Io, tu, noi: Buon Compleanno Lucio Battisti

A cura di Renata Rossi

 

Io tu noi, Lucio” è un docufilm dedicato alla figura di uno dei più grandi cantanti italiani, Lucio Battisti. In onda su Rai 2 a settembre 2020, la realizzazione è stata caricata anche su Netflix il 27 febbraio 2023.

Il documentario ripercorre la carriera del cantante mostrandoci anche il suo lato più umano tramite la testimonianza di amici, musicisti, appassionati e interessanti immagini di repertorio.

A firmare la regia ci pensa Giorgio Verdelli, grande esperto e critico musicale, già in passato autore di opere del genere. Tuttavia, ciò che differenzia questo lavoro da altri simili è l’aver saputo cogliere le emozioni sincere dei protagonisti, l’affetto reale di chi lo ha amato, il riconoscimento nei confronti di un genio, di colui il quale ha cambiato il modo di fare musica in Italia, di concepirla, di arrivare là dove nessuno è riuscito, né prima né dopo.

“E’ stato sicuramente il più grande talento che ha espresso la musica italiana”

afferma l’attrice Sonia Bergamasco voce narrante della storia, che in più momenti si sofferma su alcuni interessanti aneddoti della vita del cantante.
Ancora, Carlo Verdone dice:

“L’Inghilterra ha avuto i Beatles, noi abbiamo avuto Lucio Battisti”

E Alberto Salerno, produttore e paroliere, racconta che la prima volta che ascoltò 29 settembre, brano musicale scritto nel 1966 da Battisti e Mogol e portato al successo dall’Equipe 84, dovette ammettere, riferendosi a Lucio:

“Come questo qui non ce n’è”

E sono tanti altri i ricordi e le storie legate ai brani del cantante di Poggio Bustone narrate nel documentario, così come sono tanti quelli che potrebbe raccontare la gente comune che gli ha voluto bene.

Io ho amato Lucio Battisti probabilmente già nei primi anni della mia vita, senza nemmeno rendermene conto. Lucio è stato l’artista preferito di mio padre, da sempre appassionato di musica.
Ricordo la mia infanzia insieme a parenti e amici e papà al centro del soggiorno che strimpellava le sue canzoni.
Quei brani sono stati tante volte una dolce melodia, un accompagnamento alle mie feste di compleanno, la compagnia sicura durante i freddi pomeriggi invernali della mia infanzia.
Quei brani facevano parte dei primi vinili che ho potuto ammirare, ascoltare, mostrare agli amici. Battisti mi ha insegnato la malinconia prima ancora che riuscissi a dare un significato a questo sentimento, la sensazione di un groppo in gola difficile da spiegare, la commozione all’ascolto di una canzone; e mi ha insegnato a sognare l’amore quando ancora questo sentimento era a me sconosciuto e mi teneva legata soltanto ai miei genitori.

E ancora oggi per me Battisti rappresenta tutto questo, un legame stretto e profondo, uno di famiglia.

Credo che il mio racconto sia quello di tanti che sono stati catturati dalle melodie di Lucio già dal primo ascolto e che si sono sentiti protagonisti delle storie raccontate nei suoi brani. I testi di Mogol, cantati ed interpretati da Battisti, sono un graffio nell’anima, una carezza data alla persona amata, entrano dritti nel cuore e lo conquistano per sempre. Nessuno ha cantato l’amore come ha fatto Lucio, presentandolo in tutte le sue sfaccettature: dall’innamoramento alla gelosia, alla paura di restar soli; sue le emozioni così vivide, reali, che si provano al cospetto di una donna troppo bella, di un volto, di un corpo, di un sorriso. Non solo amore, però: il cantante ha sempre avuto a cuore temi come l’ecologia, il consumismo, l’inquinamento, lasciandoci in eredità descrizioni di ambienti e scenari reali come fossero dipinti insieme a magnifiche rappresentazioni di paesaggi dell’animo umano.

E nonostante la sua notevole capacità interpretativa e una voce unica e struggente, è stata proprio quest’ultima a creare al cantante non poche difficoltà.
In un’epoca in cui le voci dovevano essere perfette, alla Claudio Villa, la sua possedeva un timbro impreciso, goffo e insicuro, un’intonazione imperfetta. Fu invece proprio questo a colpire il grande pubblico che non ebbe difficoltà ad innamorarsene, rendendolo presto popolare, associando ad una voce unica un modo di essere semplice, schivo, vero.

