Monolithic Elephant: una roccia dalle più varie sfumature

A cura di Carolina Londrillo

Tracklist

Moloch
The Unbaptized and The Virtuous Pagans pt. I
The Unbaptized and The Virtuous Pagans pt. II
Drawing Minds
Carnival of Souls
Spleen’s Mountains Giants

 

I Monolithic Elephant sono una band attiva dall’Ottobre 2014 a Milano, formata da Andrea Ravasi (guitar / vocals), Alessandro Riva (bass / synth / vocals) e Santo Carone (drums / vocals).
Il disco omonimo, uscito lo scorso 16 Ottobre è stato autoprodotto, con mastering curato da Giovanni Versari presso lo studio La Maestà Mastering.
Il gruppo potrebbe essere definito come progressive rock e psychedelic rock, limitando però largamente gli spazi e i confini che questa band va ad esplorare.

La prima traccia dell’album, Moloch, si rivela un po’ come il manifesto dell’intero lavoro, introducendoci alle atmosfere che ritroveremo per tutto il resto del disco. Difatti, l’intro del brano è molto delicata, creata quasi esclusivamente dai suoni dei synth che ci regalano cori e atmosfere dai toni quasi onorici, ma allo stesso tempo cupi e quasi inquietanti.
Dopo un minuto, sentiamo il vero e proprio sound dell’album, aggressivo e diretto, con batteria decisa e pesante, chitarra e basso che fanno di fuzz e distorsioni il loro punto focale.
La sincronia fra i tre strumenti, e anche con la linea vocale, è comunque sempre molto presente e senza esitazioni.
Anche in The Unbaptized and The Virtuous Pagans pt. I e II, continuano ad alternarsi momenti di “sospensione”, in cui i giri di chitarra, basso e batteria si ripetono in maniera quasi ossessiva, che crea un’atmosfera ipnotica, aiutata anche dalle sonorità che si vanno a creare con la voce, a momenti in cui il sound è molto più duro, secco, “hard”.
Come detto all’inizio, definire questa band come psychedelic/progressive rock sarebbe estremamente limitante, in quanto nei corsi dei brani troviamo numerose influenze del vero e proprio hard rock e anche dello stoner, soprattutto nei toni decisamente scuri e pesanti.
Nella tradizione del prog però, troviamo cambi di tempo improvvisi ed inaspettati, come nel pezzo Carnival Souls, ed in generale nell’album la batteria si rivela elemento fondamentale di un dinamismo sempre presente.
Con Spleen Mountain’s Giants il cerchio si chiude, con il pezzo che presenta un intro che va a richiamare le atmosfere del primo brano. Il pezzo, molto particolare, dura 16 minuti nei quali sembrano alternarsi brani molto differenti tra loro, con un risultato davvero interessante.

I Monolithic Elephant realizzano quindi un lavoro innovativo, in cui la volontà di sperimentare e fare qualcosa di diverso non manca e si sente dal primo all’ultimo minuto di ascolto.

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