A cura di Renata Rossi
Nove settembre 1998. Una delle tante estati della mia gioventù volge al termine. Ma quella del ’98 non è per me un’estate come le altre, è quella in cui Lucio Battisti c’ha abbandonato, il cantautore preferito di mio padre, dei suoi amici, dei miei cugini e anche il mio. Mi trovo ancora a Dipignano, il paese in collina in cui ho sempre trascorso parte delle mie vacanze, quando, all’improvviso, la televisione ci informa che Lucio è stato stroncato da un cancro al fegato. Papà è sconvolto, a me prende una sensazione di vuoto e di perdita, come se ad andare via fosse un amico.
Battisti è stato il cantante che mi metteva in pace con mio padre che amava strimpellare le canzoni dei cantautori italiani anni ’60-’70. A me gli altri non piacevano, non allora almeno, ma Battisti si, il suo timbro così particolare, nasale, lo amavo, la malinconia che trasmetteva la sua musica catturava la mia anima ancor prima che capissi il significato di quelle sensazioni, negli anni in cui la mia esistenza non conosceva ombre, ma solo colori. I testi del primo periodo, quello con Mogol e interpretati da Lucio in modo unico sono entrati nella vita di chiunque di noi. Non esisteva nessun altro capace di dipingere meglio di storie d’amore, tradimenti, coivolgimenti emotivi e passioni. E se molte delle canzoni di Lucio le consideriamo magiche è perché nel corso delle nostre vite le abbiamo dedicate alle persone che abbiamo amato, hanno descritto le nostre paure davanti ad una storia appena nata o ci ricordano semplicemente le feste tra amici, i canti e le chitarre. Ma ciò che è probabilmente il punto di forza della sua musica sono i suoni che rendono alcuni dei suoi brani senza tempo, attuali ancora oggi; Battisti non ha avuto paura di sperimentare e osare, basti pensare a uno dei suoi capolavori, Anima Latina del ’74, album complesso e lieve come la sua copertina.
Si, riappropriamoci dei suoi album e di quella immagine: niente di più di quella copertina parla di bellezza, di vita e di un’epoca, che sembra così lontana in tutto, nella spensieratezza, nei giochi senza internet e i social, nella musica.
di +o- POP