Un concerto per chi non ha mai smesso di crederci: The Pineapple Thief @Viper Theatre di Firenze, 21 Febbraio 2019

A cura di Marlene Chiti

Riparte da Firenze la seconda parte del tour di presentazione di Dissolution, ultimo  album degli inglesi The Pineapple Thief, uscito a fine estate 2018; ben accolto dalla critica e considerato assieme al precedente Your Wilderness apice qualitativo di una prolifica carriera ventennale, vede la partecipazione anche in fase compositiva del batterista Gavin Harrison, già session man nel precedente lavoro, che attualmente collabora anche con i King Crimson e può vantare un passato d’esperienze variegatissime, dalle collaborazioni con nomi pesanti della scena mainstream italiana quali Baglioni e Battiato alla militanza nei Porcupine Tree.

La band è in loco a Firenze già da qualche giorno per provare e mettere a punto la scaletta del tour; il concerto parte relativamente presto, alle 21, in un Viper Theatre che si va riempiendo di un pubblico per la gran parte attorno alla mezza età che si dimostrerà nel corso della serata sempre più appassionato e caloroso.
Si parte con Try as I Might, secondo pezzo di Dissolution, e si prosegue con la splendida In Exile da Your Wilderness, per fare poi un tuffo nel passato recente con Alone at sea, da Magnolia del 2014. Dopo solo tre pezzi, grazie anche all’acustica ottima del Viper e a giochi di luce mai troppo invadenti, siamo già conquistati ed è cristallina la sensazione di partecipare ad un’esibizione di altissimo livello. Threatening War, Far Below e Uncovering Your Tracks, eseguita live per la prima volta in questa data, rapiscono col loro mix di melodia e potenza, la chitarra malinconica di No Man’s Land e la voce limpida di Bruce Soord emozionano.
Le riproposizioni di That Shore e 3000 Days e la dolcezza di Shed a Light ci guidano ad un finale di primo atto chiuso da White Mist, pezzo con un minutaggio di 11 minuti, il più lungo in Dissolution, e Nothing at best, da Someone Here Is Missing, del 2010.
L’onere di aprire i bis spetta al pezzo che fa da intro nell’ultimo album, la breve ma intensa Not Naming Any Names per avviarsi poi al gran finale con The Final Thing on My Mind  seguita dalla delicata Snowdrops, ripescata da A little man del 2006

Giunti alla fine non possiamo che confermare d’aver assistito ad un concerto sicuramente sopra la media, in cui brani già compiutamente belli nelle versioni da studio, dalle mai banali linee melodiche pulite ed eleganti, acquistano ulteriore fascino grazie all’ottima interpretazione live e  alla coesione di una band di musicisti straordinari. La musica dei The Pineapple Thief riesce ad essere al contempo ricercata e accessibile; è evidente la perizia tecnica di tutti i membri della band  ma non si eccede mai nel virtuosismo stucchevole il che potrebbe rendere queste composizioni  potenzialmente appetibili anche per un pubblico non strettamente settoriale o spaventato dall’etichetta “progressive” sovente riconosciutagli dalla critica.
L’onore di aprire questo primo concerto italiano è toccato agli Eveline’s Dust, band pisana dalle forti influenze progressive rock che ha già all’attivo un primo album, The Painkeeper,  pubblicato nel 2016 per la Lizard Records e che ha proposto questa sera in anteprima tre pezzi di buona fattura dal lavoro di prossima uscita, intitolato K.

 

 

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