A cura di Renata Rossi
GIANNI MAROCCOLO
ALONE vol. III – Palude
Contempo Records
TRACKLIST
1- Storia di Loletta
2- The Slash
3- Catene
Siamo arrivati al terzo capitolo del disco perpetuo di Gianni Maroccolo, un artista che non ha certo bisogno di presentazione, fondatore dei Liftiba e dei CSI, bassista indimenticato dei Marlene Kuntz e anima dei Deproducers.
La splendida avventura di Alone inizia esattamente un anno fa, il 17 dicembre, poi il vol.2, uscito il 17 giugno 2019, e avanti così, ogni 6 mesi un nuovo volume, tutto contro ogni regola discografica e di sistema, un percorso musicale e sensoriale, che aspira a diventare una sorta di guida spirituale per l’ascoltatore. Tutta questa irritualità si ritrova anche nella durata dei brani che vanno dai 4 minuti dell’incipit “Storia di Loletta“, ai più di venti delle due suite The Slash e Catene, seguendo quella coerenza artistica, e non solo, che da sempre caratterizza Maroccolo.
L’album, caratterizzato come suoi predecessori da un intenso vortice emotivo, tratta il tema della violenza che si riversa sempre sui più deboli e indifesi, i bambini e le donne, e come a solito lo fa muovendosi su più piani artistici. Se, com’è ovvio l’aspetto musicale è preponderante, le illustrazioni dell’artista visivo Marco Cazzato, autore anche dell’immagine in copertina che ritrae una libellula, simbolo di cambiamento e di libertà, e i racconti immaginifici dello scrittore e critico musicale Mirco Salvadori, costituiscono molto più di un piacevole corollario ma sono parte integrante dell’opera.
Ospiti del disco sono nuovamente Luca Swanz Andriolo, leader dei Dead Cat in a Bag e già presente nel primo capitolo di Alone, e la scrittrice e poetessa Nina Maroccolo, sorella di Gianni, che ispirandosi al tema del disco ha scritto “Non possiedo nome eppure m’invadono tutti”. Un testo che viene recitato da Andriolo in alcuni punti dell’album, facendo scaturire una meditazione introspettiva e di rara impatto emotivo.
Alone vol. III è una sorta di “piccola opera musicale moderna”, che vive e si sviluppa senza soluzione di continuità, come accade nella musica sinfonica e/o in quella elettronica di inizio ’900 o nel minimalismo degli anni ’70/’80, tra le sue due parti e la piccola overture, mimando quelli che sono gli stati della vita della libellula, distinti seppur connessi tra loro: quello di larva e quello di insetto alato. L’anelito a uscire dallo stato larvale, dal quale osserviamo senza farci caso violenze di ogni tipo, vittime e carnefici di soprusi e angherie che non sono solo fisiche ma anche verbali, ormai assuefatti all’indifferenza, alla cattiveria fine a se stessa, e librarci in volo, per fuggire dalla palude in cui ci troviamo spesso invischiati dalla quale non riusciamo o non vogliamo uscire, è l’elemento portante del disco.
Ancora una volta Marok parte dalle miserie umane per trasformarle in un inno alla vita, in un nuovo capitolo di una storia che ha ancora molto da raccontare
di +o- POP