Ad Ivan e Dodo

Ennesima birra vuota.
Ennesima sigaretta consumata fino al filtro, fino in fondo.
Guardava davanti a sè la fine del vicolo in cui barcollava, le pareva di vedere due cassonetti della spazzatura, perciò, camminando in avanti, studió la tattica per passarci in mezzo.
Mi metterò di lato..” e mentre pensava alle proporzioni e ai movimenti, si avvicinava sempre di più, trascinandosi a fatica.
Scarpe grigie,un tempo bianche panna, accompagnavano i suoi passi, gonna lunga di raso nero fino ai piedi, canottiera bianca, forse eccessivamente scollata e frangetta scompigliata sulla fronte.

Era il giorno di San Valentino, reduce da una serata ignorante in un locale del centro storico di Napoli.
Qualche bevuta, soliti amici ed una solitudine soffocata nell’aria da grosse risate.
“Bù vieni qua” la chiamava I., rincorrendola.
Ja fammi tornare, ho sonno” rispose lei, proseguendo verso la macchina.

Flashback: si erano conosciuti all’università, ma sembrava che si conoscessero da sempre. Lei era figlia unica, insicura, petulante, molto studiosa. Lui aveva un fratello, era sicuro di sè, equilibrato, con una buona favella. Entrambi, a loro modo, c’erano sempre stati l’uno per l’altro, nei momenti di ilarità, di analisi di coscienza e di pomeriggi sotto alle coperte a fantasticare sui maxi processi penali. Un obiettivo comune li aveva, dal primo momento, fatti camminare lungo la stessa strada, a volte spalla a spalla, altre volte a debita distanza perchè entrambi molto poco tolleranti nei confronti degli altri, persino di loro stessi. Grazie a lui i problemi che lei pensava di avere si vanificavano in una risata, in un abbraccio sincero. Era il fratello mai avuto, ma scelto con gioia grazie al destino.

Ja dobbiamo commentare un momento a quello là! Ma come può mai essere che lo hai trattato così??” disse I., ridendo e facendo segno ad un altro loro amico di raggiungerli. “Coniglio, vieni qua che dobbiamo parlare con questa!” urlò verso D.

Flashback: D. era il terzo componente che chiudeva in terzetto della storicità. Lei e I. lo conoscevano sin da piccoli. Scuole, vacanze.. sempre insieme, con presenza costante e affetto perenne. Inconsapevole anello della catena, il più diplomatico dei tre, il più buono dei tre. Un pezzo di pane che entrambi, lei e I. condividevano, a volte insieme, a volte in separata sede.

Eccomi, dove sta??” disse D.
F. era già entrata nella sua macchina, una lamiera grigia ammaccata ai lati.
Stupidi mi lasciate in pace? Non ne voglio parlare!
I due ragazzi risero e si sedettero nell’auto, canzonando un po’ la loro amica.
I. e D. erano raramente d’accordo con i gusti estetici di F. quanto a uomini, ma, se c’era una cosa che apprezzavano di lei, era l’assoluta non curanza con cui era capace di offendere i ragazzi che frequentava per un po’, fin quando non appurava che fossero quelli sbagliati.
Ma quello l’hai distrutto, ci rendiamo conto?!” dissero I. e D. all’unisono, ridendo e stuzzicando l’amica con dei pizzicotti sulle braccia.
Sentite, pensate a voi, ho sonno e voglio tornare a casa” sbottò F. esausta. Faceva sempre così, si alterava quando la mettevano in croce, ma in fondo le piacevano quei momenti, le piaceva che loro fossero sempre presenti nella sua vita, adorava il fatto che ci fosse quella confidenza fraterna che abbatteva gli schermi delle formalità, delle parole di circostanza.
Vabbè vatt a’ cuccà, non ti agitare!” disse D.
Ciao Car, a domani” continuò I.
Ciao uaiù, fate i bravi” concluse F.
I due scesero dalla macchina, le fecero fare manovra ed aspettarono che se ne andasse, prima di allontanarsi.

*Domani sushi?*

Informazioni su Fiorella Todisco 56 articoli
Classe '92, laureata in giurisprudenza alla Federico II di Napoli. Ama il diritto, la letteratura, la scrittura, la musica e prova a fare di tutto un po'.