I Marlene ballano tra dolcezza e rumore: intervista a Riccardo Tesio

A cura di Renata Rossi

 

Essere fan di una band e avere l’onore di intervistarla: è con grandissimo piacere che pochi giorni fa ho fatto due chiacchiere con Riccardo Tesio, chitarrista dei Marlene Kuntz.
Riccardo
non è un musicista qualunque, dietro la sua timidezza e il suo sguardo schivo si nascondono qualità speciali. Suo è gran parte del merito del suono dei Marlene, quelle note inconfondibili che ti farebbero riconoscere un loro pezzo tra mille. Sua è l’intesa unica con Cristiano Godano, leader della band, con il quale, insieme al batterista Luca Bergia, condivide da tanto la vita dentro e fuori i Marlene.
Chi li segue saprà che la band è in tour per festeggiare i 30 anni di carriera e i 20 di un grande album “Ho ucciso paranoia“, il terzo dei Marlene, quello che chiuse nella maniera migliore la parentesi artisticamente florida della musica italiana degli anni ’90.

Come ci racconta Riccardo, lo spettacolo è davvero speciale.
Vietato perderlo!

 

 

Ciao Riccardo, innanzitutto volevo fare gli auguri a te e ai Marlene per questi 30 anni di carriera, davvero un traguardo importante. Qual è il segreto per una band per restare così tanto tempo insieme?

È difficile dirlo, per me è stata abbastanza naturale la cosa. Tra di noi non ci sono mai state invidie o litigi. Probabilmente, se si riesce a stare uniti per tanto tempo, molto è dovuto all’intelligenza e alla furbizia all’interno del gruppo. È naturale, inoltre, che all’interno di una band vengano fuori dei ruoli, che all’inizio non sono ben definiti e si delineano man mano. Generalmente, come nel nostro caso, il cantante diventa il portavoce della band, si espone di più e viene intervistato e seguito maggiormente rispetto agli altri. Io, invece, mi occupo maggiormente gli aspetti tecnici, del suono, e il nostro batterista, Luca, delle questioni burocratiche, ognuno di noi cura aspetti diversi. Cerchiamo di darci sempre una mano l’un l’altro e insieme siamo riusciti ad andare avanti per trent’anni senza ostacoli particolari.

 

È partito il 3 ottobre da Firenze il tour per festeggiare insieme ai 30 anni di carriera, i 20 dall’uscita di “Ho Ucciso Paranoia”, uno dei vostri album epocali. Come sono state queste prime tre date? Io ho assistito a una sorta di “anteprima” quest’estate, al vostro concerto al Cinzella Festival e posso dire che è stato davvero una bomba...

Grazie mille. Il tour sta andando molto bene, siamo davvero contenti. Questa volta lo spettacolo è più suggestivo, abbiamo fatto anche un lavoro anche di luci e di scenografia, come mai fino ad adesso, e il risultato ci soddisfa. Un nostro amico, un regista teatrale, ci ha aiutato a coordinare l’aspetto visivo, un tecnico video ha curato i montaggi che utilizziamo in tutta la seconda parte del concerto, un disegnatore, invece, si è occupato di alcune animazioni che vengono visualizzate nella prima parte. Così il concerto diventa un’esperienza musicale e visiva… E lo spettacolo dura quasi 3 ore.

 

“Ho Ucciso Paranoia” rappresenta una svolta importante per i Marlene, l’inizio di un nuovo utilizzo della melodia e di un lirismo più intenso insieme al solito marchio noise e “sonico” cui ci avevate abituati fin dall’inizio. Forse questo tipo di concerto doppio con una prima parte acustica, più dolce e una elettrica lo rappresenta al meglio. Cosa ne pensi?

Diciamo che i Marlene Kuntz noi li abbiamo sempre interpretati come una specie di doppio che è presente, se ci pensi, già nel nome stesso: Marlene rappresenta la dolcezza di una donna, mentre Kuntz è una parola dura.
Già in Catartica, il nostro primo album, è presente questa doppia anima, basti pensare a ballate come “Nuotando nell’aria” o “Lieve”, e alla potenza di altri pezzi come “Festa mesta” e “Giù giù giù“.
Questo aspetto ambivalente c’è un po’ in tutti i dischi, ma questa volta abbiamo voluto renderlo al meglio con un doppio concerto diviso in due parti: la prima più avvolgente e più intima in cui abbiamo scelto canzoni del nostro repertorio che per noi funzionano meglio in veste acustica e poi la seconda più rock, alla Marlene, in cui sono presenti la componente noise e di improvvisazione.
Ecco, l’improvvisazione è qualcosa che abbiamo inaugurato proprio Ho con ucciso paranoia, in cui nasceva l’idea delle spore. Dal vivo ci sono alcuni momenti in cui improvvisiamo sullo stile delle spore.

(Se volete andate sul sito dei Marlene e ascoltate il sorprendente finale “sonico”, non ve ne pentirete…)

 

Raccontaci invece di com’è stata la tua esperienza coi DUNK. È una parentesi che si è chiusa o andrà avanti?

L’idea è di andare avanti, per adesso però siamo tutti molto impegnati: io coi Marlene, Carmelo (Pipitone) sta facendo un disco solista, oltre che concerti e suona negli ORK, un’altra band molto interessante. Luca è il batterista anche dei Verdena, che pubblicheranno presto un nuovo album. Bisognerebbe riuscire un po’ ad incastrare gli impegni di tutti, ma a ci piacerebbe molto riuscire a lavorare ancora per un secondo disco. Quella coi DUNK è stata un’esperienza divertente e appagante, anche musicalmente secondo me stavano venendo fuori delle cose interessanti, sarebbe bello andare avanti con il progetto.
Si vedrà…

 

Siamo molto contenti dell’esperienza da solista di Cristiano, ma speriamo che questa non abbia intralciato in qualche modo il lavoro dei Marlene. Ci sono novità per quanto riguarda il nuovo album?

