[SINGOLARMENTE] “Any Word” dei YET TO COME

Piuomenopop per scelta editoriale non ha mai pubblicato contenuti su singoli. Ci siamo resi conto negli ultimi tempi che il momento particolare porta il mondo della musica a reinventarsi e a proporre diversamente i suoi contenuti…così abbiamo fatto anche noi 🙂
È per questo che nasce la rubrica SINGOLARMENTE, che non parla di album e live (e della seconda sappiamo perchè), ma delle piccole gocce che i vari artisti stanno rilasciando nel mare magnum della musica: i singoli.

YET TO COME nasce a cavallo tra la Sicilia e il Texas. Può sembrare l’inizio di un film Spaghetti Western. In realtà, si tratta di una storia d’amore ambientata a Milano.
I fondatori, Paul e Majjo, si incontrano tra le aule di un noto istituto musicale milanese. Insieme, costituiscono un progetto all’insegna della libertà espressiva. I due cantautori si trovano a fondere in un unicum i loro differenti background: retaggi rap derivati dal ghetto contaminano il bel canto all’italiana e reminiscenze soul d’oltreoceano s’insinuano nel substrato elettronico dei loro brani. Nel frattempo, Majjo e Paul si innamorano e si sposano.
All’interno del contenitore YTC i due autori intendono far convergere le esperienze maturate nel mondo del teatro, della moda, del videomaking e della danza. Attualmente, il duo sta producendo una web series di video musicali. Il primo episodio, “Six o’clock”, è stato pubblicato all’inizio della pandemia.
“Any Word” è un brano che dice molto degli Yet To Come. La sua forma, dal piglio immediato, cela un testo intimo e lacerante. Al fine di esorcizzare un dolore personale, il duo italo-americano sceglie, difatti, parole nude e schiette accostate però a una produzione contemporanea, che cerca di librarsi leggera nell’aria. In questo marasma di luci e ombre, di ferite aperte ma anche di sogni di spensieratezza, prende forma un flusso di coscienza quanto mai orecchiabile e ballabile. E in questa dicotomia ci si può, in qualche forma, riconoscere.
Perché “Any Word”, in fondo, parla di un legame familiare come molti, pieno d’amore ma anche di sofferenza e d’incomprensione. Parla di un conflitto aperto alla ricerca di una risoluzione e del tentativo personale di elaborare un trauma quando ci si è dentro fino al collo.

Qui una mini intervista.

 

Da dove nasce la scelta di pubblicare un singolo in un momento così delicato dove non si può suonare dal vivo?

La scelta di pubblicare un singolo in questo momento delicato nasce da un bisogno inevitabile per noi. Viviamo il nostro progetto video-musicale come una missione di vita, non abbiamo piani B e non riusciamo a fare a meno dell’arte, in nessun momento storico. Crediamo, peraltro, che questo sia il nostro modo di contribuire alla ripartenza. Abbiamo attraversato ostacoli inimmaginabili per dedicarci alla musica e, anche se non conviene in alcun modo dedicarsi all’arte (ora più che mai), non possiamo farne a meno. Sentiamo un bisogno personale di vicinanza e di comunicazione con gli altri che per noi viene, e verrà sempre, prima dell’aspetto business legato al mondo della musica. Al di là delle dinamiche di un mercato musicale ovviamente fermo e in alcun modo vantaggioso per gli addetti al settore, resta il fatto che abbiamo tutti una gran fame di musica e di arte in genere, oggi come non mai. Del resto è forte in noi, come Yet To Come, l’esigenza di ascoltare e di guardare, di osservare, di assorbire, di nutrirci di bellezza e di arte: senza la musica, senza il cinema, senza la letteratura, senza l’arte in generale non avremmo mai superato i nostri momenti di crisi, men che meno durante questo anno strambo. Crediamo possa essere così per molti altri. Da creativi, poi, sentiamo l’urgenza di continuare a farci attraversare dalle storie, dalle emozioni, di elaborarle in chiave personale e di ricevere, da chi ci ascolti, tutto quel bagaglio di emozioni ‘di ritorno’ che ne deriva e che rappresenta, a nostro avviso, un patrimonio preziosissimo. Pubblicare un brano o un video, per noi, è come fare viaggiare un pezzo di noi stessi in giro per il mondo: ogni volta che torna a casa, quel pezzo di noi è arricchito dai punti di vista, dalle emozioni, dalle orecchie, dagli occhi e dal vissuto di chi lo abbia interiorizzato o di chi lo abbia anche solo distrattamente incrociato per la propria strada. Insomma, vediamo il “fatto artistico” come un grande circolo virtuoso, nel quale tutti abbiamo bisogno di tutti e nel quale siamo uniti agli altri ben oltre la nostra comprensione. La bellezza, l’arte, la musica viaggiano su queste ‘frequenze di unione’, frequenze inclusive che, come tali, fanno a tutti noi un gran bene. Per questo, crediamo che non sia possibile rimandare oltre l’uscita di un brano, dopo un anno di fermo generale come quello appena vissuto.

Raccontaci un po’ di questo brano, quali sono le tematiche che lo hanno ispirato? 

