DO U WANNA COME TO NORTHERN LONDON? Il concerto di Little Simz a Milano

Little Simz

12 Ottobre Milano 2019 , Santeria

 

A cura di Francesca Lotti

Lì fuori il solito: colonnine di fumo che salgono da altrettanti gruppetti sempre più fitti attorno all’ingresso, birrette alla mano e un brusio di sottofondo vicino alla cassa, riassumibile in una delusione collettiva per tutti quelli (tanti) che speravano di acquistare ancora il biglietto. C’è sold-out per il primo concerto di Little Simz a Milano.

Ma, prima di entrare in sala, due passi indietro: a un paio d’anni fa, appena tornata a Milano tra domande di Master e ricerche esasperanti di stage ciclicamente interrotte da video di gattini e anonime playlist lo-fi di You Tube, mi ritrovo a spulciare tra innumerevoli Tiny Desk Concerts (il format della NPR music in cui gli artisti si alternano con live attorno ad una sorta di postazione da ufficio). C’è, tra questi, una ragazza con cappellino, jeans e camicia blu che suona alcuni pezzi con un’incertezza, a tratti, che traspare. Non quella di chi pensa di non valere abbastanza, no, forse più quella sensazione di chi sa di non voler sprecare nemmeno un briciolo del proprio talento.

Quella ragazza si chiama Simbiatu, nome d’arte: Little Simz. Arriva dal nord di Londra e oggi ha all’attivo tre dischi, pubblicati sulla propria etichetta indipendente. L’album della svolta è arrivato qualche mese fa: GREY Area [prod.Inflo], una miscela di sonorità che va oltre la grime, intensa ed eclettica eppure perfettamente amalgamata da quella voce che si è fatta sicura, tanto su pezzi che virano verso il trip-hop come Venom che su quelli di rilassamento emotivo come Selfish ft. Cleo Sol.

Qualche tempo e qualche release più tardi dunque mi ritrovo in una sala gremita alla periferia sud di Milano, circondata da un pubblico in trepidante attesa decisamente vario: mi sorpassano un paio di coppie di 16enni vestiti anni ’90, scorgo poco più in là diversi esponenti della music industry milanese, vecchie glorie del rap italiano, ragazzine esagitate che si sbracciano nei pressi del pit ad ogni variazione d’illuminazione e 40enni incuriositi in disparte.

Poi, ecco: sul palco salgono i due musicisti accennando le prime note di Boss, manifesto della new Little, o forse semplicemente di un’artista matura: è ancora lei, vestita da brava ragazza con jeans, occhiali e Fred Perry bianca, ma con una grinta decisamente nuova. Le strofe del pezzo scelto programmaticamente come apertura sono urlate da un megafono come a dire: Little Simz is here, bitches.

Emozionata per il suo primo concerto a Milano, Simz è delicatamente onesta nel presentare tutti i suoi brani, tanto quelli estratti della discografia meno recente quanto quelli di GREY Area. Tra questi c’è Therapy, intimo racconto del suo rapporto con la terapia, intimo ma non per questo meno grintoso, piuttosto carico di quella fierezza di chi è grato a tutte le esperienze passate che ci rendono ciò che siamo.

Segue un breve back in time con God Bless Mary, accompagnato da un’esortazione a cantare rivolta al pubblico.

È poche note dopo – più precisamente su quelle di Wounds – che può fieramente dire: “finally I get paid for this shit!”, caricandosi ancor di più in vista di un altro pezzo, durante il quale il palco si immerge in una densa nebbia luminosa a tinte verdi: è Venom, preceduta da un “Now I am gonna rap of course but when the shit drops u r gonna loose it”.

Tra un brano e l’altro si concede una pausa per firmare una copia del suo primo album e regalarla ad un fortunato della prima fila e per qualche assolo strumentale, giusto appena prima di ripescare un altro frammento importante del suo passato, Mornings, uno di quelli che – racconta – l’hanno aiutata a trovare sé stessa.

Un balzo in avanti ed eccoci di nuovo dentro GREY Area per gli ultimi brani del live, primo tra tutti la splendida Selfish, seguita da 101 FM che trasporta tutta la Santeria direttamente nella periferia nord londinese di Little Simz.

Su Flowers [ft. Michael Kiwanuka], si lascia andare ad un’apprezzatissima dedica a tutti i grandi musicisti che l’hanno ispirata, da Amy a Biggie, da Kurt Cobain a 2Pac. Segue una breve uscita (fake) dal palco in stile italiano, prima di riapparire gloriosamente con Offence – un flow a luci rosse che chiude perfettamente un concerto di alto livello.

Con un’ora e poco più di live, Little Simz riesce a portare sul palco (e tradurlo perfettamente) quell’eclettismo di cui sono carichi tanto i suoi testi quanto quel tappeto sonoro che li accompagna, ovvero le produzioni di Inflo, travolgendo il pubblico dalla prima all’ultima fila e facendoci uscire con quella voglia di dire il prima possibile: io c’ero.