A rainy night in Soho – Nick Cave

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(c) Sonia Golemme

 

Piove, cazzo.

Mentre sono seduto sotto un enorme albero mi sembra di guardare il mondo da una bolla, di esser fuori e dentro. O di non esserci affatto. Seduto sotto quest’albero senza nessun altro intorno. O poco altro. Due ragazzini abbracciati e infreddoliti sotto l’arco qui di fronte a me. Un ubriacone con una bottiglia di whisky in mano, sdraiato su una delle panchine di legno vicino all’ingresso. Alcuni persone ben vestite ben truccate che transitano di corsa per cercare riparo in un piovoso venerdì a Soho.

Dall’altra parte del mondo, di un mondo non troppo lontano da qui, non piove e non fa freddo. È solo un venerdì di una nuova vita, di nuove parole, di nuovi abbracci. Finalmente di nuovi abbracci, non persi in uno spazio che oscilla tra quello che non c’è e quello che non ci può essere. Un sorso alla vita e uno al mio stomaco che trema. Piove incessantemente, come un sollievo, come una sorta di amorevole compassione da parte di qualcuno, lassù. La coppietta se ne va, ha deciso che vale la pena prendere un po’ d’acqua, quantomeno per avere scusa per togliersi i vestiti. Una scusa buona quanto quella dell’essere ubriachi.

Che poi è quel che sono io, mi sa.

E mi ritorna in mente quel sogno, a casa di Paolo, appena andato via dalla mia città, quello in cui tu mi dicevi di venirti a trovare qui.

Gira un po’ tutto, gli alberi diventano dame e cavalieri e danzano.

Sembra di sentire i Pogues, Shane che sorride mesto e canta all’amore.

Al dolore.

Alla gioia.

Alla tristezza.

E poi Nick Cave e il suo piano e quella voce straziante e meravigliosa.

E dovrebbe dirtelo lui, il buon vecchio Re Inchiostro, l’unico vero Re dell’anima.

Che sei tu la misura dei tuoi sogni, delle tue speranze, dei tuoi desideri.

E ora che le campane suonano e accompagnano il canto, ora sì posso abbandonarmi al silenzio delle mie lacrime, al pensiero di questa piovosa notte di Soho.

Ma Londra non doveva essere così.

Non lo era nelle mie speranze né nei ricordi di un viaggio da ragazzino.

Londra è un sogno di un’estate lontana in cui eravamo tutti insieme a godere di una notte stellata. C’eravamo io e Leo e Leila e Paolo e tanti altri, c’erano Giulio Casale e Paolo Benvegnù con le chitarre, Emidio Clementi al basso e Manuel alla voce. E c’era Lindo Ferretti a officiare messa davanti a una platea di freak e artisti di strada.

E domani è un altro giorno, sì ma un altro giorno e basta.

Non è diverso e non cambia niente.

 

IL BRANO

Si, il brano originale è un brano dei Pogues ma la versione cantata da Nick Cave è  da strapparsi il cuore. In una notte di pioggia ovviamente