Pretty Years: ultima fatica dei Cymbals Eat Guitars

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In questi giorni esce per Sinderlyn Records il nuovo atteso album, “Pretty Years”, dei Cymbals Eat Guitars, band di New York formata da: Andy, Brian, Joseph, Matthew. Le sonorità del quartetto vanno dal Rock al Punk, dal Synth-Pop alla New Wave rifacendosi a numerosissime band dagli anni ottanta ad oggi come: Husker Du, Clash, Talking Head, Ash, Morphine, Cure e moltissime altre.

Il disco si apre con “Finally“, brano melodioso e potente, dal ritornello appiccicoso e radio-friendly, tuttavia mai melenso; si continua con “Have A Heart” pezzo tirato ed intenso, con un sapore tipicamente ottanta e addirittura un bel Flanger sui piatti della batteria, che picchia davvero forte e che, insieme al basso, crea pattern ritmici da enciclopedia New Wave; nel pezzo compaiono anche delle chitarre acustiche e organetti sintetizzati.

Wish” martella da subito, risultando un gran bel pezzo, un brano ibrido tra Alternative Rock e Post Punk in un ipotetico Summit tra Morphine e Omd. Arriva poi “Close” che “swinga” leggiadra tra melodie efficaci di scuola Dream Pop alla Cocteau Twins, quintali di Chorus, Phaser e bassi “super incalzanti”.

Dancing Days” con il suo pianoforte tremolante e sintentico e una batteria distorta ci porta in territori più soffusi, rarefatti e trascinati; “4th Of July” è invece caratterizzato da un Synth Bass da terremoto, la strofa è davvero “catchy” e orecchiabile, papabile come hit radiofonica; il brano evolve in un crescendo di intensità e rumore davvero ben organizzato.

E’ il turno poi del Power PoP tiratissimo di “Beam” con le sue urla devastanti su un finale di feedback assolutamente Rock. “Mallwalking” è un altro degli episodi migliori, nel quale enormi accordi di pianoforte si incastrano con una ritmica simil Electro, i suoni “pitchati” contribuiscono a creare un’ atmosfera solenne ed equilibrata, che ci riportano a certe soluzioni tipiche del Duca Bianco. “Well” è invece una bella ballata Pop-Rock con sonorità marcatamente “ottanteggianti”.

Chiude il cerchio “Shrine”, che, tra vocals riverberate e sezione ritmica, cresce in potenza e volume fino alla deflagrazione finale tra synth piano, chitarre “Bright” in stile anglosassone e un frastuono di feedback e noise.

In definitiva si tratta davvero di un buon lavoro, di brani registrati molto bene e sicuramente a fuoco, che senza dubbio piaceranno agli appassionati degli anni ottanta più ruvidi e rumorosi e al contempo ingolosiranno anche gli amanti del rock alternativo e del punk melodico e più mansueto.