The Cure Diary –  Un viaggio narrato in tempo reale verso il concerto dei Cure a Bologna

Oggi Piu o Meno POP vi porterà a Bologna, in un viaggio partito dal profondo sud d’Italia verso il concerto in terra emiliana della storica band The Cure, il 29 ottobre 2016.

Ore 7:30 – il risveglio

Avete presente la storia del leone e della gazzella che si svegliano e pensano a quanto dovranno correre? Bene, io oggi non correrò più di tanto, ma macinerò un sacco di chilometri per andare a vedere una band che amo in una città che non ho mai visto

 

 

Ore 9:40 – la partenza

Il primo treno è già un disastro.  Cosenza è una città universitaria ed oggi è il primo giorno di un lungo ponte. Quanti studenti tornano a casa? Più di quanto ce ne stanno sul treno. Sarà un viaggio in piedi ed ho già mal di testa.

 

 

Ore 10:40 – il primo aereo

Se ieri sera non avessi pensato bene di uscire a cena in quella trattoria, bere quel Sangiovese di Romagna (per altro abbastanza smorto, anche se dal naso carnoso ed evoluto) e poi quel Mathusalem 12 anni, probabilmente sarei andato a letto prima delle 2:00 ed ora, in aereoporto, non starei tentando di tamponare l’hangover con una dubbia miscela arabica ed un cornetto decongelato al l’albicocca.

 

Ore 12:20 – on board

Per l’alta quota devo ricordarmi di scegliere letture meno avvincenti. Poco prima di Napoli la hostess mi offre un lungo caffè insipido che non placa la cefalea ma riscalda. Appena sopra la bocca del Vesuvio un tizio si sente male: farà scalo a Fiumicino come me, poi andrà a Torino a vedere la partita della Juventus.

 

Ore 14:00 – il secondo aereo

A Fiumicino faccio giusto in tempo per la obbligatoria sosta in bagno. Io ed un prete ci avvicendiamo nel piccolo cubicolo e quando entro io scopro che quel briccone non è riuscito a far scendere per il tubo la sigaretta che ha frettolosamente aspirato di nascosto. Il cellulare è già scarico ed io devo già reimbarcarmi.

 

 

 Ore 15:50 – la fame

Bisogna dare atto ad Alitalia che le hostess sono tutte carine. Però acqua gassata e salatini non placano i gorgoglii del mio stomaco. Il mio zainetto rosso è pronto a partire all’avventura. Siamo appena atterrati a Bologna e tra un po’ si scende

Ore 16:20 – Bologna

Ok, il programma per ora è questo:via del Triumvirato a piedi fino alla via Emilia Ponente, poi prendere il “13 San Ruffillo” fino a via Lame. Se siete in zona, vi prego, ditemi dove mangiare al volo!

Ore 17:16 – piazzale ovest

Per arrivare all’Unipol Arena ci sono molti modi. Quello che ho scelto io è il treno per Crespellano che ferma al Palasport. La linea è interrotta per lavori non so dove, perciò mi consigliano di prendere il primo treno che parte alle 17:18 e così gestire meglio i possibili ritardi. Crespellano, come nome, mi fà venire fame ed io non ho ancora mangiato. Già da qua inizio ad adocchiare il folklore dei fan di Robert Smith, i look total black ed i capelli cotonati.

Ore 18:00 – palasport

I Cure sono uno di quei gruppi per cui la gente si impallina seriamente. Davanti al palazzetto c’è un fiume nero di anfibi ed eyeliner. La fila è lunghissima: fa il giro tutto intorno all’arena e si estende fin dentro al parcheggio. Non mancano i bagarini con i cartelli “compro biglietti” (più un invito che una affermazione) ed i venditori di accendini, fasce, bracciali e magliette dei “techiur” partenopei. Quando raggiungo l’estremità finale della fila adocchio dei furgonconi illuminati.

Ore 18:15

I cancelli sono ancora chiusi e mi dico che tanto vale mangiare qualcosa. I furgoncini hanno piade a tutto spiano e per mandare giù il boccone preferisco un’acqua piccola. Passano cinque minuti, cinque, e quando torno la fila è aumentata di 300 persone. Affogo nello squacquerone, qua inizia a fare freddo.

18:50 – parterre (che fà molto anni ’80)

Finalmente sono dentro ed ora è il momento di valutare una posizione adatta. Robert Smith sul palco sta al centro, ma in mezzo alla folla non mi ci metto. Simon Gallup di solito sta a destra e quasi quasi mi piazzo lì, un po’ defilato. Qualcuno di voi saprà che per questo tour le scalette papabili sono cinque o sei. Scopriremo insieme a quale assisteremo stasera dopo il primo pezzo. Da qui in poi, con il mio cellulare ed in condizioni di luce super dark, solo foto sgranate e rumorose, in pieno stile anni ’90.

Ore 19:00 – Twilight Sad

Incredibilmente, con una precisione svizzera, si spengono le luci ed il concerto inizia. Twilight Sad sul palco ora.

