[SoSample] Con Alice Pasquini percorriamo un viaggio tra musica e street art, alla ricerca dei samples

A cura di Carmine Errico

 

Basquiat che si lascia ispirare da Miles Davis e suona con la band punk-industrial, “Gray”; Obey che collabora (tra gli altri) con Chuck D, Zack de la Rocha e Dj Shadow; il writing che, con l’MCing, il Djing e la break, costruisce le fondamenta della cultura hip hop. Arte visiva e musica si son prese spesso per mano, per giungere in territori altrimenti inesplorati. “What Goes Around” potrebbe esserne un esempio: un video in cui le immagini di Alice Pasquini si animano e vanno a tempo sui beat scratchati di Dj Gruff.
Con la street artist italiana, riconosciuta in tutto il mondo, ho avuto il piacere di commentare e ascoltare i nuovi brani della playlist SoSample.
Non potevo che cominciare con Dj Gruff e la sua “Svarionato“, in cui il leggendario rapper e producer, ci lascia immaginare “treni colorati come lenzuola al vento“.

Siamo amici da tanti anni, forse una decina – ha detto Alice – e il nostro incontro è avvenuto in maniera del tutto naturale: è frutto di scambi artistici reciproci. Ha anche realizzato delle compilation chiamate Alicissima. L’esperienza di ‘What Goes Around’ è nata in maniera del tutto spontanea: mentre io dipingevo un muro a Torino, Gruff suonava e Eddy faceva la break. Ci siamo chiesti cosa sarebbe successo se i disegni avessero preso forma e avessimo dato vita ai personaggi che stavo realizzando. E’ stato un esperimento molto figo, con un’animazione volutamente grezza“.
E per chi si chiede se questo esperimento verrà replicato:
Magari se ci scatta un nuovo lockdown ci penso (ride, ndr): per fare un’animazione ci vogliono 12 disegni al secondo. E’ un lavoro molto duro ma con Gruff è stato tutto più semplice, sia perché sono stata incentivata dall’amicizia che ci lega ma anche perché lui ha una fantasia esplosiva: qualsiasi cosa diventa una storia“.

Il sample utilizzato per “Svarionato” è quello di ‘Mister Mellow‘ brano del trombettista jazz canadese Maynard Ferguson, pubblicato nel 1977. Lo troviamo all’interno del disco ‘Conquistador’ ed è arricchito dalla chitarra solista di George Benson. A quarant’anni il jazzista si recò in India per compiere un viaggio spirituale che avrebbe poi influenzato il resto della sua carriera musicale. Viaggio e spiritualità: due vocaboli che rientrano spesso anche nella storia di Alice Pasquini.

Tutta la mia arte nasce sulla strade mentre compio un viaggio. Non ricordo neanche quanti muri ho disegnato in giro per il mondo e ogni singolo soggetto nasce per un contesto ben specifico ed è legato a quel determinato luogo in cui viene fatto. Per me viaggiare è molto importante“.

Proseguiamo l’ascolto con un altro brano jazz. E’ “Sometimes I Cry” di Les McCann contenuto nel disco “Layers” (1973). Alla fine degli anni Ottanta, grazie all’intuizione di Guru e dei Gang Starr, l’hip hop strizza un occhio al jazz, rimescolando le carte sul tavolo, rendendo più raffinato il genere. Un po’ come Alice Pasquini ha fatto con la sua arte, nel mondo dei graffiti. Mi piace definirla la jazzista della street art. Lei sorride e commenta:

Sono riuscita a dare un segno diverso. Se tu pensi ai graffiti così come sono nati, erano puppet, con segni molto bold, chiusi, tondi con colori netti. Il mio è un linguaggio diverso. In generale c’è stata un’evoluzione: quelli che erano graffiti ora son diventati street art, a seguito di tantissimi esperimenti ed evoluzione di stili. E forse quello che mi ha caratterizzato è il mio tocco femminile. Quando ho cominciato, non eravamo in tante e ancor meno quelle che firmavano i pezzi con il proprio nome. Quindi si capiva nettamente che dietro quel segno c’era una ragazza“.

Da “Sometimes I Cry” ci spostiamo ad un altro brano che ne ha tratto il sample, forse uno tra i più noti della discografia mondiale. E’ “Teardrop” dei Massive Attack. E mentre lo ascoltiamo, chiedo ad Alice se anche lei pensa che dietro Banksy si nasconda Robert del Naja e se crede che gli street artist debbano, in un certo senso ringraziarlo per aver reso la loro forma artistica più popolare.

Sicuramente fa parte del giro di Bristol per cui vengono associati ma non ci metterei la mano sul fuoco“. E aggiunge: “Ha reso commerciale un’arte e non lo ringrazierei troppo per questo. Più che altro è riuscito a comunicare facendo politica, molto più dei graffitari. E non è un caso se tra quelli più duri e puri, lui sia stato molto criticato, soprattutto all’inizio, per l’utilizzo della tecnica degli stencil. Ad un certo punto il mercato si è accorto di lui, e non è più stato considerato brutto e cattivo, così come venivano etichettati i graffiti, ma gli si è data l’etichetta di ‘street artist’. Quindi per merito suo, sono nate gallerie e musei e un’attenzione che prima non c’era. Ma dobbiamo anche ricordare che questa esplosione ha viaggiato di pari passo a quella dei social networks, che ai tempi dei graffiti non c’erano“.

