Tutto e niente – il live report del concerto di MARK EITZEL a Livorno

A cura di Marlene Chiti

Mark Eitzel è un musicista che gode di enorme considerazione critica per le sue capacità di paroliere, a un tempo crudo e sensibile, ma di alterne fortune presso il pubblico, appassionato e fedele ma mai troppo folto. Note sono anche le sue esibizioni dal vivo, viscerali ma umorali, inframmezzate da racconti di vita vissuta e, talvolta, voglia di fuggire dal palco. Quella, intima, dell’Ex Cinema Aurora di Livorno parrebbe essere la dimensione ideale per sperare in una serata dalla buona riuscita.

Sono quasi le 23 del 21 Ottobre quando la band sfila in mezzo al pubblico e raggiunge il palco attaccando subito il pezzo introduttivo, What The Pillar Of Salt Held Up,  per poi scivolare velocemente verso il secondo, in cui Eitzel lascia la chitarra per offrire un’interpretazione davvero coinvolgente di What Holds The World Together, suscitando  la reazione entusiastica degli astanti.

La scaletta spazia a coprire gran parte della sua lunga carriera, con generosi ripescaggi dal repertorio degli American Music Club, che costituiranno una buona metà del totale dei pezzi eseguiti, e dai numerosi album solisti.
Presentando Nothing And Everything, il primo pezzo dall’ultimo lavoro Hey Mr Ferryman, racconta di come il fascismo sia argomento frequentemente discusso dalla band e di come, a loro parere, nasca  laddove gli uomini usino trattare senza rispetto le donne

“And because you love him/ You’re the punching bag/ He’s just a big child/ It’s just a game of tag” .

Descrive anche un’intervista telefonica con un giornalista portoghese che, ubriachissimo, gli ha posto domande indisponenti e afferma di essersi reso conto di quanto sia vano sprecare energie polemizzando con certi personaggi:

“ I told him well I guess in my role/ As a professional singer and ham/ Instead of a cane I’ve got a broken soul/ And it’s with the deaf and dumb I stand…When you look at me/ I look away”,

canta in  In My Role As A Professional Singer and Ham, ancora da Hey Mr Ferryman.

Poi provoca il pubblico: “Se davvero amate questa canzone, odierete questa versione, perché ne ho stravolto l’arrangiamento”  ed esegue Why Won’t You Stay  da Everclear, il più noto degli album degli American Music Club.

Fra una canzone e l’altra, combatte con una chitarra che non lo soddisfa, perde e ritrova il plettro, ringrazia chi l’ha voluto ad esibirsi e l’ha ospitato “come se ne valesse la pena”, invita il tastierista a raccontare una barzelletta che lascia tutti perplessi e annuncia l’ultimo pezzo, salvo poi affermare che: “Non è davvero l’ultimo pezzo, ma vorrei che lo fosse”.

Il finale è ancora dedicato a due canzoni degli American Music Club, Johnny Mathis’ Feet e Jesus’ Hands. E, sebbene si sia inizialmente schermito affermando che hanno avuto solo due giorni di prove a disposizione prima di imbarcarsi in questo tour, l’ultimo brano, quello vero, è una Western Sky richiesta, con discreta faccia tosta e non troppa grazia, da uno spettatore.

Nel complesso, si è trattato di un buon concerto, dalla durata non eccessiva ma con alcuni picchi emotivi che hanno scatenato una risposta adeguata e, immagino, appagante, dei presenti.

 

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