Dalla “centrale” allo studio di registrazione: le luci diventano una sola

A cura di Fiorella Todisco

Le luci della centrale elettrica

2008/2018 Tra la via Emilia e la via Lattea
(La Tempesta/Sony Music)

 

Dopo aver passeggiato su spiagge deturpate, chiamato felicità fuochi d’artificio e petroliere ed attraversato costellazioni, Vasco Brondi spegne le luci della sua centrale che, per dieci anni, lo ha “ospitato” e protetto con cura.

“È arrivato il momento di alleggerirsi, di ripartire in altre direzioni e di farlo senza questo nome, credo sia rispettoso non utilizzarlo solo come sostegno o scudo; sento che sono cambiate tante cose e che è arrivato il momento di fare spazio ad altro, per la bellezza e la follia di ricominciare”.

Nel 2008 i ragazzi della mia generazione erano al liceo, in piena crisi mistica adolescenziale, alla ricerca di qualcuno che li capisse senza imporsi e di qualcosa che li aiutasse ad incanalare tutte le rabbie, le paure, gli estemporanei momenti di felicità, le lacrime e le speranze dell’età.
In questo panorama, la musica indipendente, spesso, rappresentava un baluardo sicuro.
Personalmente, conobbi “Le luci della centrale elettrica” in una mattina di ansia da versione di greco, mentre ero sull’autobus diretta verso scuola: ero seduta ed affianco a me un ragazzo con i capelli lunghi e le cuffie più grandi della sua testa stava ascoltando “Produzioni seriali di cieli stellati”.
Il volume era tanto alto che riuscivo a sentire il ritornello “quando strattonavamo il mare dove andavamo a farci male” nitidamente.
Da quel momento non feci altro che ascoltare Brondi.
Mi rispecchiavo perfettamente nella veemenza dei toni, nella rabbia trapelante dai testi, nella disperata ricerca della felicità nelle piccole cose, nonostante mi sentissi soffocata dalle paure e schiacciata dall’incombente mostro che chiamavano tutti “Futuro”.
Vasco Brondi è cresciuto con noi e noi siamo cresciuti con lui.
Ad ogni modo, nel suo percorso artistico ho sempre percepito un’evoluzione sonora e testuale, che, romanticamente, associavo al mio stesso percorso interiore… quello che mi stava in qualche modo portando a “diventare grande”.
Oggi, a venticinque anni quasi superati, ascoltare “Canzoni da spiaggia deturpata”, “Per ora noi la chiameremo felicità” o “C’eravamo abbastanza amati” mi fa salire il magone e mi riporta ad un periodo storico in cui sognavo di spaccare il mondo indossando un giubbotto di jeans consumato.

 

 

Il buon Vasco ha spento le luci ed ha imballato la centrale con la stessa cura con cui quest’ultima lo ha accudito per dieci anni, chiudendo con amore un capitolo per aprirne, umilmente, un altro.
Il suo ultimo disco, “2008/2018 Tra la via Emilia e la via Lattea”, infatti, racchiude nella prima parte una buona fetta di canzoni che ci hanno accompagnato per mano nell’adolescenza: da “Piromani” e “Per combattere l’acne” a “C’eravamo abbastanza amati“, passando per “Quando tornerai dall’estero” e “Cara catastrofe“.
Presenti anche “Le ragazze stanno bene“, “I destini generali“, “Macbeth nella nebbia” e “Ti vendi bene” e, ancora, “Chakra” e “A forma di fulmine“.
Completano la tracklist la versione dal vivo di “Oceano di gomma” degli Afterhours in duetto con Manuel Agnelli e gli inediti “Mistica” e “Libera“, la versione di Brondi del pezzo che diede in dono ai Tre Allegri Ragazzi Morti nel 2016.
Nella seconda parte del disco, battezzato “2008/2018 Live in studio“, invece, sono presenti le produzioni svolte negli ultimi sei mesi da Vasco Brondi con una band formata da Rodrigo D’Erasmo (violino), Andrea Faccioli (chitarre), Daniel Plentz e Anselmo Luisi (percussioni), Daniela Savoldi (violoncello), Gabriele Lazzarotti (basso) e Angelo Trabace (pianoforte).
Il cantautore ha “estratto dagli scatoloni” alcuni brani più risalenti, spolverandoli e plasmandoli in vista del tour teatrale che lo terrà impegnato tra novembre e dicembre.
Peraltro, le cover acustiche di “Amandoti” dei CCCP e di “Bene” di Francesco de Gregori sono rivisitate e reinterpretate al punto tale da apparire come pezzi del tutto nuovi.

È uscito ieri, 8 Novembre, un libro-intervista in cui Brondi ripercorre questi dieci anni, ma nulla, tuttavia, è stato rivelato su cosa ne sarà di lui.
La nostra speranza e che continuerà la sua carriera con il suo vero nome, abbandonando lo pseudonimo da gruppo dietro cui si è nascosto per tutto questo tempo.

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