Cambiamo sonorità. Spingo play e parte di “The 18th Letter“: è la title track del primo album da solista di Rakim, pubblicato cinque anni dopo l’ultimo con Eric B. Riprendendo un verso della canzone – “dai geroglifici ai graffiti” – penso a quanto sia fondamentale per alcuni, trovare una forma di comunicazione alternativa al linguaggio. “Più che fondamentale, è primordiale. Pensiamo appunto ai geroglifici piuttosto che ai disegni per i bambini. Poi diverso è sceglierlo come stile di vita“. Il brano appena ascoltato ha utilizzato il campione di “Do Your Thing” di Lyn Collins. Lei è un’artista di altissimo valore cresciuta però nell’ombra di James Brown. Girava il mondo con lui, essendone parte integrante dello show. Ma solo nel 2005, a 57 anni, ha compiuto il suo primo tour europeo, di appena tre settimane, ed è morta qualche giorno dopo esser tornata a casa. Per alcuni potrebbe risultare commovente. Quasi da farci un film. Per me è molto triste. E ne approfitto per chiedere ad Alice, essendo una delle poche donne al mondo affermate nella street art, a che punto siamo nella lotta per la parità di genere.

Ho incontrato un idraulico donna una sola volta nella mia vita. Ci sono mestieri che sono stati spesso considerati per l’uno o per l’altro sesso. E dipingere, soprattutto quando si tratta di farlo su grandi muri, può spaventare. Così come quando si trattava di andare in giro a dipingere, prendendosi delle responsabilità: la selezione era naturale. Però la gente si chiede come faccia io a sostenere fisicamente, la realizzazione di un muro di quattro piani. Penso che sia un’impressione sbagliata: è come se un lavoro dovesse essere solo per un genere o un altro e questo non avviene solo per la street art. Sicuramente quando ho cominciato, ma ancora oggi, ci sono poche donne, così come nel rap. Si crede in alcuni casi che quello di cui parlano le donne sia solo per le donne. Può pure essere vero ma il problema sai qual è? Che c’è bisogno di un percorso e che c’è stato poco tempo per affermare un altro punto di vista. Quello che han potuto, invece, fare gli uomini. Se tu pensi alle pittrici che conosci, quante sono? Cinque? Frida Khalo, Artemisia Gentileschi…Quindi è chiaro che la donna deve ancora riflettere sul suo punto di vista. Per cui ci sono le mostre delle donne, le compilation delle donne. Quando arriverà al 50 e 50 per merito e non per una legge di compensazione, allora vorrà dire che sarà data opportuna visibilità a entrambi i generi“.

Continuiamo a parlare di donne e sul pezzo successivo, Alice non si trattiene. “Lei è fighissima“, dice: ascoltiamo “La mère des enfants perdus” di Keny Arkana. Ne approfittiamo per sottolineare la relazione tra arte e messaggio e di quanta necessità ci sia di portare avanti questo binomio. Ma anche del valore aggiunto che dà, soprattutto nella street art.

Quando parli di unione tra persone in un mondo pieno di cinismo, può sembrare quasi banale. Ma c’è bisogno. Per me il significato sociale, per mantenere il romanticismo degli inizi, vuol dire dipingere in un carcere, su muri di confine, nei centri per i ragazzi che arrivano in Italia o degli immigrati all’estero, portare gente attraverso l’arte in un paese destinato a sparire. Quindi accendo un faro su una situazione, dipingendo un muro: questo è il senso“.

Chiudiamo questo piacevole percorso, restando in Francia. Keny Arkana ha tratto il sample del suo brano da “Ma dèfinitation” di Booba, rapper francese nato da padre senegalese e madre algerina. La canzone parla di quanto sia difficile integrarsi in una società diffidente e iper controllata. Accade in Francia, in Italia. Ovunque. La paura del diverso è intrinseca nell’uomo. Così come la voglia di cercare una condizione migliore. E con il murale “Per L’Australia / Passenger“, Alice Pasquini, ha voluto ricordare che da ovunque si parte e ovunque s’arriva. Tante sfumature che compongono un bellissimo dipinto di cui l’uomo non sembra apprezzarne l’armonia.

Il tempo potrà aiutarci. Quando i nostri figli saranno di tutti i colori, probabilmente nessuno più parlerà di razza. Già è così, in parte. Incontrarsi con nuove culture non può che arricchire le persone. Come nel caso della mia vita. Lavorando su questa tematica così forte incontro gli immigrati all’estero in Australia, Nord America, Sud America, ma se ci pensi, anche la mia arte arricchisce le persone che incontro sulla mia strada. E’ uno scambio da cui non può che venirne fuori un mondo migliore“.

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