Intralciato non direi. Avevamo iniziato a scrivere dei pezzi nuovi per l’album ma non eravamo soddisfatti del risultato quindi abbiamo deciso di prendere una pausa e fare altri esperimenti. Nel frattempo, Cristiano aveva iniziato a sviluppare alcuni brani e ha deciso di portarli a termine. Sicuramente il lavoro dei Marlene va avanti, ma c’era bisogno di fare una pausa e ripartire con un foglio bianco. Dovrete aspettare ancora un po’.

 

Ho apprezzato molto che i Marlene negli ultimi tempi abbiano voluto dare un segno civico e politico importante, mi riferisco alla vostra interpretazione di Bella Ciao e alla vostra volontà di voler devolvere il ricavato del disco a Riace. Com’è stata questa esperienza?

Da alcuni anni ci siamo accorti che l’atmosfera politica e sociale è cambiata non solo in Italia ma anche all’estero, basti pensare agli Stati Uniti e a Trump o alla Gran Bretagna e alla Brexit, ma anche all’Ungheria, la Polonia, o il Brasile. Concetti che a noi sembravano acquisiti, i nostri valori di moderazione, umanità, i tentativi di affrontare i problemi senza aggredire, sono invece diventati tutt’altro che scontati. Disinteressarsi dei problemi altrui, continuare a dire a chi cerca di scappare dall’Africa “arrangiatevi a casa vostra perchè non vi vogliamo”, sono modi di vivere che potrebbero riassumersi con due parole, nazionalismo e xenofobia, che non hanno portato mai niente di buono in passato e che adesso sono diventati ancora peggio. Nel mondo, ormai, siamo tutti collegati, se si rompe una centrale nucleare in Giappone ne risentiamo noi, se brucia l’Amazzonia è un problema che riguarda l’umanità intera etc…
Ci sembrava dunque giusto fare qualcosa. Abbiamo pensato allora di riproporre “Bella Ciao” perché abbiamo visto che sta diventando un canto di resistenza internazionale, non solo italiano. Volevamo sottolineare come i problemi di disumanità e razzismo non riguardassero solo la politica italiana ma tutte le società occidentali che stanno attraversando un periodo di paura e chiusura. Così è nata la cosa, “Bella Ciao” come canzone simbolo, l’interpretazione unica di Skin che, come probabilmente saprai, è nostra amica ormai da anni e anche lei è molto attiva su determinati temi. Ci piaceva mettere insieme elementi diversi e lei in quanto donna di colore e per giunta inglese (la Brexit è un problema internazionale) credo possa accomunare un po’ tutti questi concetti. Per noi Riace  è qualcosa di emblematico, un simbolo di accoglienza che viene smontato per dei motivi superficiali, futili: han voluto trovare il pelo dell’uovo e con questa scusa qui han chiuso tutto. Se si fosse così fiscali anche con il resto, se ci pensiamo bene ad esempio metà delle scuole italiane è fuori legge, allora bisognerebbe chiuderle, sono successe davvero cose assurde e terribili. L’obiettivo, evidente, era quello di annientare un simbolo di tolleranza umana e di fratellanza tra popoli.

 

 

I Marlene non si fermano mai, lo scorso anno è stato per me davvero stupefacente lo spettacolo ”Il Castello di Vogelod” durante il quale voi avete sonorizzato la pellicola di un film muto. Siete riusciti ad entrare nella trama enfatizzandola, creando una colonna sonora perfetta capace di seguire la narrazione arricchendola senza mai prevaricare. Ricordiamo che questo spettacolo vi ha permesso di vincere l’ambito Premio Le Maschere del Teatro Italiano. Cos’ha significato per voi lavorare per qualcosa di diverso?

Da subito ci ha interessato questo tipo di esperienza proprio perchè, come hai detto tu, si tratta di qualcosa di diverso, capace di mettere in moto il cervello e di aiutare a rimanere attenti e creativi. L’aspetto principale di chi vorrebbe fare l’artista è cercare sempre nuovi stimoli, nuove sfide, per cui lavorare per Il Castello di Vogelod ci è piaciuto molto.
Abbiamo fatto altre sonorizzazioni in passato, pero non c’era un attore, solo una colonna sonora; si è trattato di uno spettacolo molto più completo che ci ha permesso di lavorare con uno degli attori migliori in italia ( Claudio Santamaria).
È un bel connubio tra musica, teatro, cinema.
Tra l’altro il regista di quello spettacolo, Fabrizio Arcuri, è anche il regista che sta curando il tour. Ci siam trovati bene, quindi gli abbiamo chiesto di darci una mano anche per il tour…

Un motivo in più, lo spettacolo visivo, per venirvi a sentire nelle prossime date.
A presto e lunga vita a te, Riccardo, e ai Marlene!

MARLENE KUNTZ 30 : 20 : 10 MK² tour :

10.10 ROMA, Orion
11.10 PERUGIA, Afterlife
12.10 PARMA, Campus Industry
18.10 TREZZO S/ADDA (MI), Live Club
19.10 PADOVA, Hall
25.10 NONANTOLA, Vox Club
26.10 BARI, Anche Cinema

 

 

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