LO SFOGO DI ALICE. Romanzo breve.

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scritto insieme ad Ada Schettini.

CAPITOLO IX

Rimasero da soli Gabri e Pietro, i loro sguardi seguirono per qualche istante i passi dei loro amici che andavano via, per poi rincrociarsi. Lui cinse con le braccia la vita di lei, la quale, nel frattempo gli prese il viso tra le mani. Pietro era catturato totalmente da quel fisico sensuale, quello sguardo da donna sicura che gli ricordava qualcosa di familiare.
Si perse negli occhi di Gabri e iniziò a viaggiare con la mente, quasi astraendosi dal contesto in cui si trovavano. Stava ripercorrendo dei giorni in cui era stato felice, vedeva quel muretto grigio con delle scritte confuse su cui Marghe era solita posare i libri nel tempo di una sigaretta fuori scuola, i baci, le lenzuola sparse sul suo letto pieno di bambole, il sorriso di lei, le lacrime per via delle interrogazioni in cui non eccelleva, le pizze mangiate sul divano quando non c’era nessuno in casa.. le mani di Marghe sul suo viso, proprio come stava facendo Gabri in quel momento. Gli si allargò un sorriso sulle labbra, che aveva un tono malinconico.
<Smettila di sorridere e
baciami idiota..> gli sussurrò Gabriella nell’orecchio, per poi tornare a fissarlo.
Lui, un po’ confuso, strizzò più volte gli occhi come se si fosse appena svegliato, le prese una mano, la fece girare su se stessa e tirandola a sé la baciò.
Il movimento di Gabri spostò l’aria intorno a loro e il suo profumo arrivò dritto nelle narici di Pietro.
La musica continuava e lui combatteva una guerra con i suoi ricordi. Ma quel profumo era buono, quei baci avevano un sapore di novità e finalmente pensò che fosse il caso di lasciarsi andare a quella tiepida sensazione di benessere.
<Ti porto via con me stasera, puoi?> le disse, accarezzandole le gote.
<I miei sono partiti, sono libera di fare ciò che voglio. Portami dove vuoi, sono completamente tua> sussurrò ancora una volta Gabri, prendendogli la mano.
<Andiamo allora>
Uscirono veloci via dal locale, si diressero verso il motorino di Pietro, che le porse subito il casco.
<Sali princess> le disse, facendola ridere di gusto e insieme si avviarono verso casa di lui.
Ali, tornata a casa, aveva avuto solo il tempo di spogliarsi del cappotto, prima di irrompere in un pianto disperato. Era nervosa, arrabbiata con se stessa perché proprio lei aveva organizzato quella serata per mettersi alla prova, per capire una volta per tutte se riusciva a vedere Pietro con un’altra e non ce l’aveva fatta. Il rumore dei suoi baci con Gabriella, al cinema, le avevano provocato un malessere incontrollabile.
Piangendo, tirò un calcio contro la cassettiera che restò indenne dal colpo, a differenza del suo piede che iniziò a pulsarle dal dolore. Si accasciò a terra, stringedosi la caviglia con entrambe le mani e lasciando che le lacrime le rigassero il viso, facendo sciogliere tutto il trucco sulle guance.
Maledetta me” si ripeteva in mente, mentre aveva ancora davanti agli occhi l’immagine di Pietro inebetito davanti a Gabriella ma, mentre il flusso di irritazione saliva, all’improvviso, squillò il telefono.
Squillò varie volte prima che Alice si alzasse, saltellando sul piede che non le duoleva, per andare a vedere chi fosse. Sullo schermo c’era scritto “Giammone”.
<Certo, ci mancava solo lui adesso!> urlò, afferrando con poca grazia il cellulare.
<Riattacca, riattacca, riattacca.. Pensa che mi sono addormenta, non insistere, attacca> sussurrava contro lo schermo, quasi come se fosse una persona, fin quando, le sue preghiere vennero accolte e il display si rabbuiò.
Tirò un sospiro di sollievo e tornò a riaccasciarsi a terra, con la schiena contro la cassettiera bianca a fiori rosa, quei fiori che aveva dipinto insieme a Pietro qualche pomeriggio prima del loro bacio.
Non poteva continuare così, lo sapeva bene. Non lo meritava, come non lo meritava il suo ragazzo, al quale erano state già nascoste troppe cose. Il senso di colpa le attanagliò la gola, le tolse il respiro e la costrinse ad alzarsi con la speranza di guadagnare un po’ di ossigeno in più.
Si slacciò le scarpe, sfilò via i pantaloni e la maglietta, indossò velocemente il pigiama e corse in cucina a bere. Quando tornò in camera si stese sul letto e chiuse gli occhi per qualche minuto, fin quando il cellulare non squillò di nuovo: era un messaggio di Giammo.
“Ti amo, notte Polli”.
Ali non rispose, spense il telefono, ficcò la testa sotto al cuscino e,continuando a piangere, si addormentò.

 

…to be continued!

Informazioni su Fiorella Todisco 56 articoli
Classe '92, laureata in giurisprudenza alla Federico II di Napoli. Ama il diritto, la letteratura, la scrittura, la musica e prova a fare di tutto un po'.