Hundred Acres: il potere della semplicità secondo S. Carey

A cura di: Paolo Cunico

S. Carey
Hundred Acres


(Jagjaguwar)

Tracklist

Rose Petals
Hideout
Yellowstone
True North
Emery
Hundred Acres
More I See
Fool’s Gold
Have You Stopped to Notice
Meadow Song

Uscito lo scorso 23 Febbraio per Jagjaguwar e distribuito in Italia da GoodfellasHundred Acres, è il terzo LP di S. Carey, cantautore di Eau Claire, Wisconsin, Stati Uniti d’America. Un luogo abbastanza emblematico per la musica indie/alternativa contemporanea, dal momento che è il luogo di nascita di un certo Justin Vernon, meglio noto come frontman dei Bon Iver, band nella quale Carey milita in qualità di batterista, tastierista e di seconda voce.

Al di là del curriculum blasonato e delle sue doti di polistrumentista, S. Carey sa esattamente come scrivere canzoni autentiche, figlie della sua idea di musica e non nate da una mera speculazione commerciale e Hundred Acres è una dimostrazione lampante di questo concetto.

Un disco intimo, suggestivo, che conquista piano piano, come un piccolo fuoco che scalda un bivacco di montagna in una notte fredda. Un viaggio alla ricerca dell’essenzialità, per andare dritto alle emozioni attraverso atmosfere minimali solo nei termini di strumenti usati.

Perché S. Carey, intreccia suoni semplici in una trama fatta di chitarra acustica, batteria e cori che trasporta la mente fra i ricordi, come nella bellissima Yellowstone, che trasmette l’idea di sfogliare un vecchio album di foto o di guardare un vecchio filmino dai toni di seppia.

Questa ricerca dell’essenziale, questa voglia di andare diretti al cuore del significato che la canzone trasmette è un modo per Carey di avvolgerci con la sua musica, così come l’emozioni che essa trasmette hanno avvolto lui in fase di scrittura, perché la musica, come la vita hanno una natura effimera, da non sprecare dietro a fronzoli o paranoie, come in More I See:

“The more you know, the less you see
The more it’s coming back to me
The more I see you”.

Un pensiero che racchiude tutta la necessità dell’essere umano di vivere appieno la propria vita, godendosi l’affetto e l’amore, con tutti i suoi lati positivi e negativi, senza esseri prigionieri di ansie e inutili agitazioni.

Carey ci consegna un disco che è un inno alla sincerità, un canovaccio su cui riflettere e ispirarci ogni mattina, quando apriamo gli occhi e inconsciamente decidiamo se progredire come persone, o rimanere le stesse del giorno prima, con le nostre paure a farci da schermo. Un bel disco non solo da sentire con le orecchie, ma un bel disco da ascoltare con la testa, senza timori di cambiare.

 

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Nato sotto la stella dei Radiohead e di mani pulite in una provincia dove qualcuno sostiene di essere stato, in una vita passata, una motosega.