Gli ACROBATI di Silvestri: una tavolozza piena di sfumature

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TRACKLIST:
La mia casa
Quali alibi
Acrobati
Pochi giorni (feat. Diodato)
Un altro bicchiere (feat. Dellera)
La mia routine
Così vicina
La verità
Pensieri
Monolocale
La guerra del sale (feat. Caparezza)
A dispetto dei pronostici
Come se
L’orologio (feat. Diego Mancino)
Bio-Boogie (feat. Funky Pushertz)
Tuttosport
Spengo la luce (feat. Dellera)
Alla fine (feat. Diodato)

 

Voglio bene a Silvestri, gli voglio bene perchè sa cogliere gli stati d’animo, descrivendoli con una parola, una sola, quella giusta.
Gli voglio bene perchè quando non trovo il modo per uscirne mi consiglia di “disobbedire alla gravità“, perchè sono mesi che quando ascolto il suo nuovo album, “Acrobati“, e passeggio per strada, aspetto il pullman, prendo il caffè mi fa vedere il mondo in modo diverso, forse meno vero, o forse più vero di quello che in realtà è, sotto le note delle sue canzoni.

Dice Silvestri che vuole “portare via l’ascoltatore dall’immanente, dal dibattito politico e dalla polemica del giorno per metterlo in una dimensione di ascolto più fanciullesca, più intensa” e lui lo fa, come ha sempre fatto del resto, camminando sempre lungo la strada del mainstream, tra i bravissimi di successo e con l’anima pulsante di passione.
Avete mai letto “Il Fanciullino” di Pascoli? Io si, una quantità infinita di volte. Il massimo esponente del Decadentismo, in poche parole, invita a guardare le cose che ci circondano come se fosse la prima volta, come se a farlo fosse un bambino che sta scoprendo il mondo, placando la sua ansia di felicità con l’entusiasmo della conoscenza.
Pascoli dice che solo così si può essere dei bravi poeti, solo chi è in grado di ascoltare “il fanciullino” che sopravvive dentro ognuno di noi può fare della poesia un’opera d’arte.
Silvestri lo fa, ascrivendo il suo nome tra i grandi poeti italiani reclutati dal vortice del cantautorato, raccontando storie attuali di profonda introspezione con la dolcezza e l’ingenuità di un bimbo che sta scoprendo l’amore, le paure, le difficoltà della vita per la prima volta.

Diciotto tracce, un’ora e un quarto di evasione, in cui Silvestri, come un acrobata, salta leggero tra una gioia ed un dolore da raccontare, incastrando tutti i pezzi del puzzle con una trasparenza disarmante, lì, proprio davanti a noi, senza nascondersi e senza cadere, senza la paura di sbagliare.
Dedica l’intero album all’immenso maestro Lucio Dalla, sua fonte inesauribile di stimolo e di libertà espressiva, con la volontà di provare a cantare le storie di vita guardandole da lontano, da un oblò di un aereo in cui è possibile scrutare gli altri mentre camminano su dei fili, non a terra, proprio come fanno gli acrobati.

Silvestri ci fornisce un po’ del suo spago personale e ci fa scivolare con lui in quelle vite, lasciando che la creatività ci insegni l’equilibrio, che la semplicità metta a nudo le costruzioni, che l’ironia svilisca le problematiche politiche e sociali che infettano il nostro paese.
Non è solo in questo lavoro: ci sono infatti le collaborazioni di Roberto Dell’Era in “Un altro bicchiere” e “Spengo la luce“, Diodato in “Alla fine“, Caparezza in “La guerra di sale“, Diego Mancino in “L’orologio” e Funky Pushertz in “Bio-Boogie”, e tutti partecipano attivamente, fornendo ancora più colore alla tavolozza dell’artista raffinato e sincero.
Mescola pop, indie rock e funk, fornendoci in ogni traccia una prospettiva diversa, ma ben ancorata a suoni precisi e coerenti, da lui stesso codificati.

Dopo vent’anni di concerti, l’uomo col megafono ha smesso di reclutare compagni e si è fermato ad osservare l’ambiente circostante.
Ha cambiato la marcia, non la strada, nonostante le vendite e la critica abbiano cercato di arrestare varie volte la sua corsa verso il perfezionamento.

 

Informazioni su Fiorella Todisco 56 articoli
Classe '92, laureata in giurisprudenza alla Federico II di Napoli. Ama il diritto, la letteratura, la scrittura, la musica e prova a fare di tutto un po'.