[CINEMATIC] #04 – Febbraio ‘23 LA VITA BUGIARDA DEGLI ADULTI

A cura di Mattia Salvadori

CINEMATIC #04 – Febbraio ‘23
LA VITA BUGIARDA DEGLI ADULTI

 

Sarà la ritrovata moda per gli anni ‘90, sarà quella Napoli-cinematic dai colori retrò che con Gomorra, Sorrentino, Liberato&Lettieri è prepotentemente tornata ad essere riconoscibile e unica, ma questa serie Netflix ha avuto un discreto appeal. Giovanna, la protagonista, semisconosciuta, con un’estetica particolare (soprattutto per quegli anni e in quella città) che aiuta lo spettatore a immedesimarsi in lei. Un Preziosi che si svincola più che bene dall’effetto fiction Rai. Una Golino che è totalmente nel ruolo della “zia pazzerella”, ma così interessante agli occhi di una 13enne. Che poi alla fine il vero pazzo/a chi è?!

Enzo Avitabile cura le musiche originali e sceglie i brani già editi per la soundtrack. Quest’ultimo lavoro evidenzia uno spaccato di cosa avrebbe potuto/voluto ascoltare un adolescente di quella estrazione. Secondo me è proprio questo il punto focale del rapporto audiovisivo di questa serie. Ci sono dentro i Massive Attack, i Morphine, gli Almamegretta, i 99 Posse, a evidenziare l’importante quota di elettronica/pop dal sapore internazionale, da cui ovviamente hanno poi attinto gli italiani. Magari erano pure i primi esempi di quel genere un po’ di rottura che stava iniziando ad essere fruibile anche da noi. Magari era figo sentire pure un genere così fresco nel tuo dialetto e che si sarebbe espanso a macchia d’olio da lì a poco. Sì, questa visione musicalmente futurista degli anni ‘90 gliela invidio un sacco ai napoletani.

Poi ci sono tracce che fanno da collegamento intergenerazionale (vedi rapporto genitori-figli), che quando partono mettono tutti un po’ d’accordo. Peppino Di Capri e Rosa Balistreri su tutti. Onesto, ho conosciuto “Cu ti lu dissi” (di Rosa Balistreri appunto) soltanto poche settimane prima grazie a Paola Bivona (che come gli ho detto, poteva essere la music supervisor della serie!). Comunque, la sensazione di strazio, di nodo in gola, di liberazione apparente che ti lascia questo brano è devastante e perfetto per queste scene. Infine c’è la quota di quello che forse oggi avremmo definito indie o itpop. Il tutto ovviamente declinato in quegli anni. Gianna Nannini, Edoardo Bennato, Franco Califano (che con una meravigliosa “Io non piango” praticamente chiude la serie nel modo più malinconico possibile).

Non potevo non dire niente su Avitabile. Tutta la musica originale è tenuta in piedi da piano, rhodes, clavinet e organi che si alternano. Soprattutto l’organo, che entra ed esce continuamente, evidenziando delle scene e donando un clima di attesa a tratti acid. C’è tanta ricerca sul ricostruire sonorità di quegli anni in chiave moderna, in direzione quasi lo-fi. Senti le drum machines, alcuni synths modulari che sembra vadano a simulare rumori ambientali, noises. Ovviamente non manca il sax, ma anche altri elementi prettamente cinematic come archi e cori. Un lavoro completo.

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