Urali @ Cafè Librairie (CS) – Intervista/Live Report

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Lo scorso venerdì 15 aprile siamo andati al Café Librairie di Cosenza ad ascoltare “Urali”, il progetto artistico di Ivan Tonelli uscito a gennaio con il suo secondo album “Persona” per To Lose La Track/Fallo Dischi.
Ivan, one man band, canta i suoi pezzi  con una voce nitida e pulita mentre con la chitarra è capace di passare in pochi secondi da arpeggi puliti a suoni aspri ed elettrici, esplosioni di drone, atmosfere metal.
Sono proprio le  tantissime sfumature di ogni suo lavoro che rendono il suo progetto molto personale e originale, quasi una mosca bianca in un panorama italiano dove la ricerca della semplicità sfocia spesso nell’insipienza.

La cornice del concerto, il Cafè Libraire, è un posto piccolo e intimo al centro di Cosenza in cui cultura e arte sono realmente a portata di mano. Lo ritrovi non solo nel nome del locale, ma anche nei quadri appesi ai muri di un giovane artista locale, Roberto Gentili, nelle rassegne musicali e teatrali che vengono organizzate nel locale, persino nei nomi dei panini che qui si chiamano Proust, Montale, Kafka. Qui in poco tempo, grazie all’encomiabile lavoro di Turnover Concerti, ha trovato giusta dimora Comfort Me, rassegna musicale che in pochi mesi ha portato a calcare il piccolo palco del locale splendenti gemme musicali provenienti da tutto il mondo.  Dai Coffee or Not, delicato e insieme energico duo belga, al cantautore bresciano Caso, da Armaud, progetto chitarra e voce tra Italia e Olanda, al folk psichedelico di Tall Tall Trees, fino ad arrivare a Urali.
A ciascuno di loro questo locale dà la possibilità di presentare davanti ad un pubblico eterogeneo, il proprio progetto. Da chi è li solo per chiacchierare con gli amici e bere una birra a chi, ed è la maggior parte, è interessata alla proposta culturale per cui offre “orecchie e cuore” all’artista che ha di fronte. Proprio come è accaduto per Urali.

Se col primo suo lavoro eponimo Ivan si era già fatto conoscere e apprezzare per l’originalità e la genuinità della proposta, Persona è sicuramente un disco più maturo, meglio strutturato e parla, come è chiaro dal titolo, di uomini e donne, conosciute personalmente ma anche, come da lui stesso dichiarato, rintracciabili nella realtà.

Prima del concerto abbiamo fatto due chiacchiere con Ivan.

 

  • Innanzitutto devi togliermi una curiosità, perché “Urali”? Ha a che fare solo con le montagne o riguarda l’ostacolo, la separazione tra Europa e Asia?

Il nome l’ha scelto Steve, uno dei due ragazzi che hanno prodotto Persona, a me è piaciuto molto da subito, suona bene. In effetti avevo pensato a qualcosa che avesse a che fare con un ostacolo montuoso. Niente può raffigurarlo meglio degli Urali, un ostacolo naturale molto grande che rappresenta anche la barriera che ho dovuto superare nel lavorare al mio album da solo.

  • Avevo ascoltato anche il tuo primo lavoro rimanendone piacevolmente colpita. Credo però che con Persona tu abbia fatto un passo avanti; l’album pur rimanendo una tua creatura risulta più rotondo, meglio strutturato, forse più pensato, più costruito…è così?

Il primo disco è stato buttato giù di getto. Per il secondo, invece, mi sono preso un po’ di tempo, due anni, consapevole di quello che già avevo fatto, e ho provato ad aggiungere altro, la scrittura è durata molto di più con risultati chiaramente diversi. Sicuramente c’entrano anche le esperienze maturate negli ultimi due anni, gli ascolti, un po’ di tutto, credo. Ho la “fortuna” di essere da  solo, di non dover fissare le prove con altre persone, cedere a compromessi, diciamo che il mio processo di scrittura è un processo anarchico. È successo, ad esempio, di essere entrato in camera mia con delle idee, di voler parlare di una certa persona e cercare subito il modo di farlo.

Ad esempio “Hector” volevo fosse un pezzo black metal e ho seguito quella via, in “George” cercavo un certo tipo di spessore nella chitarra e ho cercato di riproporlo.

