GIAMMO. Romanzo breve.

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scritto insieme ad Ada Schettini.

CAPITOLO XI

Giammo ripose il cellulare sulla sua scrivania. Era di un bianco lucido, piuttosto scarna, con un lumino a braccio grigio metallizzato, riposto ad un angolo, che illuminava tiepidamente la stanza.
Le pareti erano di un verde acceso poco uniforme: Giammo aveva pensato di dipingerle il giorno in cui sua sorella era partita per l’erasmus. Marghe, infatti, pur non vivendo in casa con lui e la madre, aveva sempre avuto un posto sicuro nella camera del fratello e Giammo lo conservava gelosamente: era una poltrona letto blu scuro, con qualche toppa messa alla buona, su cui lei dormiva qualche rara volta.
Prima di essere verdi, le pareti erano bianche come l’armadio e come la testata del letto, di legno, intarso di venature color panna. Giammo era un minimalista, pochi colori, ambiente ordinato, quasi asettico. Nessun quadro appeso, tranne una foto di Ali accovacciata a raccogliere un fiore, poggiata sul comodino insieme alla piccola chiave che lei gli aveva regalato sul pontile.
Una chitarra all’angolo, vicino la finestra che dava nella guardiola del parco e un poster dei Verdena attaccato asimmetricamente sulla porta.
A donare un fiato di vita a quell’ambiente erano i suoi vestiti, sparsi un po’ qua un po’ là: una pila di magliette stirate a mezze maniche poggiate sulla sedia, qualche coppia di calzini arrotolati ai piedi del letto, un jeans azzurrino sulla poltrona vicino alla scrivania.
Giammo si spogliò, si infilò una canottierina leggera bianca, fedele pigiama da tempo ormai e si ficcò a letto: prima sul fianco sinistro, poi quello destro, poi a pancia in su, poi ancora all’ingiù ficcando la testa sotto al cuscino. Poi sentì caldo, quindi si scostò le coperte.. infine, dopo qualche minuto di tregua, un prurito improvviso alle caviglie lo distolse definitivamente dal dormiveglia.
Voleva dormire, disperatamente, ma proprio non ci riusciva, nonostante i tentativi.
Ali non gli aveva risposto, perché? Perché era voluta andar via dal locale senza godersi il divertente spettacolo di Pietro e Gabri, proprio lei, che era una curiosona? Perché lo aveva baciato di sfuggita quando l’aveva accompagnata a casa? Lui voleva abbracciarla, voleva sentirla, ma lei era scappata, letteralmente, dalle sue braccia. Lo faceva spesso. Scappava.
Si passò entrambe le mani sulla faccia, Giammo, sperando di scacciare via i suoi pensieri, ma niente. Aveva fissa in testa l’immagine di Alice che ballava con Pietro quella sera e, sebbene lui si fidasse ciecamente di entrambi, percepiva che c’era qualcosa tra di loro che era solo di loro due e di nessun altro. Lui non poteva saperla, non poteva capire, poteva solo restare a guardare e questo lo angosciava, anche perché in fondo in fondo si sentiva invidioso di quella complicità silenziosa e di questa invidia si vergognava tanto.
“Mi ha fottuto il cervello.. maledetta Polli” confessò a se stesso, in un flebile sussurro, mentre si girava nel letto, nella direzione del comodino.
“Hai scelto me.. ma cosa hai scelto in realtà?” continuò, sempre con sé stesso, posando fisso lo sguardo verso la chiave, dono per lui prezioso. La prese delicatamente, stringendola forte in una mano.. Restò sveglio ancora per un po’ a pensare fin quando, finalmente, si addormentò.

 

…Ultmo capitolo.

Informazioni su Fiorella Todisco 56 articoli
Classe '92, laureata in giurisprudenza alla Federico II di Napoli. Ama il diritto, la letteratura, la scrittura, la musica e prova a fare di tutto un po'.