Al Pistoia Blues, Supersonic Blues Machine feut. Billy F. Gibbons e Mark Lanegan Band: le molteplici declinazioni del blues

A cura di Marlene Chiti

 15/07/2018 PISTOIA BLUES

Nell’afa estiva di metà Luglio si tiene la giornata finale di Pistoia Blues 2018. Si sono appena chiusi i mondiali di calcio quando le prime note cominciano a risuonare in piazza. L’antipasto è composto da una serie di gruppi italiani selezionati per aprire ai big internazionali.
Aprono le danze i Seraphic Eyes, trio biellese con un album e un paio di Ep all’attivo, che propongono un grunge melodico dalle venature retrò molto piacevole. Seguono, gradita sorpresa, i Superdownhome; inizialmente indicati come protagonisti su uno dei palchi minori sparsi in città, il duo composto da Henry Sauda, voce e Cigar Box, e Beppe Facchetti alla batteria offre una performance country blues d’impatto molto apprezzata dal pubblico che comincia a riempire Piazza del Duomo.
A chiudere il terzetto degli apripista, Casablanca, quartetto che propone un rock alternativo cantato in italiano di solida impostazione, gradevole seppur non particolarmente distintivo.

 

Attorno alle 21:00, luce ancora alta, si presenta sul palco Mark Lanegan, con una formazione comprensiva anche di corista.
In nero, con occhiali e capello tornato al caratteristico rosso, assume la sua tipica posa abbarbicata al microfono e propone una scaletta meno incentrata sugli episodi cantautorali, tutt’ora in suo repertorio migliore, e ristretta quasi in toto ai lavori post 2010, venati di influenze elettroniche e trip hop. Drum machine e sintetizzatori hanno cominciato ad intravedersi, contaminando le più classiche atmosfere stoner blues, fin da Blues Funeral, del 2012, per poi radicarsi in una nuova cifra stilistica nei dischi successivi, Phantom radio e l’ultimo Gargoyle.
Se Hit the City, The Gravedigger’s song, Bleeding Muddy Waters e la più recente Sister sono piacevoli riascolti, Ode to Sad Disco e la dimenticabilissima Floor to the Ocean sono esemplificative, anche nella resa live, di questa meno felice ultima fase di vita musicale.
Nelle serate buone, fra cui questa può ascriversi, la sola possibilità di ascoltare la voce profonda e ricca d’intense sfumature di Lanegan, è ancora motivo sufficiente per sconfiggere la pigrizia ed alzarsi dal divano ma a parere di chi scrive è preferibile goderne in una dimensione diversa da quella dei grandi festival, nell’intimo di locali di dimensioni più contenute e con arrangiamenti più scarni privi degli orpelli elettronici che appesantiscono le ultimi produzioni da studio.

Sono quasi le 22:50 quando sul palco salgono i Supersonic Blues Machine, vera incognita di questa giornata di chiusura.
Lance Lopez, Fabrizio Grossi e Kenny Aronoff sono i fondatori di questo progetto che ha partorito un paio di lavori avvalendosi della collaborazione di illustri ospiti. Dal punto di vista musicale, si tratta di un rock blues molto pulito, accattivante, radiofonico e ben suonato da musicisti che si dimostrano subito desiderosi e capaci di coinvolgere il pubblico che risponde con favore. Fra brani tipicamente blues come I Am Done Missing You, Can’t Take It No More e Hard Times altri dal sapore prettamente anni settanta, I Ain’t Fallin’ Again, e episodi soul come Elevate e The Stranger, si giunge al pezzo forte della serata, l’ospitata di Billy F.Gibbons, storico cantante e chitarrista dei leggendari ZZ Top.
Di fronte alla leggenda non si può rimanere seduti e composti: al diavolo seggioline, nastri di contenimento e cerberi guardiani, ci si alza, si riempiono i vuoti sotto palco, ci si stringe e si balla assieme.
Bastano due accordi di chitarra, il sound inconfondibile e la presenza magnetica a segnare il solco fra i buoni musicisti che sono i componenti dei Supersonic Blues Machine e la CREATURA MITOLOGICA che è Billy F. Gibbons. Due battute sulla serata, una lisciata alla barba e la piazza è sua. Gibbons si cimenta in un paio di pezzi degli ZZ Top, La Grange e Sharp Dressed Man, esegue Running Whiskey e Broken heart, i pezzi con cui ha collaborato rispettivamente in West of Flushing, South of Frisco e Californisoul dei Supersonic Blues machine e chiude la serata con un bis dedicato a due classici standard blues: Got My Mojo Working pubblicato nel ‘57 ma negli anni reinterpretato fra gli altri anche B.B. King e Muddy Waters e Going Down, che vanta un carnet di interpretazioni impressionanti.
Non poteva esserci finale migliore per questo Pistoia Blues festival.

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