WAYNE HUSSEY o della caduta degli Dei – Live @ Caracol, Pisa

A cura di Marlene Chiti

 

WAYNE HUSSEY

CIRCOLO CARACOL, PISA 11/10/2019

Cosa induca della gente a spendere della preziosa moneta per andare ad un concerto per poi passare il tempo a raccontarsi con quanti tizi sia andata a letto Teodora per superare tre esami in un mese, quanto scopi ora in Germania quello sfigato di Francesco che in patria non la vedeva manco col lumicino nonché la favolosa ricetta delle polpette di zia Cettina, il tutto condito da fragorose risate a volume fuori scala, rimane per me un insondabile mistero.
Dieci euro per farvi i cazzi vostri come neanche al pubbino sotto casa quando suona la cover band scalcinata di vostro cugino e non un musicista che si suppone vi desti un minimo di curiosità o interesse, dato che avete pagato per ascoltarlo.
Detto questo, in certe situazioni il musicista scafato tira fuori la grinta e si conquista l’attenzione con la forza della sua interpretazione oppure tira a finire la serata con mestiere, sperando vada meglio la data seguente.


La serata di Hussey al redivivo Circolo Caracol di Pisa, erede in altra location di un’esperienza che aveva portato anni addietro in città ottime proposte musicali, parte bene. L’apertura con I’m Fallin’ Again, la buona accoglienza da un pubblico non particolarmente numeroso ma, pare, molto ben disposto, Wayne rilassato, ciarliero, invecchiato nell’aspetto oltre i suoi 61 anni, gambe magrissime, ma non nella voce che è ancora capace di usare con maestria. Quella di questa sera fa parte di una serie di date in solo per presentare Salad Daze, autobiografia dell’icona goth rock uscita pochi mesi fa ed ha una scaletta che ripropone brani dei The Mission, ottima la resa di Wasteland, e cover di pezzi amati dal musicista come Mr. Pleasant dei Kinks, Hurt dei NIN o Dancing Barefoot di Patti Smith. E forse qui scatta l’equivoco ma seppur Hussey si conceda molte cover è pur sempre un artista di passata fama, un nome pesante della scena goth anni ottanta novanta che non gradisce sentirsi parlare sopra mentre esegue pezzi come Naked and Savage al piano e lo mette in chiaro quando si alza per tornare alla chitarra, che non abbandonerà più per il resto della serata, sostenendone il suono con un uso di basi forse eccessivo.
Porta a termine il set in maniera professionale, anche grintosa, concede un bis, ma dopo l’episodio summenzionato qualcosa nell’atmosfera si è guastato, non cerca più tanto il colloquio con gli astanti, non ne soddisfa le richieste mentre nelle fase precedente aveva esplicitamente chiesto se ci fossero brani graditi, smette di raccontare aneddoti e tira dritto per concludere il concerto che comunque ha portato avanti per tutte le due ore preventivate.

Ad aprire per Hussey, in questa come nelle altre date di questo tour europeo, è Ashton Nyte, musicista sudafricano dietro alla band goth alternative The Awakening, che si è fatto apprezzare per poco più di mezz’ora in una versione solista e acustica anche più interessante nella resa delle originali versioni da studio.

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