IL CROSSOVER RINASCE A LONDRA: VODUN

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È uscito ad Aprile per  Riff Raff Records  l’atteso album di debutto “Possession” dei  londinesi  Vodun,  mixato  da  Tom Dalgety.
Il    singolare  trio   è   composto   da   Ogoun,  The Marassa  e  Oya,  e  suonano  un crossover   anni   novanta   che   tritura   nello   stesso  calderone   Funk,  Hard- Rock, Metal, musica  etnica  e  psichedelia.
Il  look  è  caratterizzato  da   uno  stile   Voo  Doo/ Afro-Punk   di   stampo  lisergico – tribale. Le  liriche  sono  cariche  di  sofferenza e  mettono  in  luce  la   potente  voce  della   cantante    (una   novella   infuriata    Skin   direttamente   dei   tempi  d’ oro  e lontana anni  luce dalla attuale diva patinata da Talent show )   e   trattano  temi  che  vanno   dagli    esorcismi    da   film   horror  alla  schiavitù.  Le   bands  di  riferimento sono  molte, tra  queste  le  principali  Skunk Anansie,  Soulfly, Living Colour e  tutto  il  chiassoso  e  variopinto  carrozzone  del  Crossover/Nu Metal.

POSSESSION

“Possession”  comincia   subito   poderoso  e  non  tradisce  le   aspettative,  si  apre con  “Loa’s Kingdom”  il  Funk  e  il  Rock  più  pesante  si  fondono   in  riff  giganti e drumming  potenti e oppressivi,  che richiamano  alcuni  episodi   degli  Ugly Kid Joe meno  sobri, il  finale  è  articolato  in  crescere  tra cori e assoli di chitarra. Arriva poi la  volta  di  “Bondeye”  altro  ibrido  possente, l’intro  è  percussivo alla maniera dei Puya   ma   ben  presto  la   rabbia  ci  esplode  addosso  in  una  frenetica  corsa  Trash Metal,  “Bloodstones”  aggiunge  poi  altri   colori  alla  tavolozza  sonora  dei  ragazzi di   Londra,  ecco   infatti   una  Ballad  “mid-time”  dai  toni  vagamente  Grunge  alla Staind , il  pezzo  inizia  soffuso  per  poi  crescere  in una struttura tipicamente Rock, fino   a   un’  ecatombe  fatta   di   chitarre   elettriche  e  urla  da  amazzone,  per  poi rispegnersi  dolcemente  e  scomparire, uno  dei  brani  più  a  fuoco.  E’ il turno della cavalcata  Heavy  “Oya”  chitarre  acide  e  basso  groovy  implodono  in un  finale  di stampo  californiano  fatto  da  “stop and go”  continui, “Loko” fa da electro-preludio a  “Legba’s Feast”  un  altro  dei  momenti  che  ho   preferito,  ballata  desertica  che comincia  come  un  risveglio, le  chitarre  dal  sapore indianeggiante si intrecciano in un  mantra,  le   percussioni   ipnotiche  e  convulse  galleggiano  riportandoci  visioni elettriche   (più  o  meno  alterate)   di    “Zeppeliana”   memoria,  il   bridge  è  infatti allucinato, distorto  e  suonato  idealmente  a  migliaia di decibel come farebbero dei Fu Manchu   più   sfasati   e   sordi  che  mai,  si  chiude  con  il  classico  ritornellone Power.  “Possession”,  la   title   track,  è  un   pezzo  interessante  che inizia  con una classica   scorribanda  Trash  nei  sentieri  dell’ Heavy, scavati  nella  roccia  da  gente come  Metallica,  Slayer  e Pantera,  per  poi  cambiare  faccia  e trasformarsi in una prepotente apertura  orchestrale, un  impetuoso crescendo  tra  cori  epici  e tappeti di   archi   e   chitarre   misticheggianti,  come   dei   System of a Down   in  versione operistica. “Mawu”  prosegue le   danze   con   grossi   e scanditi  riff,  il  ritornello   è possente, il  brano  celebra  i Soundgarden  più arroventati e polverosi specialmente nella   sferzata   progressiva  del  finale,  ci   avviamo  verso  la chiusura  con  “Minos Army”  molto  curati gli intrecci vocali, le strutture urticanti  figlie  dei Faith No More a  chiudere  poi, un   sample  vocale   a  tema   razzismo,  in  “Divinity”   troviamo poi un  po’   tutti   gli   ingredienti   del   gruppo,  giri  Hard’n’Heavy, ritornelli  potenti  ma orecchiabili, ritmiche  strangolate,  giri   di   basso  “rimbalzosi”  ma   catacombali,  il tutto  organizzato,  in  questo  caso,  in una  struttura  bizzarra  affine  a Les Claypool e  soci,  la   canzone  si  chiude  in  un  vortice  di  noise,   palm  muting  e  piogge  di rullate  che   svaniscono  sotto  un’ altro  sample  vocale  questa  volta  annegato  nel riverbero.   Chiude  il   lavoro  l’  apocalittica    “Kanpay Rejetè”    qui   il  mood  si  fa inesorabile,  tribaleggiante  e  avvelenato  come  nei   Sepultura   più  dopati,  i bassi sono  distorti e brutali , i  patterns  di   batteria  matematici  disegnano  la geometria del  brano, i  vocals  sono  sofferti e  glaciali, come  in  una  catarsi  dal  dolore, urlati dal  profondo   con   le   ultime   forze   a   disposizione,  ma  sta  finendo   tutto  ed è chiaro  da   subito   perché   le  chitarre  che   si    sgretolano  poco  alla  volta, fino  a  divenire  un’  onda   quadra   enorme  e   primordiale  proveniente  dallo  spazio   più  profondo.
Gruppo  interessante, il  disco suona  molto  bene e i  ragazzi  ci  sanno  davvero fare, in  definitiva   sicuramente  un  bell’ esordio, consigliatissimo  agli  amanti  di  questo genere,  che   ha  già   dato  molto  in   passato,  certamente   dargli  nuova  linfa  non è   un   compito   semplice,  la  vicinanza  vocale  con  Skin  poi,  da  si  grande  enfasi alle   composizioni   ma   in   qualche   modo   contribuisce   ulteriormente all’effetto deja   vu.   Detto    questo   la   sostanza   c’ è    e   vedremo    in   futuro   che   strada prenderanno, sicuramente  da   tenere   d’ occhio!

Vodun – Possession (2016) – Riff Raff Records
1.”Loa’s kingdom”
2.”Bondeye”
3.”Bloodstones”
4.”Oya”
5.”Loko”
6.”Legba’s Feast”
7.”Possession”
8.”Mawu”
9.”Minos Army”
10.”Divinity”
11.”Kanpay Rejetè”