Sophia – I left You

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(c)Sonia Golemme

Il giorno in cui ha smesso di piovere ho scoperto che era troppo tardi.

Troppo tardi per alzarsi dal divano in cui lasciavo trascorrere le mie giornate o per una maschera idratante ai profumi di bosco, così, per appagare l’insostenibile leggerezza del mio narciso.
Troppo anche per l’ennesimo Cuba Libre, per il Talisker finito giorni prima o per un semplice caffè.
Troppo tardi per qualunque cosa, semplice e meno semplice.
Ho giocato a Shangai, a Strega comanda colore.
Ho giocato a morra cinese con entrambe le mani, a Risiko ma senza dadi ne Carrarmati di plastica colorata.
Ho cercato l’oceano, ma senza che lo sguardo potesse andare oltre la cortina di pioggia che avevo davanti.
Il giorno in cui ha smesso di piovere semplicemente non me l’aspettavo.
Non ero ancora preparato a qualcosa di cui non avevo più ricordo, alla sensazione di tepore, il giallo vivo del sole, il blu del cielo e il bianco delle nuvole pure ed immacolate.
Ricordavo tutto ma non vuol dire che ne sia mai stato partecipe, probabilmente si è sempre trattato di qualcosa di inconscio che mi portavo dentro.
Non ho mai pensato a questo giorno come ad un giorno possibile, almeno non nella mia vita. e il mio senso di estranietà alla vicenda iniziava a rendermi ansioso.
Avrei dovuto gioire del cambiamento, della svolta di lunghe giornate tutte uguali verso lunghe giornate a volte uguali e a volte no.
Avrei dovuto, appunto ma non mi andava di farlo, anzi.
Ho girato le spalle alla finestra e mi sono concentrato sulla geometrica perfezione dei miei due metri quadri di vita, pochi ma assolutamente lineari e semplici da abbracciare.
Ho allungato un braccio e, senza vedere ho abbassato la tapparella, fino a sigillare ogni immagine alle mie spalle. Mi sono girato e ho contemplato il buio.
Ho cercato il telefono, e seguito il filo fino alla spina.
L’ho staccata e posato la cornetta al mio orecchio.
In dissolvenza c’era il suono dell’ombra.