[Recensioni] Mark Lanegan: un viaggio nell’oscurità dell’anima

© Trevis Keller

a cura di: Renata Rossi

Mark Lanegan

Sings Backwards And Weep
(Heavenly recordings)

TRACKLIST

1. I Wouldn’t Want To Say
2. Apples From A Tree
3. This Game of Love
4. Ketamine
5. Bleed All Over
6. Churchbells, Ghosts
7. Internal Hourglass Discussion
8. Stockholm City Blues
9. Skeleton Key
10. Daylight In The Nocturnal House
11. Ballad of A Dying Rover
12. Hanging On (For DRC)
13. Burying Ground
14. At Zero Below
15. Eden Lost And Found

 

Un mito, una leggenda vivente. Si esagera se si definisce un uomo di appena 56 anni così?
No, se parliamo di Mark Lanegan.
L’ex Screaming Trees ha scelto da anni la veste cantautorale per raccontare la tristezza, la cupezza, il tormento di esistenze difficili come la propria. Le sue doti vocali lo rendono unico, l’asprezza evocativa, quel timbro secco capace di esprimere emozioni senza alcun filtro, raccontano il baratro di chi conosce la deriva di una vita condotta al margine, di chi lotta quotidianamente contro i demoni di alcool e droghe, l’inferno di un’esistenza sublimata in musica e versi.
Mark Lanegan negli anni ha marchiato i suoi brani di un’impronta da folksinger maledetto, da bluesman malato e dolente ma ha voluto anche sperimentare utilizzando elettronica e synth stranianti, ha voluto smuovere le acque, allontanando talvolta i fan più accaniti e “puri” colorando di tinte pop alcuni pezzi. Mark è passato in pochi anni dal baratro alla rinascita, dall’ombra alla luce, nella sua esistenza così come nella musica, da sempre specchio della sua vita.

A meno di un anno dall’ultimo album, Somebody’s Knocking, Mark Lanegan annuncia l’uscita di Straight Songs Of Sorrow, l’8 maggio per Heavenly Recordings , distribuito da Self. Prodotto da Alain Johannes. L’album vede la partecipazione di numerosi ospiti fra cui l’amico di sempre Greg Dulli, ma anche Warren Ellis, John Paul Jones, Ed Harcourt, Adrian Utley, Mark Morton (Lamb Of God).

L’ album si ispira alla storia della vita della rockstar, raccontata da lui stesso nella sua nuova autobiografia “Sings Backwards And Weep”.

Scrivendo questo libro, non sono arrivato alla catarsi, tutto ciò che ho avuto è stato un vaso di Pandora pieno di dolore e miseria. Sono entrato e mi sono ricordato la merda che ho messo via 20 anni fa. Ma ho iniziato a scrivere questo album nel momento in cui ho chiuso e ho realizzato che c’erano sentimenti profondi perchè erano tutti collegati ai ricordi di questo libro. È stato un sollievo tornare all’improvviso alla musica. Poi ho capito che era il regalo del libro: questi brani. Sono davvero orgoglioso di questo album.

Il libro attraversa l’esistenza del cantante, partendo dalla difficile fase adolescenziale e percorrendo ombre e ferite di un insieme di esperienze travagliate. Racconti di droghe e inferni insieme a una buona dose di ironia spietata fanno parte del libro e anche del disco. Riuscire a recuperare un passato orribile, raccontarlo in un libro e in un disco assomiglia in qualche modo ad una rivincita, perché anche se si è sofferto tanto si è ancora lì, pronti a dialogare col proprio vissuto. Significa dunque che non si è affondati, significa avercela fatta.

Straight Songs Of Sorrow riesce a farci entrare nei meandri dell’anima della rockstar, riesce a scuoterci ancora una volta da una tenebra interiore che ci sussurra la sua presenza. Momenti claustrofobici e ossessivi si aprono verso un’elettronica viscerale (Internal hourglass discussion); altrove si viaggia verso atmosfere oniriche (This game of love) o verso un rock ossessivo (Bleed all over).
Skeleton Key, il singolo estratto dall’album, è sensuale e avvolgente, spoglia l’anima di tutto, rendendola pura e redenta dopo un precipizio verso il niente, come nel miglior stile di casa Lanegan.

Un album che non deluderà tutti coloro che amano il songwriter americano, la sua anima, il suo meraviglioso modo di raccontare la vita e le emozioni guardandone il lato più malinconico e oscuro.

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