Anche le tematiche che hanno ispirato questo brano, come spesso ci accade in fase di scrittura, hanno il carattere dell’inevitabilità. Avremmo tanto voluto ignorare questi temi perché sapevamo che ci avrebbero lasciati nudi e disarmati ma eccoli qua, non siamo stati capaci di metterli a tacere. Any Word nasce in un momento contrassegnato da delicate vicende familiari, legate al crollo delle certezze infantili e adolescenziali. È un brano che sancisce l’ingresso definitivo nell’emotività adulta: il testo è pieno di dolore, di rabbia ma anche di tenerezza, di ricordi, di amore e di voglia di andare avanti. È la presa di coscienza della propria imperfezione, in vista della quale si riescono anche a ridimensionare e a perdonare gli errori altrui. È il desiderio di pace che riesce a schiacciare persino l’orgoglio personale. A un ascolto superficiale, non crediamo che tutto questo possa saltare fuori. Non a caso, però, abbiamo scelto un abito allegro e baldanzoso per accompagnare un tema tanto controverso; non a caso, abbiamo optato per una produzione leggera (anzi leggerissima) e una cassa in quattro per raccontare il dolore. Sentivamo il bisogno, per quel che concerne la parte del brano legata alla produzione e al suono, di mettere da parte la nostra prospettiva sulla faccenda e di provare a volare alti come i palloncini delle feste, a metabolizzare il tutto e ad ancorarci alla bellezza e alla ricerca della felicità. I palloncini delle feste, comunque, non ci piacciono perché inquinano l’ambiente.

Come è stato il lavoro di produzione in questo periodo? Avete dovuto lavorare da remoto? 

La produzione di questo brano risale a tempo fa e non risente, proprio per questo, delle distanze legate alla pandemia. Ha visto la collaborazione con Marcello Grilli, grande professionista e amico, il quale ha spinto il brano in una direzione che definiremmo essenziale. Le produzioni musicali più recenti, invece, sono tutte realizzate nel nostro home studio e non risentono della distanza. Siamo una coppia nella vita e in ambito creativo: produciamo da soli i nostri brani e i nostri video musicali ormai da parecchio tempo, anche se non mancano le collaborazioni. Ci è mancato moltissimo, durante questo anno, il nostro fidato batterista e musicista poliedrico Metello Bonanno, in arte Metcalfa con il quale ci esibiamo dal vivo e col quale abbiamo anche cominciato a scrivere. Ci sono mancati molto anche Giuseppe Chiara, Giovanni Agosti e Angelo Piama, tutti musicisti esagerati che fanno parte della YTC family, oltre a realizzare musica meravigliosa per conto proprio. In ambito video, è stato molto complicato filmare durante quest’anno ma, nel rispetto delle norme di sicurezza, siamo riusciti a portare a casa il videoclip del brano grazie all’aiuto dei nostri familiari sparsi lungo tutto lo stivale. È stato, inoltre, inevitabile appassionarsi all’utilizzo dello schermo verde in questo periodo storico. Attraverso questo espediente, abbiamo potuto viaggiare con la fantasia ed esplorare mondi lontani con i nostri video, pur restando fermi nello studio di produzione video-audio che abbiamo creato dentro casa. È stato un vero e proprio “travelling without moving”, per dirla coi nostri amati Jamiroquai.

Questo brano anticipa qualcosa? Uscirà anche un album nel prossimo futuro?

Questo brano anticipa parecchie cose, le più interessanti delle quali non possiamo svelarle fino al 15 maggio! Queste belle cose non coinvolgono soltanto noi ma tutto il mondo creativo e artistico. Speriamo che ciò che abbiamo in mente porti beneficio agli artisti sparsi per l’Italia, fermi da oltre un anno a causa del covid. Se volete saperne di più, seguiteci dal 14 maggio in poi sui nostri canali social, è lì che daremo tutti gli aggiornamenti del caso. Ci limitiamo, per il momento, a dirvi che Any Word rappresenta il secondo episodio della nostra web series e che speriamo di poter presto condividere con voi gli altri episodi del nostro cortometraggio. Abbiamo parecchi singoli, sia in lingua italiana che inglese (siamo italo-americani) e parecchie collaborazioni audio-video pronte a vedere la luce, anche indipendentemente dal discorso web series… Insomma, the best is yet to come!

Cosa possono fare i tuoi ascoltatori per supportarti in questo periodo complicato?

Più di ogni altra cosa, in questo periodo ci siamo chiesti che cosa possiamo fare noi, in prima persona, per supportare gli artisti in difficoltà. Ci stiamo lavorando su. Ad ogni modo, una prima forma di supporto da parte degli ascoltatori arriva tramite gesti apparentemente piccoli e banali ma che, per chi prova a fare arte, significano tutto. Iscriversi al canale YouTube di un artista, seguirlo su Spotify e sui social, mettere un cuoricino sui brani, un commento ai post o nelle stories: tutto questo aiuta sicuramente a non perdere la speranza. Sono pochissime le persone che non ascoltano musica o che sono completamente disinteressate all’arte nel mondo, la maggior parte ne riconosce il valore e riconosce di averne bisogno a un livello personale. Un cuoricino, dopotutto, non costa molto. E speriamo di ripartire presto coi live.

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