Del Mondo – C.S.I.

A34

Ho mal di gola. E fa più male se penso ai 30 gradi di una notte di un’estate che sta finendo.
Gli alberi sono immobili e le strade quasi deserte.

Lo spazio attorno si autodistruggerà, giusto o meno che sia.

Oggi o domani, sotto scariche di Telecaster che piovono dal cielo, si autodistruggerà.

Non riesco a schiodare gli occhi dal pavimento, lo percorro palmo dopo palmo, tra le piastrelle spezzate per i troppi colpi dati coi tacchi. Lo sguardo radente, sottile, rettile, che si allarga e si stringe a cercare un appiglio tra le crepe.
Scivolo con le punte dei piedi. Riprovo a spingere e scivolo di nuovo.
Proietto gli occhi un metro più in là, a guardare passi svelti lungo corridoi sconosciuti, le mie braccia non si muovono, strette in questo vestito da sera bianco che mi porto addosso, a stento le dita si abbracciano una all’altra.
Non ho più coscienza, non sento le voci, solo un indistinto brusio di labbra che confusamente si sovrappongono.

Cerco di rotolarmi, come un animale pronto al macello.

Finisco gambe all’aria a guardare il soffitto, in fondo è partito tutto da lì e tutto ci torna.
Avrei ancora divergenze da appianare, discussioni da evitare, altre da infiammare, alzando la voce. Ma ho la gola in fiamme, e non va.
Il brusio si fa più forte, quando inizia il conto alla rovescia per la fine dello spazio.
E chi deve premere il bottone sa già che tutto è al suo posto da un po’, e che stiamo cercando solo di renderlo più simile al capodanno che non ci sarà, al primo non giorno del nuovo non anno.
Di una nuova non vita.
O qualcosa del genere, qualcosa che nasca e muoia di continuo senza lasciar segno.  Senza fermarsi, senza aspettare di essere cancellati da qualcun altro.

Non c’è più brusio, non c’è rumore di fondo.

La sensazione di leggerezza è quella che accompagna l’ultimo passo.

Ho mal di gola. Lo spazio è finito, il muro che ho davanti è compatto, senza crepe.

Provo a girare lo sguardo indietro, ma il muro che ho alle spalle, anche lì, mi impedisce di vedere cosa c’è.

E non c’è niente,

niente di niente.

Niente davanti,

niente dietro.

Niente.

 

IL BRANO

“All’origine di tutto ciò che posseggo c’è l’alfabeto
L’abbecedario su cui imparai a scrivere e leggere: a come albero, b come barca…” *

e C come CSI, D come Del Mondo, E come Epifania, F come Ferretti.

La mia e tante altre vite, “artistiche” e non solo, possono essere spiegate semplicemente così.

*(GLF – Gente d’appennino)