[Live Report] URLA DIMENTICATE – Una chiacchierata in cerchio e un concerto screamo per dare voce a ciò che resta dentro all’Unical, Cosenza

A cura di Francesca Ciardullo

foto di Sofia Fiori

 

Venerdì 14 novembre, all’Aula Studio Liberata del Cubo 18C (piano terra) dell’Unical, si è svolto Urla Dimenticate, un evento che ha intrecciato dialogo e musica screamo portando nel sud Italia un’energia che troppo spesso sembra trovare spazio solo altrove. L’idea è nata da Pietro Bitonte, che noi di piuomenopop abbiamo imparato a conoscere soprattutto come fotografo di concerti hardcore, ma che qui abbiamo visto mostrarsi nella sua veste di appassionato e promotore della scena screamo.

Alle 18:30 si è aperta una chiacchierata orizzontale (riduttivo definirla “talk”), senza scalette né strutture rigide, seduti in cerchio come fra amici. Un momento in cui pubblico, artisti e persone vicine all’ambiente creativo hanno condiviso riflessioni su ciò che significa urlare, con la voce e con l’arte in generale. Pietro ha voluto fortemente che l’incontro fosse così: libero, spontaneo, collettivo.

Alla conversazione hanno partecipato i componenti delle band che avrebbero suonato più tardi: i romagnoli Reverie e Noye e i Leda da Roma (tre band che hanno girato insieme il sud Italia facendo tappa qui a Cosenza), ma anche chi era venuto ad ascoltare, e Antonio Turano, in arte Dongocò—rapper e psicoterapeuta—che ha portato un contributo prezioso creando ponti inaspettati tra generi e approcci espressivi.

L’iniziativa è stata realizzata in collaborazione con il collettivo Aula Studio Liberata, che ha reso possibile la creazione di un ambiente accogliente e informale, lontano dai palchi canonici e vicino alle persone. Pietro ha spiegato che il suo desiderio è quello di portare più eventi screamo al Sud, dove la scena è ancora rarefatta rispetto al Nord Italia. A Cosenza, certo, abbiamo avuto esperienze importanti—come il concerto degli Øjne lo scorso anno all’auditorium popolare di Cosenza—ma la volontà è quella di dare continuità, di creare un punto di ritrovo e di espressione per chi vive questo mondo. Le “urla dimenticate” di stasera sono infatti un “volume uno”.

Si è parlato di screamo come sfogo, dell’urlo come linguaggio emotivo, dei testi come strumento per aprirsi e far uscire ciò che spesso rimane sommerso. Un confronto vivo, sincero, che ha dato sostanza al titolo dell’evento: urla dimenticate, appunto, quelle che spesso non trovano spazio nella quotidianità.

Uno dei punti centrali emersi durante il dialogo è stato il valore dei testi in un genere urlato come lo screamo: testi che, all’ascolto superficiale, quasi mai si comprendono, ma che restano fondamentali perché rappresentano il modo più diretto per conoscere chi c’è dietro la band, le sue fragilità e le sue intenzioni artistiche. Allo stesso tempo, si è sottolineato come anche la forma musicale sia di per sé un messaggio: non conta soltanto ciò che si dice, ma come lo si dice. Nello screamo la voce non è un veicolo narrativo separato, ma uno strumento che si fonde con gli altri, un grido che diventa parte dell’impasto sonoro. Non è un genere performativo nel senso tradizionale: non cerca la perfezione, ma l’autenticità.

Da qui si sono aperti parallelismi e divergenze con altri generi, soprattutto con il rap, proprio grazie alla presenza di Dongocò. Entrambi i linguaggi usano la parola come sfogo e come specchio sociale, ma lo fanno con modalità completamente diverse: dove il rap articola, lo screamo deforma; dove uno esprime con la voce in primo piano, l’altro sceglie la fusione totale nell’emotività del suono.

Un altro tema importante è stato lo spazio in cui ci si trovava: l’Aula Studio Liberata, che quella sera avrebbe ospitato anche il concerto. Un luogo senza palco, senza barriere, senza transenne: qui artisti e pubblico sono sullo stesso livello, fisico ed emotivo. Questo permette di creare uno scambio costante, un “mezzo spazio” dove le emozioni rimbalzano, si condividono e si trasformano. È proprio in un luogo come questo che lo screamo trova terreno fertile, perché la distanza si annulla e rimane solo l’essenziale: la relazione.

Dopo il cerchio di parole, la serata è proseguita condividendo un’ottima cena e poi con il concerto.

Un’esplosione screamo intensa e necessaria che ha dato corpo a tutto ciò che era stato detto poco prima: l’urlo come linguaggio, la vulnerabilità come forza, lo spazio libero come cassa di risonanza. Urla Dimenticate ha riportato in superficie ciò che spesso resta nascosto, ricordando che a volte basta una stanza, qualche persona seduta in cerchio e la voglia di ascoltarsi davvero per dare vita a qualcosa di bello e a far “risuonare” anche le urla che a volte sembrano destinate a restare in silenzio.

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