IL RABDOMANTE DEL SUONO: LEE RANALDO @ Cinema Lumiere, Pisa

Parole a cura di Marlene Chiti
Foto a cura di Lorenzo Antei

 

13 Settembre 2018, Cinema Lumiere, Pisa

 

 

Difficile capire cosa aspettarsi da questa serata in solitario di Lee Ranaldo, storico componente degli ormai disciolti alfieri del Noise Rock Sonic Youth.

Il tour s’intitola “Song and Stories” e pare voler riproporre gran parte delle sfaccettature dell’artista Ranaldo che oltre ad essere musicista e produttore si diletta di  scrittura, poesia, visual art, pittura.

L’apertura dello spettacolo è infatti dedicata ad un collage di filmati che raccontano Ranaldo dall’infanzia, all’esperienza con Glenn Branca, musicista d’avanguardia recentemente scomparso che grande influenza ha avuto sullo stile chitarristico suo e di  Thurston Moore, fino al lungo sodalizio con i Sonic Youth e ai lavori con la moglie, l’artista canadese Leah Singer, per concludersi poi con  l’esperienza da solista. Se i filmati di per sé sono un’interessante testimonianza del vissuto del musicista e uno sguardo sulle scene da lui frequentate, tuttavia, nonostante la durata non troppo impegnativa inferiore alla mezz’ora, la mancanza d’inquadramento e di un filo conduttore che non sia quello puramente cronologico dello scorrere del tempo, favoriscono un certo calo di concentrazione.

Decisamente più coinvolgente è il segmento successivo dello spettacolo dedicato al suo più recente album solista, Electric Trim , lavoro di stampo cantautorale con lampi d’esotismo come nella canzone di apertura del disco e di questo live, Moroccan Mountains.

Ranaldo entra in scena fendendo l’aria in grandi cerchi con la sua chitarra e poi volgendola a terra come un rabdomante del suono che tramite il riverbero voglia sondare la materia; usa una serie di ammennicoli che vanno da campanacci, all’archetto, alle  bacchette financo a quello che pare un cellulare.

A seguire imbraccia la chitarra acustica per eseguire Let’s start again e Circular, introdotta come una canzone dedicata alla vita che allo stesso tempo è diversa ma in fondo sempre la stessa.

Su Electric Trim ricorda quanto sia importante a livello di scrittura dei testi, in questo album e in quello prossimo a venire, il contributo dall’amico romanziere Jonathan Lethem, più volte evocato nel corso di questo live.

La successiva Uncle Skeleton viene presentata come una canzone da cowboy, adatta alla colonna sonora di un western. Chiudono il set New Thing e la canzone di protesta Thrown Over the Wall, composta durante la campagna per le elezioni presidenziali statunitensi del 2016 e preceduta da una sentita riflessione su quello che Trump e la politica che incarna  rappresentano e di come non sia un problema solamente americano.

Ormai è quasi mezzanotte quando comincia la terza parte della serata dedicata ad un’intervista condotta dal musicista Alessandro Baris.

 

 

Ranaldo è loquace, già durante il live ha ricordato di aver suonato molti anni prima a Pisa e dell’impressione che lui e la moglie ebbero della città.

Le domande di apertura lo portano ad esprimersi sulle differenze che ci sono tra lavorare e comporre collettivamente come membro di una band e il ruolo di creatore unico seppur affiancato da amici e collaboratori quali il sunnominato Lethem, poi a ricordare l’influenza di Glenn Branca in relazione alle sue scelte di accordatura, o scordatura, e alle modifiche alle chitarre che ha sempre prediletto nel periodo Sonic Youth. Gli interventi successivi ci trasportano nella New York sporca, povera e pericolosa ma vitale ed eccitante pre era Giuliani, piena di band grezze che ricercavano un suono primitivo ed aggressivo e ci raccontano dell’incontro con la  scena dell’improvvisazione e John Zorn. Si viene poi trasportati dall’altra parte del globo, in Cina,  sulle ali del ricordo dei primi concerti in quelle zone dei Sonic Youth  e dell’impatto straniante con la realtà cinese e le sua fervida scena Noise.

Non può mancare la domanda sui rapporti coi suoi ex compagni di band e su una possibile reunion. La risposta negativa lascia adito a poche speranze e precisa  che in ogni caso non potrebbe mai immaginare di riformare la band a puro scopo celebrativo, per riproporre il repertorio storico, ma eventualmente come manifestarsi dell’urgenza di tornare a creare assieme nuovo materiale…

Le domande del pubblico vertono sull’incontro con la musica tradizionale marocchina dei Master Musicians of Joujouka e sulla sempre maggior presenza  della musica sintetica, prodotta da programmi che mimano strumenti musicali reali fino a soppiantarli del tutto. L’incontro si chiude parlando dell’interconnessione fra le varie arti da lui praticate che si nutrono l’una dell’altra.

Nel complesso si è trattato di un evento gradevole dove chi scrive ha comunque preferito il segmento dell’esibizione live, laddove è la musica a parlare per l’artista.

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