamente, a frequentarci di più e a suonare insieme molto spesso. Complice i vari tour e i lunghi spostamenti in furgone, con Nicola ho capito subito di dover approfondire un discorso musicale e cosi piano piano abbiamo iniziato a pensare alla base di questo progetto.
Entrambi amiamo molto la sperimentazione ma anche consolidare le cose, quindi ad un certo punto, circa due anni fa,  abbiamo deciso di provare seriamente facendo delle suonate chitarra/batteria. Il risultato, con gran stupore, è stato esattamente quello che stavamo cercando. Abbiamo raccolto le idee migliori e abbiamo cercato di tirar fuori dei brani veri e propri e così è nato il primo disco “Il giorno delle altalene”.

La scelta di non avere il cantato, è perchè siete stonati tutti e due?
Si, siamo stonatissimi (ridendo). No, sinceramente Nicola è molto intonato ed ha anche una grande potenza vocale, però per quello che facciamo non siamo sicuramente i cantanti ideali. Potremmo anche applicarci per mettere le voci ma sarebbe una cosa davvero forzata.
Chitarra e batteria: ci viene così naturale ed istintivo e ci permette di dare il massimo con i nostri strumenti. Poi c’è sicuramente ancora tantissimo da esplorare con questa formazione. Cantare lo lasciamo fare a chi è bravo e a chi lo sa fare. Ci sono un sacco di cantanti bravi. Spesso ci dicono che non abbiamo bisogno ne della voce ne del basso.
Effettivamente..”Raccontiamo storie senza parlare.”

La scelta del titolo del disco e delle canzoni? Parlami di “Martina”
Martina … Martina è  un nome bellissimo. Mentre stavamo facendo quel pezzo  avevamo un titolo provvisorio e ad un certo punto un illuminazione…
Ho detto: “Nico, Martina, facciamo Martina” e Nicola ha accettato con un suo”Vecchio, perfetta!”.
Se tu l’ascolti, è Martina.
Non c’è nessuna persona amica o fidanzata nelle nostre vite con quel nome. Il nome femminile Martina richiama per noi  solo un ideale.  Ci si immagina la migliore amica, l’impersonificazione di una ragazza ideale, e per come si sviluppa il brano,  può parlare di tante altre cose relative al mondo femminile, come anche ad una relazione.
Se lo ascolti c’è tantissima dolcezza ma anche un qualcosa di inaspettato e oscuro ma  travolgente che arriva a scombussolare le cose; poi una parte sognante  e il ritorno della dolcezza.

Come nascono le vostre canzoni e come scegliete i titoli?
Alcuni pezzi sono stati intitolati dopo averli registrati. ad esempio “Scrivimi una lettera tra nove anni” aveva tutt’altro titolo.
Dopo averlo registrato abbiamo pensato a un titolo migliore. Solitamente i titoli partono da me. Sono l’uomo dei titoli. Per noi le uniche parole sono i titoli ed è importante che quelli siano delle suggestioni.

La scelta di mettere la canzone che da il titolo al disco per ultima?
“La malinconia delle fate” è forse il brano che racchiude l’essenza dei primi due dischi, la somma di  10 pezzi racchiusi in un pezzo solo. E’ anche il brano piu difficile da suonare, ma quando esce bene, è una bomba!

Di cosa vi occupate nella vita tu e Nico?
Io e Nicola siamo due musicisti. Io insegno, faccio musica per spot e video, lavoro in studio e anche come musicista live.
Nicola idem.
Ci è capitato negli ultimi anni di fare dei meravigliosi lavori in studio insieme  dove sono usciti dei dischi molto belli.
Abbiamo una vita piuttosto variegata.
E’ molto impegnativo, devi essere molto lucido ed è una eterna lotta tra la poesia e la lucidità. Personalmente, combatto sempre con questa cosa. Se vuoi che la tua vita sia costantemente impregnata dalla musica e vuoi vivere della tua musica e della tua arte devi darti delle regole, esser molto cattivello con te stesso, trovare il modo di avere sempre quell’equilibro giusto che ti permetta di essere creativo e allo stesso tempo anche deciso. Ci vuole temperanza!
Sdang! è un progetto ,ad esempio, dove non si parla per comporre;
si improvvisa ed esce tutto in modo molto istintivo, abbiamo decisamente molta intesa data anche dall’esperienza di tutti questi anni insieme, gli ascolti che uno fa, il come sei preso in quel preciso momento , l’umore.

