Il 2017 inizia alla grande: nuovo album di “La Madonna di Mezzastrada”

Tracklist

1. Albero
2. Dirigibili
3. Formaldeide
4. Cesare
5. Triliardi
6. Crono

Se è così che inizia il 2017 in musica non c’è che dire: è un anno che si apre davvero bene!
Stiamo parlando del terzo disco di La Madonna di Mezzastrada, “Crono”, in uscita il 10 gennaio per La Fame dischi con la produzione artistica di Daniele Rotella (The Rust And The Fury, Michele Maraglino).
Dopo il loro album d’esordio “CANTICHE” uscito nel 2012 e “LEBENSWELT (il mondo della vita)” la band perugina ci offre un lavoro maturo, ben confezionato, intenso. Liriche dure ma non urlate, raffinate e dirette nello stesso tempo.
Pezzi difficili da inglobare in un genere distinto, brani in cui il cantautorato italiano incontra code post-rock energiche e vibranti. La band ricorda sin dal primo ascolto i Valentina Dorme, che nei primi anni 2000 si erano imposti come una delle realtà italiane più promettenti capaci di mescolare energia, rabbia e passione.
Ecco, la band perugina entra dentro come quella veneta, in modo forte e dirompente. In particolare la prima traccia, “Albero” ha un incedere unico che colpisce al primo ascolto: la paura, il disincanto e le illusioni escono fuori in un muro di suono dolente accompagnato da archi strazianti e alienati, con un finale post rock dilatato. Le chitarre riempiono il suono, senza tuttavia prevaricare, in un pezzo che suona antico e moderno insieme come il resto dell’album, d’altronde. Il testo di “Albero” è particolarmente ispirato, una sorta di racconto di storie diverse, di viaggi intrapresi o da intraprendere, di speranze che andranno ad infrangersi con la durezza della realtà, della ricerca di un albero capace di proteggere e dare ristoro.
Altrove brani più pop, come “Formaldeide” spezzano un po’ il ritmo in una forma canzone convenzionale, più “facile” e orecchiabile senza che ciò abbia un significato negativo, tutt’altro.
Cesare” è un altro brano capace di colpire dritto allo stomaco in cui il testo duro e ispirato è accompagnato da una musica livida e sofferta. Racconta con amarezza il lavoro in fabbrica a Torino, ma potrebbe essere quello di molte altre città italiane con la loro vita dura e alienante. La rabbia e la foga del brano potrebbe avvicinarlo, nello spirito, ad un pezzo degli Zen Circus, ma dove nel trio troviamo compostezza sonora, qui apertura e suoni dilatati, che abbracciano l’ascoltatore, hanno la meglio.
Elettronica e loop ossessivi vengono scelti per l’apertura dell’ultimo pezzo, “Crono”, la title track. Il brano cerca una soluzione, per così dire, nel finale, in cui il rincorrersi di chitarre bassi e archi chiudono l’intero album.
Un disco probabilmente non immediato né per tutti ma capace di non cedere a compromessi di nessun tipo, di accompagnare durante l’ascolto in un viaggio mentale, di cercare una strada non percorsa, in modo davvero molto, molto interessante.

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