Così Battisti ha accompagnato con brani come ” La canzone del sole”, ” Acqua azzurra acqua chiara”, ” Un’avventura” canti e falò sulla spiaggia, dichiarazioni d’amore e frasi sussurrate nell’orecchio della persona amata.

Tuttavia limitare Battisti a questo sarebbe riduttivo:
i suoi brani contengono sì una melodia capace di catturare l’attenzione sin dal primo ascolto, ma sono arrangiati in maniera originale e sempre diversa. Battisti amava studiare, passare ore all’ascolto di musica proveniente dall’estero, Inghilterra e America in primis. E tutto il suo mondo, i suoi studi, entrano nei brani in maniera personale, prendendo ispirazione ora dal rhythm ‘n’ blues americano, ora dal beat inglese e dal soul, stravolgendo di volta in volta i canoni della musica leggera italiana.
Mai stanco e sempre desideroso di novità è stato sin dagli esordi uno sperimentatore percorrendo territori ogni volta sconosciuti, dal latino americano alla psichedelia, fino al progressive. Alcuni suoi brani finiranno per oltrepassare la forma canzone in sé, tracciando una nuova strada della musica contemporanea.

Battisti ha amato circordarsi di amici e di ottimi musicisti. In tanti, nel documentario, raccontano l’atmosfera speciale che si respirava negli studi discografici in cui lavorava.
Tra questi Mussida (PFM) e Dall’Aglio (Giganti) narrano di come lui arrivasse in studio coi pezzi già perfettamente confezionati e le idee chiarissime, lasciando tuttavia a ciascuno di loro la massima libertà espressiva.
Così era più facile improvvisare, creare, trasformare le serate in momenti unici, talvolta in vere e proprie Jam Session come nel caso del brano Dio Mio no contenuto in Dio mio no/Era, 11º singolo di Lucio Battisti, pubblicato il 26 luglio 1971.

Cristiano Godano, cantante dei Marlene Kuntz osserva come i cambi di accordi, i cambi di piani sonori, di atmosfere, siano stati all’ordine del giorno nella composizione dell’artista rendendola molto affascinante ancor di più considerando la sua capacità di mantenere altissimo il livello di cantabilità dei suoi pezzi.

I Dik Dik, Formula Tre, Roby Matano, Lavezzi, Tony Esposito, Shel Spapiro, ma anche Vasco Rossi, Niccolò Fabi, Colapesce e Dimartino, Ermal Meta raccontano in questo documentario cosa ha rappresentato per loro Lucio ammettendo di essersi ispirati alla sua musica.

L’ammirazione nei confronti del cantante è arrivata anche all’estero e così da un aneddoto raccontato da Mara Maionchi apprendiamo che Pete Townshend degli Who è stato un grande ammiratore di Battisti e della sua Emozioni, un classico del repertorio del cantante. E Battisti e Mogol arrivarono a conquistare anche David Bowie con Io vorrei…non vorrei… ma se vuoi, che apparirà sul primo Lp solista di Mick Ronson, storico collaboratore del Duca Bianco e chitarrista dei The Spiders from Mars.

Insomma, nel documentario Io tu noi, Lucio troviamo davvero tante curiosità e aneddoti, descrizioni tecniche dei brani che ai più probabilmente sono sfuggite, ma anche la dimensione privata di un uomo riservato che ha sempre lasciato che a parlare fosse la sua musica e basta, preferendo di rimanere sempre fuori dai riflettori.
Un uomo che proprio nel pieno del suo successo è stato capace di rompere il sodalizio con Mogol e di legarsi ad un personaggio enigmatico e introverso come Pannella.
Come racconta l’attore romano Scamarcio, proprio lui che è stato tacciato di fascismo per aver scelto di non parlare di politica nei suoi brani, ha fatto una scelta politica molto difficile, quella non voler mai assoggettare la sua musica al mercato.

L’emozione, gli occhi lucidi di Nannini, Fabi, Dell’Aglio, Scamarcio, Sonia Bergamasco, Mara Maionchi sulle note di Io vivrò senza te alla fine del documentario sono dunque anche le nostre che oggi 5 marzo avremmo voluto dirgli semplicemente una cosa:

Buon compleanno Lucio!