Ho sognato Valerio

(Facciata della Chiesa di Capodimonte, Napoli)

 

Quindi tu sei così.. come ti avevo immaginata.
Sono così ” risposi, accendendomi una sigaretta.

Lo guardavo intensamente negli occhi, senza  farmi distrarre da nulla che non fosse inerente a lui.
Vale non faceva altrettanto però, era turbato e mi osservava ad intermittenza.
Abbassava lo sguardo sui sanpietrini, bevendo la sua birra.
Perché non ti rilassi? Mi stai mettendo ansia ” gli dissi, infastidita, sedendomi sulle scalette della chiesa vicino casa sua.
Lui invece si impaló davanti a me all’in piedi ed inizió a fissare la grande facciata intarsiata da finestre dai vetri colorati.
Questa chiesa ogni volta che ci passo mi ricorda te – mi disse, abbozzando un ghigno – è austera come te, imponente come te, misteriosa come te, anche tetra come lo sei tu
Ma sei serio? Tu davvero mi stai paragonando ad una chiesa barocca? Scusami eh, ma se proprio devi, scegline almeno una in stile gotico! ” risposi, divertita, spingendo lontano il mozzicone della mia sigaretta, facendo leva tra indice e pollice.
Non mi piace il gotico, poi non ti rispecchia. Tu sei abbondante come tutte le opere barocche. Forse pure troppo..
Ti siedi accanto a me? ” gli domandai.
Lui scosse la testa in senso negativo e fece qualche passo indietro.
Diede l’ultimo sorso alla sua birra e la poggiò su uno scalino.
Fai come vuoi però sei stupido ” gli dissi freddamente.
Lui mi guardó incrociando i miei occhi. Furono attimi intensi, mi sembrarono persino troppo lunghi.
Prese la bottiglia di vetro vuota, la buttó in un cestino vicino e si avvinó lentamente a me. Con una mano mi accarezzó il viso.
Me ne vado, ho da fare.
Vale .. ” dissi solo questo. Lui capì e mi zittì subito. Andò via con il suo giubbino nero dalle maniche bianche in spalla, voltandosi solo una volta per controllare se ero ancora lì.
Restai seduta per qualche minuto, poi, rollandomi una sigaretta, mi alzai e mi avviai verso la metro.
Camminavo nel centro storico di Napoli con vari pensieri sovrapposti tra di loro, senza nè la voglia nè forse la capacità di riordinarli.
Non c’è niente di più straziante dell’agonia del momento in cui uno sguardo ne cerca un altro invano.
Assurdo. Siamo fatti di carne e innervazioni di un corpo palese nella sua esistenza, tangibile, in cui, tuttavia, sono in grado di esplodere flussi infiniti di pensieri impalpabili.
Materialità e astrattezza che si fondono come proiezioni ortogonali.
È angosciante la finitezza del nostro fisico rispetto alle emozioni.
Riuscii a salire, incredibilmente a volo, in metro e mi poggiai sul vetro di una porta.
Ma se il lieto fine non c’è mai? – pensavo..
Forse c’è solo bisogno di un nuovo inizio.
Informazioni su Fiorella Todisco 56 articoli
Classe '92, laureata in giurisprudenza alla Federico II di Napoli. Ama il diritto, la letteratura, la scrittura, la musica e prova a fare di tutto un po'.