Le canzoni tristi dei Giovani Predatori: l’esordio di Sorrowland

Sorrowland
“Buone Maniere per Giovani Predatori”


(Asian Fake, distr. Astarte)

A cura di Serena Coletti

 

TRACKLIST

1. Piazza Polonia
2. Cattedrale
3. Facebook
4. La Città
5. Eli Lilly
6. Lasciami Qui

Conoscete Damien Hirst? Sì, proprio lui, quello che ha messo uno squalo dentro una vasca. Stiamo parlando probabilmente del più grande artista britannico vivente, nonostante la sua concezione dell’arte abbia attirato non poche critiche, spesso mosse da organizzazioni ambientaliste. Quel famoso squalo, il cui titolo è “ L’impossibilità fisica della morte nella mente di un vivo”, non è infatti l’unico malcapitato: Hirst ha una vera e propria passione per le opere costituite da animali morti e immersi in una vasca riempita di formaldeide. Quando la formaldeide finisce, l’artista inglese si consola mettendo in una scatola una testa di mucca divorata dai vermi, o incollando migliaia di allegre farfalle colorate, ovviamente morte.
Questa inquietante attrazione per il macabro è cresciuta insieme a lui, che trascorreva i suoi pomeriggi da adolescente povero di Leeds divorando libri illustrati di patologia, e lo ha portato nelle sue opere a rappresentare un misto di attrazione e paura nei confronti di quello che sembra essere l’ultimo tabù dei nostri tempi: la morte.
Ma torniamo in Italia, torniamo alla musica. La giovanissima etichetta Asian Fake (Coma Cose, Ketama 126,…) è in uscita il 19 ottobre con il primo ep di un interessante collettivo. Loro sono i Sorrowland, o Sxrrxwland, si chiamano Osore, Gino Tremila e Giovanni Vipra (rispettivamente producer, creative director e voce), stanno per pubblicare “Buone Maniere per Giovani Predatori”, e sono eredi spirituali di Damien Hirst. Forse il trio neanche apprezzerebbe questo paragone, visto che si definiscono d’avanguardia, intesa come

“Fare qualcosa di mai fatto. Con dei mezzi mai usati. Per un risultato mai ottenuto.”

 Tuttavia è impossibile non pensare all’artista inglese già dal titolo. I Sorrowland sono dei giovani predatori, se lo sono detti da soli, e rimarcano il concetto con la copertina, curata alla perfezione da Tremila come tutto l’artwork del disco, che ritrae Osore con un pezzo di carne cruda in mano. Nella loro ricerca artistica (il colletivo si esprime anche al di fuori della musica, nel settore della moda e delle arti visive), e nei testi dell’ep emerge chiaramente un’attrazione per il sangue, per il male, per la morte, che loro indicano con il termine “vampirismo”. A questa però si affianca la produzione musicale e più in generale un suono che, partendo dalla trap e dall’avant-pop, si affaccia su un territorio completamente nuovo, e risulta qualcosa di mai sentito, proiettato quindi in avanti e più vitale che mai.
Ne è un chiaro esempio Cattedrale, primo singolo rilasciato, dove il testo cupo, che racconta la tendenza distruttiva ad abbandonare ogni tipo di progetti prima di portarli a termine, che parla di problemi mentali come l’ansia e la paranoia associati all’abuso di sostanze, è accompagnato da una base estremamente originale perchè gioca con la distorsione del suono.

“In giro diavoli, faccio miracoli
I soldi facili, i sogni fragili
[…]
Io metto croci sulle cose
Croci sulle cose, croci sulle cose
Fin quando sto in una cattedrale”

Questo contrasto è davvero caratteristico nel collettivo, che avanza anche una critica esplicita al mondo moderno per il suo materialismo e per il potere alienante che la tecnologia esercita su di noi (ascoltare “Facebook” per credere), per poi abbracciare suoni fortemente elettronici e mondi come quello della moda che di materialismo si nutrono. Se si tratti di
incoerenza o di scelta artistica non possiamo deciderlo noi, così come ci possiamo sì mettere ad evidenziare una mancanza di sentimento nei testi, senza però sapere se questa sia uno strumento studiato di critica: proprio la stessa cosa che ci accade di fronte a un’opera di Damien Hirst, che, accusato continuamente di essere solo un ottimo venditore, risponde non rispondendo e portando avanti il suo lavoro.
La “morte” dell’ep, il suo ultimo brano, è “Lasciami qui”, che, nonostante sia rivolto ad un’ex, suona molto più come un saluto generale, e finisce con un rumore ripetitivo come quello dei macchinari di rianimazione, seguito da un lungo silenzio.

“Giuro chiudo un attimo gli occhi però non muoio
Sbrigati ad uscirne, che qui chi resta affonda,
Io che è da tempo che ormai ci sono dentro ma tu lasciami qui”.

 

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