La musica è ancora cultura?

© Lorenzo Antei

 

A cura di Renata Rossi

 

La musica è cultura…

Tutti quelli come noi, che trascorrono gran parte delle proprie giornate ascoltando musica, che legano i momenti più belli della propria vita a questa o quella canzone, che godono quando acquistano un disco o vanno a un concerto, ne sono assolutamente convinti.

Chi fa musica gode da sempre di una grande fortuna, poter comunicare ad altri, a tanti, il proprio pensiero, il proprio messaggio. Il microfono nasce proprio per poter amplificare la voce, e un cantante sul palco ha davanti a sé decine, talvolte centinaia, migliaia di fan accorsi in quel luogo specifico solo per ascoltare quello che ha da dire. Sicuramente si tratta di un grande privilegio e insieme una responsabilità immensa che oggi in tanti non si rendono conto di avere. Chi ascolta musica, legge un libro o va ad una mostra, si aspetta di emozionarsi, di crescere mentalmente e spiritualmente. La musica dovrebbe far sognare, trasportare la mente in altri luoghi, coinvolgere emotivamente, e anche far riflettere su tematiche sociali, problemi che riguardano il singolo e l’umanità intera. La musica dovrebbe saper diffondere valori alti e importanti oltre che, e non c’è nulla di male, distrarre, far divertire, far innamorare, allontanare dalle sofferenze del quotidiano. Le liriche dei nostri gruppi/cantanti preferiti deveno esser capaci di arrivare dritti al cuore, descrivere qualcosa che noi sentiamo nel profondo ma che non siamo capaci di descrivere così bene come qualcun altro fa.

 

La musica è politica…

Oggi abbiamo assistito a dei risultati elettorali che, per carità, in democrazia devono essere accettati e compresi, ma anche analizzati con calma e ragionati. Oggi in Italia ha vinto chi crede che il problema più grande che affligge la nostra società sia l’immigrazione, l’invasione da parte di poveri cialtroni buoni a nulla che giungono in Italia per derubarla e infangarla. E in tanti pensano che questa “pacchia” debba finire al più presto. Propagande stupide e volgari, come bende davanti gli occhi, rendono tanti miopi, incapaci di rendersi conto come i problemi in Italia siano altri: disoccupazione, corruzione e malaffare, cattiva sanità, criminalità, violenza.

Ora vi chiederete, cosa c’entra la musica con tutto ciò? Io credo che c’entri eccome, proprio, come dicevo prima, per la grossa responsabilità che hanno i musicisti, soprattutto nei confronti delle nuove generazioni. Inutile fare paragoni tra la musica degli anni ’90, quella di noi “vecchietti”, e quella di questi anni, ancor meno pensare a quello che ascoltavano i nostri genitori, ai meravigliosi anni ’60. Ancora più sterile è iniziare un pippone su cosa significa musica indie oggi e cos’era qualche anno fa, o rimpiangere i tempi in cui esisteva “il Trap” che era un allenatore di calcio e non la Trap. La verità è che certi pseudo modelli musicali leggeri, come la loro musica e le loro idee ci hanno un po’ scocciato. Bello il progresso, le chat, le stories su instagram, e i like su Facebook, ma misurare il talento e l’importanza musicale di questo o quel gruppo musicale in base a tutto ciò è davvero misero e triste.

Vogliamo che i modelli a cui ispirarci, noi e i nostri figli siano altri, pensare che la musica possa e debba fare tanto anche oggi, aiutarci a superare la superficialità dilagante della nostra società.

Scegliere cosa ascoltare così come scegliere cosa dire è un modo di fare politica, di vivere attivamente la realtà che ci circonda, di scegliere un messaggio e veicolarlo a quante più persone possibile.

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