Gli Afterhours incendiano Assago e si consegnano alla storia del rock italiano

Di: Renata Rossi

Foto: Simona Luchini

© Simona Luchini

Un compleanno importante quello degli Afterhours: trent’anni di carriera, una longevità artistica che merita celebrazioni e festeggiamenti… E allora, che festa sia!

Il super-party, iniziato quest’estate col tour Afterhours #30 e la raccolta “Foto di pura gioia”, contenente ben 76 tracce, è terminato alla grande con un’unica attesissima data, quella del 10 aprile al Forum di Assago e un sold-out annunciato con 11000 presenze. C’è da dire che Manuel Agnelli non è nuovo alle autocelebrazioni. Basti pensare al tour commemorativo di “Hai paura del buio?“, album che è stato riconosciuto come pietra miliare della musica rock italiana, ricca di inni generazionali, di suoni in pieno stile anni ’90, sicuramente responsabile dell’ispirazione e talvolta della vera e propria nascita di diverse band. Agnelli è stato sempre attento e abile nel porre una lente d’ingrandimento sulla sua band riuscendo anche a sfruttare al meglio l’opportunità di essere giudice di un talent televisivo. Ma il concerto di Assago è stato qualcosa di diverso, di definitivo. Potrei utilizzare una frase più volte utilizzata da Manuel a proposito della sua vita e dell’ ultimo album degli After, “Folfiri o Folfox“, e parlare di cerchi che si chiudono e di cerchi che si aprono. Definire memorabile il concerto del Mediolanum Forum è quasi riduttivo: la lunga, intensa e travolgente cavalcata attraverso la loro storia, il turbinio di emozioni che ha investito pubblico e musicisti sul palco è stato un vero trionfo, in primis per il leader della band ma anche quello di tutti i musicisti, assenti inclusi, i quali hanno contribuito a scrivere una pagina indimenticabile della storia del rock indipendente italiano.

Quello che è certo è che Agnelli e la sua band riusciranno a far parlare di sé anche in futuro e a sorprenderci ancora.

 

© Simona Luchini

 

 

 

© Simona Luchini
© Simona Luchini

L’apertura del concerto, l’onore e l’onere di scaldare un pubblico in trepidante attesa è stata concessa ai gruppi affidati al giudice Agnelli durante X-Factor: spazio dunque all’electropop di Sem&Stènn   e al power pop dei ROS.
Il breve set dei primi, partito in notevole ritardo a causa di un problema tecnico, è stato un vero rave party condotto alla massima velocità: il duo ha letteralmente tirato dentro il pubblico con una performance intensa e coinvolgente, dimostrando, se riusciranno a intraprendere un percorso di maturazione che li allontani dal derivatismo di oggi, di poter offrire una proposta musicale per nulla banale.

 

I ROS presentano un set infuocato, confermando quanto di buono avevano mostrato durante la partecipazione al Controradio Rock Contest di un paio di anni fa e che la partecipazione al talent di Sky ha solo messo meglio a fuoco, dando maggiore compattezza al loro suono, malgrado i testi non siano ancora pienamente convincenti. Killing in the name  (cover dei Rage Against the Machine) e Rumore, il pezzo inedito portato a X-Factor, sono i brani più convincenti della band.

 

 

 

 

Prima che tutto abbia inizio, prima di rivedere sul palco i tanti musicisti che negli anni hanno fatto parte delle diverse formazioni degli Afterhours, mi sono passate davanti tante immagini dei concerti vissuti sotto il palco della band italiana che più di altre ha influito sulla mia crescita musicale, tanti viaggi intrapresi solo per poter assistere ad un loro spettacolo, le corse per accaparrarmi un posto in transenna, i tanti incontri.

 

© Simona Luchini

 

E se gli Afterhours ancora oggi sono la band italiana più importante, tanto è dovuto ai musicisti che ne fanno parte. In primis Rodrigo D’Erasmo, geniale polistrumentista e braccio destro di Agnelli nel talent X-Factor e Roberto Dell’Era bassista e seconda voce, il vero spirito glam del gruppo che ha parallelamente a quella con la band una sua carriera solista. Che dire di Xabier Iriondo, il chitarrista tornato da qualche anno con gli After capace di dare un tocco sperimentale e creativo al sound dei brani. Ancora, Fabio Rondanini, batterista dei Calibro 35 che nel 2015 ha sostituito, senza mai farlo rimpiangere, il batterista storico Giorgio Prette. Infine l’altro chitarrista, Stefano Pilia, “strappato” nientepopodimeno che ai Massimo Volume.

 

© Simona Luchini

 

Tracklist (part one)

“Dentro Marilyn”
“Strategie”
“Germi”
“Ossigeno”
“Il sangue di Giuda”
“Padania”
“Non voglio ritrovare il tuo nome”
“Cetuximab”
“Grande”
“Folfiri o Folfox”
“Ballata per la mia piccola iena” (con Giorgio Prette)
“La sottile linea bianca” (con Giorgio Prette)
“San Miguel”
“Il mio popolo si fa”
“Pelle”

 

È con la formazione attuale che la band inizia lo spettacolo e, tra le ovazioni e l’incredulità del pubblico, Agnelli intona Dentro Marylin, brano livido e intenso scelto non a caso dalla grande Mina per una cover. Si continua con la travolgente Strategie, mentre Germi e Ossigeno chiudono la parantesi iniziale dello spettacolo che ha come protagonista il primo album scritto in italiano. Il sangue di Giuda gioca ancora sulle emozioni e sul cuore dei fan, mentre una trascinante Padania, ci accompagna al capitolo Folfiri o Folfox, ultimo album dei nostri. L’anima sperimentale e di ricerca sonora del disco escono al meglio dal vivo, e i testi, toccanti e intimi come mai prima, parlano del vissuto di Agnelli, affrontano temi difficili come quelli della malattia e della morte riuscendo tuttavia a rivolgersi direttamente all’ascoltatore, emozionando e coivolgendo soprattutto in versione live. E allora, se Grande tocca le corde più profonde della nostra anima, San Miguel è quanto di più tortuoso ed estremo abbiano mai pubblicato i nostri mentre Folfiri o Folfox, mostra un Manuel scatenato in un ballo ipnotico.

