Indianizer: un viaggio psichedelico oltre i confini del tempo

A cura di: Carolina Londrillo

Indianizer

Zenith

(Musica Altra)

 

TRACKLIST

Dawn

Hypnosis

Get Up!

Mazel Tov II

Hermanos Nascondidos

Bunjee Ginger

Bidonville

Dusk

 

 

Gli Indianizer nascono a Torino da un progetto di Riccardo Salvini (voice/guitar), Gabriele Maggiorotto (drums), Salvatore Marano (synth bass) e Matteo Givone (guitar/voice). Il loro secondo album Zenith esce il 27 marzo per Musica Altra e Edison Box.

Per parlare di questo album forse sarebbe più facile dire cosa non è, piuttosto che definirne il genere. Zenith infatti è un insieme, una commistione sotto diversi punti di vista: non solo musicalmente parlando, ma anche a livello di testi, in cui si alternano inglese, spagnolo e linguaggi inventati.

I brani nascono da jam sessions a cui in seguito vengono aggiunte le linee vocali, e questa tecnica compositiva emerge con forza durante l’ascolto del disco: sembra di sentire un’unica grande sessione, in cui si susseguono tracce che si trasformano lentamente, anche al loro interno, ma sembrano seguire un unico flusso continuo.

Nonostante ci sia una grande varietà di generi, come già detto, ascoltando questo lavoro spesso non ci si accorge dell’inizio di una nuova traccia, venendo presi dalla musica e dal suo ritmo che pare prenderci per mano ed accompagnarci in una sorte di dimensione alternativa, dove il tempo non scorre, o forse, dove non è importante se lo faccia o no.

Questo non vuol dire che l’album annoi o sia monotono, ma anzi, si ha l’idea di essere trasportati e guidati dentro un grande viaggio psichedelico: tutti i suoni rientrano sicuramente in questa categoria, dai synth, alle chitarre agli effetti usati sulla voce, il tutto amalgamato con una sezione ritmica costante che alimenta questa sensazione di continuum infinito.

La prima traccia Dawn sembra richiamare i primi Tame Impala, ma già dal passaggio a Hypnosis si lascia spazio a suoni più psichedelici e vicini a gruppi come i King Gizzard and the Lizard Wizard, ispirazione innegabile del gruppo.

Interessanti gli sviluppi di tracce come Bunjee Ginger, che parte con suoni distorti e distanti per poi finire in una sorta di tripudio festivo di un’isola esotica.

Nonostante questi aspetti, differentemente da quanto ci si potrebbe aspettare da un lavoro simile, non ci sono eccessivi virtuosismi o tecnicismi che a volte possono finire per annoiare, anzi, il gusto scorre via piacevolmente e senza intoppi e in questo modo Zenith non diventa un album di nicchia per pochi.

Un ascolto per chi apprezza il genere ovviamente, ma anche per chi vuole passare senza pensieri un’oretta da solo o in compagnia.

In attesa delle date in cui andare a sentire live gli Indianizer un ascolto a Zenith è sicuramente meritato!

 

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