Avete già in cantiere qualcosa per il prossimo disco? Progetti?
No. “La malinconia delle fate” andrà avanti per un paio di anni. Avrà un tour di promozione molto piu esteso rispetto a “Il giorno delle Altalene”.
I pezzi sono molto belli e ci piace molto suonarli.
Per il festival di Nistoc a Sulzano (Bs) abbiamo una sorpresina in serbo per i nostri fan, faremo qualcosina di nuovo che abbiamo giusto provato stamattina. Riguardo a pezzi nuovi, abbiamo nastri di improvvisazione da sbobinare , ma al momento non ne sentiamo la necessità di svilupparli.

Astronomica e il suo riff. Parlamene.
Astronomica è stato l’ultimo pezzo del disco che abbiamo composto. E’  stato verso luglio dell’anno scorso. E’ venuto fuori cosi ed forse è il pezzo piu immediato del disco con un riffettone  molto potente che poi piano piano si deforma.
Se lo ascolti con attenzione, ad un certo punto puoi avere come la sensazione  di assitere ad  una  stessa scena cambiando però personaggio e prospettiva.  I nostri pezzi sono un po’ costruiti cosi: un elemento che resta fisso per una parte del pezzo e l’altro che cambia punto di vista.  Si genera  quindi uno sfasamento che non va a snaturare la scena ma ne svela alcuni particolari.
Immagina di essere una particella e viaggiare da persona a persona, vivendo lo stesso momento a seconda della percezione di ogni singola persona. Non vedrai mai lo stesso mondo.  Sono piu mondi sovrapposti, sviluppati, però in maniera consequenziale, all’interno di una strumttura musicale logica.
Abbiamo anche girato un video, una documentazione della scena musicale bresciana. Abbiamo scelto 15 coppie di piccoli “sdanghini”, un batterista e un chitarrista e li abbiamo messi in un garage, fatti suonare insieme, a coppie, camera fissa, un po di effetti video e loro che interpretano il nostro pezzo.  Un’idea nata così al volo da un kebabbaro da me, Nico e un regista (Andrea Grasselli).
Un bel lavoro di gestione ma che ci ha soddisfatto. La cosa bella è che ora quando la suoniamo dal vivo ci immedesimiamo nei vari batteristi e chitarristi, perchè ognuno l’ha interpretata un po’ alla sua maniera.
A giungo gireremo un nuovo video, che lancerà il nostro secondo singolo.

Avete ancora molte date del tour in programma?
Per ora ne abbiamo ancora una decina. Abbiamo girato parecchio, la prima data l’abbiamo fatta a Malta, siamo stati a Pescara, Grosseto, Savona, Vigevano, Cremona, Asola e in Svizzera. Abbiamo in programma un paio di festival qua nel bresciano. L’idea è comunque di portare il progetto Sdang! fuori dai confini, perchè non avendo parole non abbiamo problemi di comunicazione.

Avete dei riti particolari di preparazione pre-concerto?
No. io non bevo, perchè mi altera la percezione e mi fa accelerare. Però dopo concerto può capitare, ci sta.
Se è possibile, ci piace avere prima del concerto della musica tranquilla (del trip hop magari) , per mettere le persone già nell’atmosfera, tipo i “Get the blessing”. Musica raffinata ma non fighettina per un’ oretta prima del concerto.

Parliamo della collaborazione coi Porcupine Tree. Come è nata?
Una sera mi sono deciso a scrivere a degli artisti internazionali per farli ascoltare la mia musica. Due giorni dopo ricevo una mail da Colin Edwin, io credevo fosse il suo manager, invece era proprio lui che mi chiedeva di mandarmi il pezzo che volevo fargli ascoltare. Di tutta risposta ricevo il mio pezzo con sopra il suo basso. Pian piano la cosa si è concretizzata in un disco (Brilliant Waves)  e un ep (Endless Tapes EP).
Per ora, dal vivo, abbiamo fatto tre concerti un paio di anni fa: io alla batteria, Nicola alla chitarra, Colin al basso e Corrado Saija alle tastiere. Colin è molto umile e viene da un mondo sonoro a me molto vicino.
Il progetto si chiama Endless Tapes e si mischiano ambientazioni di matrice elettro-acustica,  / post-progressive. Hanno tanto da raccontare anche i brani di Endless tapes e lo fanno senza parole.

