Mayonaise – Smashing Pumpkins

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Ho avuto paura, una fottutissima paura. Non ne avevo ancora avuto dal 1994 a oggi, per quanto ricordi. O meglio, ricordo perfettamente di averne avuto nel 1994, per gli esami di maturità, lo scritto di matematica in particolare. Ma poi no, l’orale l’avevo vissuto come in carrozza e il risultato sapevo sarebbe venuto di conseguenza. E paura nei minuti prima che Roby Baggio ci facesse scendere dall’aereo per casa su cui stavamo salendo sul finire di Nigeria-Italia, ma una cosa diversa, ovviamente.
Mi ero dimenticato di provarne, di paura, nei giorni scorsi. Tipo paura di non sopravvivere all’incidente che mi ha portato qui, di una ricaduta, di una infezione o di qualche lesione letale di cui non ero stato reso partecipe.
Paura di ricordare improvvisamente quello che per settimane avevo dimenticato a causa del trauma cranico, proprio ora che avevo accettato il fatto che metà della mia vita era stata cancellata con un colpo di spugna, forse per sempre, forse fino al momento in cui un barlume di luce avrebbe allontanato il buio nei miei ricordi.
In realtà non ero stato reso partecipe di talmente tante cose che non mi stupisco di non aver avuto paura, non me ne avevano dato la possibilità. Ma ora si.
Ti presenti dopo giorni, giorni in cui mi hai lasciato qui con le domande che avevo da farti, quelle che prima mi hai chiesto perché non te ne faccio e ora non ti fai vedere, e mi butti in faccia questa bomba a mano.
E mi si spezza il respiro e non so che dire, che fare. Non ho improvvisamente, dopo giorni di un vortice irrefrenabile di elaborazioni mentali su una realtà confinata in una stanza illuminata dai neon e abitata da camici bianchi e verdi e blu, pensieri di un qualunque tipo. Sono di nuovo immobile, con le gambe e le braccia e di nuovo con la testa. Solo che ora ho paura, una fottutissima paura.
Poi sento i passi
Poi il respiro si sospende.
Poi si apre la porta e scendono le lacrime
Poi il cuore si ferma
Poi il cuore riparte, e non smetto di piangere nemmeno quando lei mi sorride.
Io non so chi è, lei mi guarda e io non so chi è.
Continuo a piangere e mentre mi accarezza il viso io non so chi è
E non respiro bene, ho paura e non so chi è.
La guardo in viso e non so chi è, nei suoi splendidi occhi verdi bagnati dal pianto e incorniciati da lunghi capelli biondi, acconciati come se fosse il giorno di festa, bella molto più bella di Benedetta De Mattei, la ragazzina più bella e invidiata del liceo.
Ma io non so chi è e guardo verso il Dottore, che mi scruta da dietro il vetro, chiedendogli aiuto. E lui mi guarda e non mi sorride, stavolta, perché lo sa che ho paura di lei e di ogni altra cosa che sta al di fuori da questa stanza.
E apro le labbra e inizio a cercare di parlare per chiederglielo chi è, ma non ce la faccio. E guardo verso di lui e  lei mi stringe la mano, che io tengo tesa e tremante, quasi a volermi costringere a capire che lei è qui, con me, in questa stanza che è il mio unico contatto con la realtà. Ma lei non è mai stata veramente qui, non so nemmeno se sia la stessa persona che mi teneva la mano quando mi sono svegliato, e di certo non è mai stata con me nel 1994, perché la ricorderei di certo una così, quindi non esiste per me.  Entrambi continuiamo a piangere, io per paura lei chissà Dio per cosa. Lei non mi dice nulla, mi guarda e abbozza un sorriso e un singhiozzio, mentre io mi sforzo di parlare per dirle di andarsene ma non ci riesco. Lei mi carezza la mano e io mi giro verso il Dottore e lo imploro con lo sguardo che la porti via di li. Ma lui continua  guardarmi, come a voler vedere le mie reazioni, come facevo con il mio criceto nella gabbietta quando lo punzecchiavo con uno stuzzicadenti.
Allora decido di urlare forte, come quando mi faceva male e gli anestetici non bastavano, come quando ero un lattante e avevo fame, come quando mia madre non mi dava retta e mio padre mi stava lontano. Me lo ricordo ancora come si fa, perché lo facevo anche nel  1994, quando volevo sfogare la mia rabbia per un compito andato male o per essermi fatto fregare da Paolo Morandi, il mio odiato compagno di banco.
Ma ora ho paura e il mio urlo è così forte che anche Il dottore cambia espressione e apre la porta della stanza mentre due infermieri arrivano in fretta nei pressi del mio letto.
Ma lei no, lei smette di piangere e mi accarezza il viso e lo sposta verso il suo, appoggiando le sue labbra sulla mia guancia, sulla mia bocca, vicino al mio orecchio. E sussurrandomi la cosa più terribile che potesse dirmi in quel momento, spegne il mio grido e asciuga le mie lacrime.
“Non aver paura, starò sempre con te”

IL BRANO

Dopo Siamese Dream, Billy Corgan e compagni sembravano destinati a lasciare un segno indelebile nella storia della musica degli anni ’90, ben superiore a quella di tante altre band altrettanto famose in quegli anni. Mayonaise non è il pezzo più famoso di quell’album ma, forse, il più amato e sentito

Un paio di anni dopo pubblicarono un disco Monumentale, ma questa è un’altra storia