A cura di: Antonio Bastanza
Cantare una canzone altrui è spesso un esercizio di egocentrismo, un tentativo di appropriarsi di qualcosa trasformandolo in proprio, rivedendolo secondo i propri canoni e risultando, non troppo di rado irrispettosi, specie quando si tratta di capolavori.
L’adattamento di Fabio Cinti de “La voce del padrone“, celeberrimo disco di Franco Battiato, parte invece da un presupposto totalmente opposto, da un fortissimo sentimento di amore e rispetto verso il lavoro del maestro catanese che si traduce in una carezza, dolce e affettuosa, alle sue canzoni.
Il risultato è una rivisitazione atta ad esaltare la grandezza delle idee musicali e della solo apparentemente stralunate liriche di Battiato, in quello che è, a tutt’oggi, un disco epocale, il primo a superare il milione di copie vendute in Italia, primo in classifica per 18 settimane eppure, assieme a “Creuza de ma” di De Andrè, la pietra miliare della musica italiana degli ultimi 50 anni.
Parlare di un disco del genere è quanto mai difficile, eppure la raffinatezza degli arrangiamenti, la dedizione certosina con cui le canzoni sono state adattate, la straordinaria cura dei dettagli sono aspetti che balzano subito all’orecchio di un ascoltatore attento. Abbiamo quindi deciso di chiedere proprio a Fabio Cinti di raccontarci qualcosa sul suo lavoro e sul suo rapporto con il disco di Battiato.
La voce del padrone è un disco epocale, un perfetto connubio tra pop e musica raffinata e classicheggiante come non ce ne sono stati né prima né dopo, un vero miracolo musicale da un milione di copie vendute.
Ci racconti qual è stato il tuo rapporto con questo disco?
La voce del padrone è stato parte della mia educazione sentimentale e di conseguenza è diventato anche parte della colonna sonora di molti dei miei ricordi d’infanzia. Successivamente, spunto e stimolo per la ricerca personale. Appena adolescente, ho cominciato a scavare tra le pieghe dell’esoterismo che si nascondeva nei testi delle canzoni di Battiato.
Definire il tuo un “adattamento gentile” è quanto mai appropriato, sia per i modi, l’uso degli archi e del pianoforte, sia per come vengono eseguiti i brani: è raro ascoltare una riproposizione tanto rispettosa dei brani originali quanto lontanissima dal concetto di cover.
Come è nata l’idea di riproporre uno dei dischi più importanti della storia della musica italiana in questo modo?
Grazie, anzitutto!
Devo ammettere che ho avuto molte idee che si sono prima concatenate per poi avere una consequenzialità e dunque una certa fattibilità (non tutto quello che si pensa si può fare!). Sono partito dall’idea di realizzare una versione in inglese de L’ombrello e la macchina da cucire – a cui sto ancora lavorando -, e ne parlai a Battiato stesso che fu entusiasta e divertito dall’idea. Poi sono successe mille cose, legate anche alla mia produzione. Avevo bisogno di svago e di ritrovare un equilibrio sano, di tornare a divertirmi con la musica, senza le ansie dei risultati, senza aspettive. Così, durante una telefonata con Massimo Martellotta, è venuta fuori l’idea de La voce del padrone, che avrei dovuto riproporre così come Morgan ripropose Non al denaro, non all’amore né al cielo. Ma, nel mio caso, l’operazione di rifarlo uguale non avrebbe avuto molto senso. Così ho pensato che mi sarei potuto cimentare con una formazione classica, con la quale mi sono sempre sentito a mio agio e che avrebbe dato all’album il rigore formale che si merita.
Immagino che la riproposizione in questa maniera dei brani del disco sia stata preceduta da uno studio accurato delle canzoni: qual è, secondo te, la chiave di volta dell’album?
Confrontarsi con questo album è stato senza dubbio un azzardo, i rischi erano davvero molti e evidenti. Come scomodare un gigante. Credo però di aver trovato la chiave proprio nella ricerca di quella emotività che ha caratterizzato l’ascolto durante la mia infanzia, e quindi nel cercare di riprodurre nell’adattamento le strutture armoniche, melodiche e ritmiche che hanno generato quei sentimenti. Per questo motivo è stato necessario essere molto rigorosi. Non si può dare una versione personale di questo album, ma solo un adattamento.
Sono curioso di sapere se, prima di prendere in mano questo progetto, ne hai parlato a Franco Battiato e come ha reagito alla tua rilettura che, sinceramente, valorizza i brani in maniera inaspettata, lasciando scorgere particolari che non avevo colto nelle versioni originali.
Certo! Anche di questo progetto ho parlato con lui. Mi ha molto incoraggiato, anche in questo caso: lui è sempre ben disposto quando c’è una predisposizione d’animo “felice”, quando è tutto pulito.
Non ho ancora avuto modo di farglielo ascoltare, però, per via della sua riabilitazione. Spero di poterlo fare presto.
Una nota a parte merita la copertina che è un evidente omaggio a quella originale ma che, indipendentemente da questo, colpisce per la bellezza minimale. Chi l’ha realizzata e qual è stato il processo creativo che ha portato alla sua genesi?
La copertina è stata realizzata da Lorenzo Palmeri, amico anzitutto, designer, cantautore e amico storico di Franco stesso e delle persone che hanno realizzato la copertina originale (Francesco Messina, Roberto Masotti). Anche per questo motivo è stato possibile utilizzare tutti gli elementi. Per il resto, ti lascio il suo commento al lavoro:
«Lavorare alla copertina de La Voce del Padrone, per altro una delle mie copertine preferite di sempre e ovunque, è ad un tempo un onore e una sfida impossibile. L’impianto grafico di Francesco Messina, la bellissima foto di Roberto Masotti sono per me inscindibili dal contenuto del disco che ha cambiato il corso della musica italiana. Ho fatto un timido tentativo di ripensarla da capo, ma ogni via risultava al mio sguardo inadeguata,fuori posto, quasi blasfema, sbagliata. Da questi pensieri è scaturita l’idea della citazione linguistica, di un omaggio all’eccellenza giocato ironicamente sulla scomposizione, sulla presenza e sull’assenza, sullo spostamento, cercando di rispettare e rinnovare la volontà di sorpresa, il piccolo shock che toccò il cuore degli italiani. Come recita il sottotitolo del disco, “un adattamento gentile”.»
Il 16 giugno il disco verrà presentato dal vivo a Milano presso la Palazzina Liberty, che concerto sarà?
Alla Palazzina Liberty, visto che siamo immersi in un festival di musica classica (MiAmOr Music Festival), in un contesto così bello, eseguiremo l’album per intero, nel modo più pulito possibile, così com’è nelle registrazioni.
Aggiungo che, la sera prima, il 15, sono stato invitato a cantare Cuccurucucu Paloma, l’originale però, quella di Tomàs Mendez, resa celebre da Harry Belafonte e Caetano Veloso, e da cui Battiato ha preso spunto per la sua super hit! Sto realizzando infatti un arrangiamento per orchestra per l’occasione, e la cosa mi emoziona e mi diverte molto!
Cosa riserva il futuro a Fabio Cinti, cosa dobbiamo aspettarci per i mesi a venire?
Spero di riuscire a portare in giro questo album, con questo adattamento. Ma i tempi sono molto duri e mi rendo conto di essere un po’ fuori dai giochi della musica di moda. Farò quindi quello che sarà necessario e naturale fare, senza forzature.
Per il resto non so se è il caso di stare un po’ a osservare quello che succedo, oppure di distrarsi con qualcosa di completamente diverso…
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