  • Credo, ascoltando Persona, che si possa parlare di un vero e proprio concept album, le canzoni sono legate l’una all’altra. A me è piaciuta particolarmente “Hector” che nel titolo e nella musica è formata da due parti: “Horror vacui” e “A friend”. Volevo chiederti: credi nella teoria Aristotelica secondo la quale la natura rifugge il vuoto? Pensi che uno dei modi per riempire questo vuoto sia l’amicizia?

Credo che la risposta giusta sia ni. La canzone  più che altro è il racconto della mia amicizia con Hector, una sorta di Will Hunting, punk e genio matematico, fuori dagli schemi. È stato lui a parlarmi di questa teoria con una complessa equazione. Il  discorso che mi ha fatto mi ha portato a soffermarmi sul valore dell’amicizia, su come due persone apparentemente diverse siano accomunate da qualcosa; ad esempio la canzone riporta una frase del film preferito da entrambi: La Sottile Linea Rossa.

  • Allora ci sono almeno due citazioni cinematografiche, la prima si trova in “Immanuel”, è così?

Si, in Immanuel c’è una scena di “Closer”, un altro film fantastico! La mia è una passione, ho studiato storia e critica del cinema quindi capita che mi fissi con qualcosa e lo riporti nei miei pezzi. Più che un vezzo artistico credo che l’utilizzo di alcune frasi tratte da film, come l’utilizzo di un certo tipo di suoni mi aiuti ad esprimermi meglio, a tirar fuori dei concetti. Al centro dev’esserci sempre, per me, la genuinità, ma se ho bisogno di dire una cosa, e può essermi d’aiuto un film o altro, ben venga!

  • Tu hai fondato un etichetta, la Stop Records. Credi che oggi sia diventato più difficile portare avanti un progetto simile? Come riesci a raggiungere un compromesso tra il riscontro col pubblico e il tuo gusto personale, il tuo punto di vista riesci a mantenerlo anche nella produzione?

Credo nella spontaneità, nella genuinità nella musica anche nel mio lavoro da produttore.  Siamo in contatto personalmente con le persone, con le bands. Non è che quando scegliamo una band pensiamo al discorso economico, ma crediamo nella loro proposta. Noi  siamo in studio con la band, il loro lavoro si mescola al nostro, la produzione è importante nonostante credo che se i pezzi sono buoni suonano anche da soli. Il riscontro che Giona, New Adventures in Lo-Fi, NelCaso  e Jarred, The Caveman stanno avendo, ci lascia credere che la strada intrapresa sia quella giusta.

  • Chitarra e voce: i tuoi pezzi vengono costruiti già pensando alla dimensione live oppure è solo il tuo stile allo stesso tempo intimista e diretto, semplice e complesso che riesce a rendere così bene sia su disco che live?

Diciamo che a volte sul disco ci si lascia un po’ andare. Ad esempio a me piace molto la chitarra classica,  nel live devo per forza di cose sostituirla e giocare coi pedalini. Però quando scrivo  penso comunque alla dimensione live; su disco registro due chitarre, dal vivo utilizzo gli amplificatori.

 

Lo lasciamo andare pochi minuti prima del concerto, giusto il tempo di togliere gli occhiali e trasformarsi in Urali, un po’ alla Clark Kent / Superman.
Inizia timidamente Ivan, ma già col secondo pezzo rende ben chiaro il suo stile con riff ed effetti potenti. Da metà set in poi dà il suo meglio con Meadow, la canzone dedicata a Roma e Mary-Anne, in cui il local hero, come lo definisce Ivan, Gianluca, voce dei ”La Fine” e uno dei cuori pulsanti di Turnover Concerti, lo accompagna al tamburo, finendo con il creare forse il momento più riuscito del concerto.

È poi il momento di Frances, dedicata alla vicina di casa che lo ha fatto innamorare senza concedersi, la canzone più pop e dolce dell’album.
Dopo aver terminato il set, Ivan ci regala il doppio “Hector”, a mio avviso la (doppia) canzone migliore dell’album.
Vado via soddisfatta, senza dubbio.
Averlo ascoltato dal vivo mi fa credere ancor di più al progetto di Ivan, alla sua genuinità e alla possibilità di potersi proporre sia in Italia che all’estero.

Testi: Renata Rossi
Foto: Michele Quartucci

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