A cura di Lorenzo D’Antoni
Il Conte Biagio probabilmente è uno dei pochi cantautori che fa parte della squadra “indie” ma che non sposa affatto lo stile di una musica artefatta e di plastica.
Le sue canzoni sono per tutti, parlano di quotidianità ma con stile e classe, ironicamente e dolcemente. Ho seguito l’ultima tappa del suo “Super Social tour” il dieci giugno a Catania. Il concerto è stato davvero strepitoso. In tanti, ragazzi e ragazze che già conoscevano la sua musica o anche solo semplici passanti e curiosi hanno affollato la piazza davanti al McDonalds dove “Il Conte” si è esibito.
I suoi pezzi, solo apparentemente facili-facili, il suo modo di porsi un po’ naïf, hanno regalato sorrisi e buona musica in una sorta di festa di inizio estate.
Incuriosito e affascinato da questo personaggio, e non solo dalla sua musica, non ho voluto perdere l’occasione di intervistarlo…
Ne è valsa sicuramente la pena!
Come e quando nasce il tuo progetto?
Nasce un paio d’anni fa, subito dopo l’esperienza romana con “Biagio Conte & i Maggiordomi”. Volevo continuare a far parte di quel mondo fatto di divertimento e di apparente nobiltà. Biagio Conte era un nome troppo ingombrante, reggere il confronto con Paolo Conte praticamente impossibile. Così, distogliendo dalle mie presunte capacità musicali, ho voluto giocare sulla (anche qui presunta) simpatia e sono diventato “il Conte Biagio”.
Quali sono le influenze musicali che ti hanno portato a concepire il cantautorato nel tuo personalissimo modo?
Oltre la musica ascoltata nei dischi, devo molto ad artisti che ho avuto il piacere di incontrare di persona.
Devo molto ai Ratti della Sabina. Grazie al loro folk rock fulminante sono riuscito ad abbattere il pregiudizio che avevo verso la musica popolare. Roberto Billi (il fondatore dei Ratti) nel corso degli anni è diventato il mio fratello maggiore, è nata una grande amicizia e una bella intesa musicale, lo scorso anno mi ha voluto in apertura al suo concerto a Villa Ada a Roma. Grazie a lui sono finito a suonare su uno dei palchi più prestigiosi d’Italia. Tanto per dire, qualche settimana prima su quel palco aveva messo piede Alan Parson (storico produttore dei Pink Floyd). Roba da non crederci.
Determinante poi, soprattutto nella scrittura dell’ultimo disco, è stato l’incontro con Francesco di Bella (24Grana). Mi ha aperto nuovi mondi riguardo la canzone d’autore e mi ha sempre motivato a tenere vivo il “processo creativo”
A Dj Roborock devo invece il mio amore per il rock’n’roll, twist e la canzone italiana anni 60, alla Edoardo Vianello per intenderci. Andavamo spesso a suonare insieme, dopo di me attaccava lui con i dischi anni 60, e da allora, complice probabilmente anche il tasso alcolico di quelle serate, quel ritmo ora non mi esce più dalla testa. I Beatles hanno fatto il resto.
Sei molto attivo nei social, come ti relazioni con questo nuovo modo di promuoversi?
Cerco di fare cose diverse dall’ordinario. Noto che la gente scrolla sui cellulari all’infinito alla ricerca di qualcosa che attiri l’attenzione. Oggi è sempre più difficile riuscire a incuriosire evitando di cadere nel trash. Io ci provo e nel frattempo mi diverto un sacco.
Ci parli del tuo ultimo tour?
Il Super Social Tour!
Avevo in mente questa idea di suonare per strada nelle città d’Italia e di documentare il tutto pubblicando ogni sera un video su Facebook. Insomma, sfruttare questa maledetta tecnologia che ci divide per suonare nelle piazze e incontrare nuove persone. Il tutto ha presto forma quando sono stato contattato da Musicraiser. Abbiamo messo su una campagna di raccolta fondi e in meno di un mese tutto è diventato realtà grazie ai miei fan che, acquistando le t-shirt e i miei cd hanno, finanziato questa impresa.
Avevo sottovalutato lo sforzo fisico e i pesi (l’amplificatore, la valigia, la chitarra) e così il primo giorno mi sono fatto prendere dallo sconforto. Poi, però, non ho più avuto più il tempo di pensarci e mi sono vissuto questa esperienza senza riserve. Dormendo poche ore a notte, prendendo svariati treni, autobus, sbagliando strada, conoscendo gente da tutto il mondo, ritrovandomi a feste con sconosciuti, cantando e suonando le mie canzoni per strada, nei treni, negli ostelli, nelle piazze.
Ho incontrato tanta gente che mi diceva: “Grande, Conte! E la prossima tappa dove?”. Sembrava di conoscerli tutti.
Sono tornato dopo dieci giorni con gli occhi che mi facevano male e incapace di realizzare pienamente il fatto che tutto questo sia veramente accaduto. Mi sembra strano perché nella vita di tutti i giorni, soprattutto quando non c’è di mezzo la musica, sono una persona abbastanza asociale.
Ancora ora faccio fatica a crederci. Davvero, un affetto da parte di tutti fuori dall’ immaginabile, tanti di quelli incontrati durante il tour mi scrivono tutt’ora.
Sono tornato a casa con più di 500 video (girati dai passanti, ero da solo a viaggiare), il mio socio Angelo Cariello de “La Balena” li ha messi insieme e ha montato il videoclip di “UP TO YOU”, così quando avrò nostalgia di questa esperienza mi basterà andare su Youtube!
Quale tappa del tour ti ha lasciato qualcosa in più rispetto alle altre?
Di sicuro Catania, oltre ed essere stata l’ultima data è stata anche quella dove l’affetto del pubblico mi ha sorpreso maggiormente. Ho improvvisato un concerto davanti al McDonalds e l’attenzione verso la mia musica, soprattutto da parte dei tantissimi ragazzi presenti, mi ha lasciato senza parole. Non volevano lasciarmi andar via. Anche la tappa di Napoli, quella più vicina a casa mia, comunque, è stata un po’ più bella delle altre.
Tra social e busker, hai già in mente nuovo materiale per il prossimo disco?
Potrebbe essere un buon titolo tra “tra i social e la strada”. Sto iniziando a scrivere nuovi brani, canzoni che inevitabilmente stanno risentendo di tutto ciò che mi sta capitando di vivere in questi ultimi mesi.
Progetti per il futuro?
Continuare a fare musica!
di +o- POP