Tutte le cose inutili: il nuovo disco è una scommessa vinta

Di: Serena Coletti

 

Tutte le cose inutili

“Non ti preoccupare”

 (Black Candy Records)

 

TRACKLIST

1 .  Millenovecentonovantotto
2 .  Come un faro
3 .  Ho paura dei giorni
4 .  Luce e notte fonda
5 .  Questa città è bella 
6 .  E partono i treni
7 .  Opere sinfoniche
8 .  Va tutto bene
9 .  Vammi a fondo

 

“Mi hanno detto dai, non ti preoccupare, da questa storia avrai una liquidazione”

Inizia così l’ultimo disco del duo toscano Tutte Le Cose Inutili, uscito lo scorso 26 Gennaio proprio con il titolo “Non ti preoccupare”, chiarendo da subito il cambiamento netto che c’è stato a partire dal loro lavoro precedente, “Dovremmo essere sempre così” che descriveva con toni idealizzati e quasi sognanti la loro vita in tour tra i locali underground d’Italia. Ora, infatti, i due musicisti, forti di tre anni di crescita personale, affrontano la realtà che non gli permette più di fingersi ingenuamente disinteressati, tanto che forse questo titolo, così rassicurante, è rivolto a loro stessi prima ancora che agli ascoltatori. Artisticamente parlando, infatti, crescere vuol dire migliorare, ma perché ciò accada bisogna avere la forza di superare le difficoltà e trasformarle in creatività, di trarre dai momenti peggiori qualcosa di buono da usare come bastone per aiutarsi ad attraversarli.

“Farti rinascere per dare dei nomi ai giorni, per possederli nel buio, e poi il giorno dopo lo chiamiamo sempre domani. Ho paura dei giorni e non li chiamo più per nome”

La ripercussione nella musica di questa acquisita maturità è evidente sin dal primo pezzo, “Millenovecentonovantotto”, nel quale si nota innanzitutto un grande passo avanti fatto nella composizione. Se infatti, negli album precedenti, la parte strumentale sembrava quasi relegata a una mera funzione di accompagnamento di un reading poetico, ora si fa veicolo principale per la trasmissione delle emozioni, grazie alla capacità di Leonardo Sanzo e Francesco Meucci di esprimere una varietà di sentimenti impressionante solo una chitarra e una batteria. Si passa così a toni più acustici e delicati, inediti per il duo, che definisce la propria musica “cantautorato punk”, che caratterizzano brani quali “Come un faro”, per poi tornare a graffiare e sporcarsi di polvere nella canzone successiva, “Ho paura dei giorni”, portando all’ascolto una nuova ondata crescente di carica che culminerà poi nel loop in climax di “Luce e notte fonda”.

Anche i testi esprimono senza dubbio una crescita, tanto che in pezzi come “Questa città è bella” il duo si permette uno sguardo quasi distaccato rivolto al passato, al luogo che è stato non solo sfondo, ma anche personaggio importante della loro adolescenza. Questo non li costringe però a perdere la capacità di raccontare la vita con immagini originali e sempre efficaci nel colpire l’ascoltatore, con quella sensibilità poetica verso i particolari che è il segno distintivo della loro scrittura.

“Quello che ti perdi ogni cinque secondi quando chiudi per un attimo gli occhi, una promessa che abbiamo mantenuto su tutte quelle fatte. E partono i treni nella nebbia, le traiettorie delle rotaie, che sono quelle e quelle sempre saranno”

La vera scommessa vinta dal duo è infatti proprio quella di dimostrare quanto la bravura riesca a risaltare anche se accompagnata dalla semplicità. L’intero disco infatti, è stato realizzato con il contributo di poche persone, affidando la grafica al batterista, Francesco Meucci. La registrazione è in presa diretta, dando quindi ai due strumenti e alle due voci la possibilità di portare avanti un costante dialogo, incalzandosi a vicenda, mantenendo però una perfetta sintonia e organicità.

“Quando nel meccanismo che ti fa fare i sorrisi si inceppa qualcosa, mi basterebbe sentirti dire che va tutto bene, che va davvero tutto bene”

 

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