Ore 19:30 – fin qui tutto bene

Il frontman della band scozzese, polo nera e taglio di capelli Joy Division, si dà un gran da fare sul palco. Ondeggia, salta, si contorce. Le melodie sono dalle parti dei Placebo, scandite con accento graffiante à là Johnny Rotten, mentre i suoni sono più compressi ed elettronici. Un peccato che le dinamiche di quasi tutti i brani siano un po’ troppo piatte.

Ore 20:30 – plainsong

Signore e signori, l’uomo per il quale siamo tutti qui stasera è appena salito sul palco accolto da un boato. Si accettano scommesse sulla scaletta. Io mi godo un po’ questo inizio concerto.

Ore 22:00 – il primo set

Come avrete intuito ci è toccata la scaletta Disintegration e qua siamo tutti più che soddisfatti. Un’ora e mezza, spaccata al secondo, senza la minima sbavatura. I quasi quarant’anni di carriera fanno sentire il loro peso specifico. Il caro Bob sà come mettere su uno spettacolo che non lascerà scontento nessuno dei presenti che riempiono l’Unipol Arena. Qui nel parterre si accettano scommesse su quanti bis faranno. 

Ore 22:50 – 17 seconds

Usciti per il primo bis Bobo ci informa che oggi è il compleanno di Roger O’Donnell e tutti in coro cantiamo una “spontanea” Happy Birthday To You. Robert taglia corto ed annuncia a few songs from 17 Seconds: è il delirio totale dei fan più coriacei e finisce nel più classico dei modi, con tutta la sala che batte con le mani il tempo del finale di basso su A Forest. Poi i cinque scendono per qualche minuto dal palco e quando risalgono è per il secondo bis segnato da episodi più nervosi: Want, Never Enough, Fascination Street e Burn

Ore 23:15 – boys don’t cry

Il concerto è appena finito con il terzo ed ultimo bis. C’è gente accanto a me che è letteralmente in lacrime. Questo ultimo set è stato serratissimo. Partito col botto e l’ovazione per Lullaby dopo i racconti di Robert sul suo rimpianto di non aver mai imparato le lingue. Dream pop a palla con The Caterpillar, poi tre carichi da 90 che hanno scatenato l’inferno: Friday I’m In Love, Boys Don’t Cry e Close To Me. Il finale è affidato a Why Can’t I Be You ed il commiato di Smith che fa il giro di saluti. Grande serata!

Ore 00:00 – Jackson Pollock

Fuori dal palazzetto si riversa un mare di gente. Il mio contatto a Bologna sono Davide e Federica, in arte i Jackson Pollock. Sono due ragazzi campani trapiantati a Bologna che hanno una band spettacolare: Davide suona la chitarra ed è un folle smanettone (di quelli che si modificano da soli qualunque cosa) mente Federica canta e suona la batteria in modo pregevole. Dal vivo sono una bomba atomica di suoni grezzi e rock’n’roll. Ci diamo appuntamento e raggiungo il loro van poco lontano dal palazzetto. Mi ospiteranno per la notte, dopo. A quest’ora la serata in centro a Bologna è appena iniziata e noi ci buttiamo in via Zamboni.

Ore 12:00 – il giorno dopo

Alzarsi tardi la mattina è la cosa che fà più “ferie” in assoluto. Peccato che io lunedì debva ritornare a lavoro, dunque appena aperti gli occhi da sotto le coperte del divano dei Jackson Pollock corro a controllare i commenti sulla “diretta” di ieri e prepararmi per il viaggio di ritorno. Il primo sentimento è la rabbia: ieri sera, come spesso accade ormai, appena i Cure hanno iniziato a suonare era più la gente col telefonino alzato che quella con la birra in mano. Tutti a fare diretta video su Facebook, tutti a mandare audio su WhatsApp. Il risultato: banda satura in arena, dunque tutti gli aggiornamenti che avevo tentato di postare in realtà non sono stati caricati. Quando sono uscito il mio telefono era praticamente morto senza batteria e solo stamattina ho potuto rimediare. Peccato, davvero.

Rimane comunque nelle orecchie il ricordo di una serata emozionante e di alto livello musicale. I Cure hanno fatto il live che tutti volevamo ascoltare, ci hanno suonato tutti i pezzi che volevamo sentire e si sono spesi senza se e senza ma fino alla fine delle quasi 3 ore di concerto. La serata in centro a Bologna è stata divertente e gioiosa e la gatta dei Jackson Pollock ci ha regalato momenti di ilarità anche alle 4 del mattino. Tutto questo mi fa completamente dimenticare del fatto che abito in una regione tagliata fuori dalla rete dei trasporti. Una regione dalla quale spostarsi per vedere un concerto, o fare qualsiasi altra cosa, significa un giorno di viaggio, mille coincidenze, troppi cambi, un sacco di chilometri e stanchezza e poi un sacco di soldi.

Tuttavia è quando hai degli amici così, guardi concerti così ed hai la possibilità di vivere l’esperienza del viaggio in questo modo, con questo senso di libertà, che ti scordi di tutto e pensi che comunque anche il viaggio in sé è un’avventura…e ne vale la pena.

Tra poche ore altro aereo, altro scalo, poi ancora aereo, poi treno. Arriverò a casa intorno alla mezzanotte e come al solito mi concederò al rito della fine di ogni viaggio: lo spaghetto al pomodoro. Poi a nanna, felice almeno fino a domani mattina.