Nel panorama musicale chi secondo voi è interessante al momento?
Sicuramente ci sono i “Surgical beat bros”, un duo batteria e tastiera; mi piace anche “Nils Frahm” un  compositore tedesco contemporaneo molto bravo.
Sicurmente anche gli “Endrigo” , band della scena musicale bresciana, che hanno la grinta e un bell’entusiasmo giovane che piace, hanno la birra. Anche gli “Altica” sono un gruppo della madonna che suona da almeno 10 anni.
Cito anche i “SalaMantra”; due giovani incredibili, nemmeno ventenni, mix di Rap e Pop che ogni volta che sento mi fanno venire la pelle d’oca.
La realtà musicale bresciana esiste ed piena di gruppi molto interessanti e prometenti, ma c’è il rischio che non escano dalla provincia purtroppo. Credo però che di profeti in patria ce ne siano anche troppi. A volte bisogna prendere la propria vita e provare a “buttarla fuori”.
A livello Italiano, un po piu mainstream, tralasciano i gruppi modaioli, posso sicuramente dirti che Niccolo Fabi è uno degli artisti italiani che piu  mi piacciono  e sicuramente “Ecco” è uno dei pezzi che preferisco, un pezzo di quelli che ti smuovono dentro, che ti fanno riflettere. Non sono solo le parole, ma il modo in cui lui riesce a spiegare le cose con una semplicità incredibile.

Che ruolo ha la musica nella tua vita? Influenze emozionali che ha su di te.
Ci sono certe situazioni che io senza musica me le vivo incomplete, tipo quando prima ti dicevo, mentre venivamo qui a piedi, che stavi camminando attraverso il “momento bello di Brescia”.
Erano le 20 di una sera di maggio.
Ecco, se io sono a casa in quel periodo, a quell’ora, mi preparo un caffè e metto nello stereo ‘Tango’ di Lucio Dalla, penso che potrebbe succedere la cosa piu brutta del mondo ma, data la circostanza di quel momento,  la musica potrebbe elevare quel momento  al di fuori dal mio essere e regalarmi una percezione davvero unica intrisa di malinconia/nostalgia/speranza/amore che non troverebbe riscontro in altri atti della vita.
E questa cosa non la puoi spiegare. La musica riesce a cambiare tutto.
La musica come la viviamo io e Nicola è ricca di emozioni, è  un allineamento della mia poetica e la sua,  allacciate dai nostri strumenti. Come anticipavo prima, l’umore fa quasi tutto.
Noi creiamo il terreno e poi diamo  la possibilità di metterci qualcosa di personale.  La nostra musica invita l’ascoltatore a fare un suo proprio viaggio, a mettere del suo in quello che ascolta.

Un paio di aneddoti:
Parlando del brano “il primo giorno di scuola”, quando lo presentiamo prima di eseguirlo, il publico solo dal titolo si crea un aspettativa. Ci è succeso di raccogliere varie impressioni sui vari primi giorni di scuola. Dopo un concerto un ragazzo è venuto a dirci che lo abbiamo riportato inconsapevolmente all’adolescenza facendolo emozionare.

Quando abbiamo suonato al Raindogs House a Savona, durante l’esecuzione di “Cento metri all’arrivo”, nella parte in cui c’è un cambio di atmosfera e tutto si distende, ho intravisto una coppia davanti al palco in prima fila. Si sono abbracciati in un modo  molto naturale e sentito, quelle cose che ti sciolgono. A fine concerto sono andato da loro a far notare che quell’abbraccio per me era un gesto bellissimo e che non mi era passato inosservato e la ragazza con moltissima timidezza mi ha risposto ” noi non ci abbracciamo mai, non capitava da molto tempo”.. è stato bellissimo!
Queste sono le cose che ti fanno valere tutto il lavoro svolto. Un gesto bellissimo che non va a caso.
Non vogliamo veicolare qualcosa con la nostra musica, è una cosa soggettiva e impossibile, ma ci fa piacere quando succedono queste cose.

Se poteste scegliere, dove vi piacerebbe suonare?
Sicuramente ci porterebbe portare il progetto Sdang! In teatro.
Il teatro permette al pubblico di andare a sentire un concerto senza avere distrazioni esterne, permette di andare li, seduto, tranquillo e di ascoltare solo la musica, dimenticandosi di tutto il resto. Sarebbe davero una cosa bellissima per noi. Ne parliamo spesso perchè ci scontriamo con moltissime realtà: i festival funzionano molto bene, i locali dipende dal tipo di locale e da come i gestori/promoter riescano ad educare i clienti / ascoltatori alla musica.
Dopo poco più di un anno di attività, ora, sicuramente vogliamo farci conoscere svalicando i confini della musica strumentale e ci stiamo impegnando per questo.

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