PIPERS: “ALTERNAÏF”

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Non ci sono molte altre realtà nel nostro Paese che negli anni hanno mantenuto una coerenza di percorso come i Pipers.
La band, formata oggi dai due membri fondatori Stefano De Stefano e Stefano Bruno, ha fatto di un suono brit – debitamente variato e in evoluzione disco dopo disco – la propria cifra stilistica, evitando sempre di inseguire le mode del momento ma preoccupandosi invece di concretizzare al meglio l’urgenza di esprimersi.

Così accade nel nuovo disco “Alternaïf”, che sarà disponibile dal prossimo 21 ottobre e segna il trend di nuove uscite della label Bulbart dopo un relativo periodo di silenzio. Il terzo disco dei Pipers raccoglie dieci tracce di cantautorato folk-pop in inglese discostandosi in parte dagli umori tipicamente d’Albione del passato, per guardare anche a scenari americani.

In questo senso “Alternaïf” – lavoro per la prima volta interamente prodotto e mixato dal gruppo – è un disco più equilibrato, che fa trasparire una diversa e più ampia serie di ascolti rappresentando una sorta di punto di arrivo (ma anche di ripartenza) di quelli che furono i due lavori precedenti: “No one but us (2009)”, orientato verso il britpop, e “Juliet Grove” (2014), che nel suo aprirsi ad un suono più multiforme raccoglieva i favori di NME con il singolo “Ask me for a cigarette” – e di Virgin Radio grazie a “Steve Lamacq“.

In “Alternaïf” invece i Pipers mescolano molti suoni acustici con un filo di elettronica e diversi sintetizzatori a svecchiare un amore per il folk da sempre dichiarato. Il loro è un muoversi ispirato ed emotivo fra le due sponde dell’Atlantico, con un occhio di riguardo alle ultime generazioni di songwriters anglofoni e riportando in dono canzoni preziose e malinconicamente belle come parchi in autunno. Lungo queste prospettive, il titolo del disco rappresenta al meglio l’approccio alla musica che i Pipers hanno sempre avuto: non impostato, ma spontaneo, e alternativo com’è alternativa la scelta di chi, nello scrivere canzoni, decide di puntare sulla sincerità e in un certo senso sull’ingenuità. Naïf appunto.

È partendo da questo mood che i Pipers inanellano una dietro l’altra una serie di tracce contraddistinte da ricami di chitarre, voci crepuscolari, qualche mandolino al trotto, qualche armonica e una manciata di splendide tessiture d’archi a scontornare le melodie. Elementi questi che alimentano brani giocati su variazioni di un canone folk che si fa soffuso e crepuscolare, oppure si irrobustisce di groove radio friendly in pop-ballad condotte con maestria, o ancora vibra di istanti incantevoli quasi fossero quei raggi verdi che emergono magicamente sul confine fra giorno e notte in un tramonto.

A rappresentare tutto ciò il primo singolo “Follow the Flow” (accompagnato da un videoclip presto in uscita), un invito a seguire l’istinto vera linfa della vita, e allo stesso in tutte le altre tracce di un disco che nel raccontare vicissitudini e rinascite vissute da molti ribadisce tutta la forza espressiva dei Pipers. Artigiani folk-pop intrisi d’intensa autenticità

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