Questo è il momento della prima sorpresa: alla batteria non c’è più Fabio Rondanini, ma Giorgio Prette che si presenta indossando una maglietta rossa dei Ritmo Tribale. Giorgio, emozionato e felice come un bambino, si comporta come un fan sotto il palco e urla oltre che picchiare forte con le bacchette Ballata per la mia piccola iena e La sottile linea bianca. Con Pelle, e qui sono sicura che gran parte del pubblico si sia lasciato andare a un pianto commosso, suonata come sempre al piano da Manuel, si chiude la prima parte dello show.

 

© Simona Luchini

 

Tracklist (part two)
“La vedova bianca”
“Riprendere Berlino”
“Quello che non c’è”

 

La seconda parte, più breve, inizia con La vedova bianca, accompagnata dal clapping degli 11000 del Forum. Riprendere Berlino, unica canzone estratta da I Milanesi ammazzano il sabato e un’intensissima Quello che non c’è, un must di ogni live degli Afterhours, chiudono questa breve parte dello show.

 

© Simona Luchini

 

 

Tracklist (part three)
(Andrea Viti, Dario Ciffo Giorgio Prette)

“Terrorswing”
“Male di miele”
“Rapace”
“1.9.9.6.”
“Lasciami leccare l’adrenalina”
“Dea”
“Voglio una pelle splendida”

 

Cosa rappresentano quelle maschere di Pluto con le quali gli Afterhours risalgono sul palco? Le ricorderanno i fan di vecchia data della band, ma nessuno, prima che i ragazzi se la togliessero, avrebbe immaginato che sotto le maschere si nascondessero i volti di Andrea Viti, Dario Ciffo, Giorgio Prette che con Agnelli e Iriondo facevano parte della formazione di “Hai paura del buio?”. I brividi salgono fino alla schiena quando Manuel con simpatici siparietti presenta ciascun musicista.
Un po’ di storia narrata al momento di cantare 1.9.9.6., Annus Horribilis per Manuel, salvo poi dimostrarsi un momento di svolta per la sua carriera artistica, lascia lo spazio all’energia punk di “Lasciami leccare l’adrenalina” e “Dea” e al pop della splendida ballata “Voglio una pelle splendida”.

 

Tracklist (part four)
(Cesare Malfatti, Paolo Mauri, Lorenzo Olgiati e Alessandro Pelizzari)

“My bit boy”
“Love on saturday night”
“How we divide our soul”
“Inside Marilyn three times”

 

Ci si stropiccia gli occhi…Sono o non sono loro? I megaschermi aiutano chi è seduto sugli spalti a ritrovare una “nuova” formazione sul palco, quella che alla fine degli anni ’80 aveva dato inizio alla splendida avventura targata Afterhours, la band che ancora pubblicava in inglese, quella che solo pochi fortunati hanno avuto l’occasione di veder suonare insieme. Si tratta o no di un tour celebrativo? Vogliamo “far commuovere” i fan nostalgici? Dopo le maschere di Pluto il buon Manuel si presenta con la maglietta dei Looney Tunes e un baschetto rosso come ai tempi delle prime apparizioni e del 45 giri “My bit boy“.

 

© Simona Luchini

 

Tracklist (part five)
“Bianca”
“Non è per sempre”

 

Volevamo vedere gli After al forum e mi sa che l’unico modo che abbiamo è questo…

Un ironico Manuel all’improvviso si affaccia dagli spalti del terzo anello del Forum e si mischia al pubblico insieme ai suoi musicisti. Stasera niente appare impossibile al gruppo milanese, tutto diventa reale e magico. Seppure con evidenti problemi tecnici, gli Afterhours suonano due brani, due classici del loro repertorio, in una grande festa da condividere col pubblico.

E così, dopo quasi tre ore di musica si arriva al termine del concerto e, citando un’altra canzone degli After, “è la fine la più importante”…

 

Tracklist (part six)
“La verità che ricordavo”
“Bye bye bombay”
“Ci sono molti modi”

 

La verità che ricordavo, con balletto e petto in bella vista di Agnelli, apre l’ultima parte dello show. Una comunicazione forte in ogni brano caratterizza i nostri ma Bye bye Bombay va oltre, il suo testo è scolpito nel cuore di centinaia di loro fan che ancora una volta scatenati urlano a gran voce

“Io non tremo, è solo un po’ di me che se ne va

Siamo all’apoteosi.
Se l’amore è una patologia, come credono tanti di noi che hanno vissuto in maniera forte e difficile questo sentimento, la chiusa con “Ci sono molti modi” è di quelle che ti restano dentro come una pugnalata al cuore.

 

Non sai, non sai che l’Amore è una patologia
saprò come estirparla via

torneremo a scorrere…torneremo a scorrere…

Il concerto termina così, tutti gli artisti intervenuti salgono sul palco per i saluti finali, i ringraziamenti, la commozione e le lacrime. Gli abbracci tra Manuel e  i musicisti diventano un unico abbraccio collettivo che avvolge tutto il pubblico presente che, ne siamo certi, un concerto così non lo dimenticherà mai!

 

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